All’inizio Joko Widodo fu attento alle esecuzioni giudiziali quando a dicembre 2014 dichiarò che il suo governo avrebbe svuotato il braccio della morte dei 64 detenuti condannati a morte per reati di droga per affrontare l’emergenza della droga. Immediatamente dopo il suo governo passò per le armi 14 prigionieri nel giro di sei mesi.
Da allora solo quattro prigionieri sono andati davanti al plotone di esecuzione per reati di droga e da 15 mesi non ci sono sentenze a morte. Ma mentre recedono le esecuzioni giudiziali, sono cresciute gli omicidi fatali di presunte persone del giro della droga.
La Commissione Indonesiana per i diritti Umani Kontras stima che la polizia e la Narcotici Indonesiana, BNN, abbiano ucciso 106 sospettati in un anno da settembre 2016 a settembre 2017 ma con le morti accadute essenzialmente nel 2017.
Gli omicidi sono continuati sin dal loro rilascio dei dati con sei sospettati uccisi ad ottobre.
Come per le esecuzioni giudiziali questo incremento coincide con la retorica da duro di Jokowi e dalla gerarchia della polizia.
Jokowi fu il primo ad approvare gli omicidi invitando la polizia nella giornata contro la droga del 2016 a sparare ai criminali della droga se la legge lo permetteva (prima di notare che era una fortuna che la legge non lo permetteva). Il capo della polizia Tito Karnavian fu uno di chi ha echeggiato la richiesta del presidente.
A gennaio tenne una conferenza stampa nell’obitorio dicendo che gli spacciatori sarebbero finiti lì se resistevano all’arresto.
Nel solo mese di ottobre, il capo del BNN Budi Waseso domandandosi se chi criticava gli omicidi non fossero essi stessi parte della mafia della droga, affermando che gli spacciatori dovrebbero esser fatti a pezzi e dati in pasto ai coccodrilli e con una battuta dicendo che gli angeli, dopo la morte, perdonano chi ha ucciso gli spacciatori perché essi stessi ne hanno ucciso a migliaia.
E’ quindi facile vedere come tali dichiarazioni creino un ambiente permissivo per gli omicidi extragiudiziali.
Tra questi due tipi di omicidi corrono alcune cose in comune della risposta mortale dell’Indonesia alle droghe. Sebbene il governo indonesiano abbia insistito che si applicava solo la legge nei due casi, la sua posizione è flebile.
Di certo la pena di morte resta sui codici per crimini di droga in Indonesia. Ma le esecuzioni per droga sono diventate anomale a livello internazionale e condotte solo da un pugno di stati autoritari.
Anche da stato che sostiene la pena capitale, la legittimità delle esecuzioni per droga sono state criticate. Per esempio L’agenzia del Ombudsman a luglio criticò la procura generale per aver fucilato un detenuto che aveva inviato domanda di grazia, azione che fu giudicata contraria alla legge della Clemenza in Indonesia.
Sono state sollevate questioni di pregiudizio sulla maggiore proporzione di stranieri tra tutti i condannati a morte. Quindici dei diciotto ad essere fucilati sotto Jokowi erano stranieri.
Sembra ancora più flebile la legalità dei sospettati spacciatori uccisi fatalmente. Come ha stabilito Jim della Giacoma, i regolamenti di polizia in Indonesia permettono l’uso della forza fatale solo “se strettamente necessari per preservare la vita umana”.
Egli nota che i regolamenti permettono alla polizia di usare armi da fuoco solo di front a circostanze straordinarie, per autodifesa di altri contro la minaccia di morte o di ferite gravi.
Questo è un insieme di leggi più restrittive dell’incoraggiamento che la polizia ha ricevuto, compreso quello dei propri comandanti, di sparare per uccidere se semplicemente resistono agli arresti.
Inoltre oltre un terzo degli omicidi fatali della prima metà del 2017 ebbe luogo ben dopo l’arresto iniziale spesso ad un luogo diverso. Sembra estremamente improbabile che le circostanze che soddisfino le condizioni di su nascerebbero ben dopo che un sospettato è stato preso in custodia.
Sia le esecuzioni giudiziali che quelle fatali di sospettai di droga servono agli interessi politici di agenti potenti. La svolta di Jokowi verso le esecuzioni all’inizio della sua presidenza davano a lui e al suo procuratore generale l’apparenza di una vittoria veloce, permettendogli di presentarsi come un capo deciso.
Il governo apparve sorpreso da furore internazionale che queste esecuzioni evocarono. La procura generale poi ha giustificato l’uso più limitato delle esecuzioni col bisogno di concenrarsi sullo sviluppo economico.
L’avvocato Ricky Gunawan, che dirige il Community Legal Aid Institute di Giacarta, vede gli omicidi fatali della droga come al permettere al governo di mantenere una linea dura sulle droghe ma senza il furore creato dalle esecuzioni capitali.
“Jokowi riceverà meno pressione internazionale perché il numero degli omicidi fatali è di gran lunga minore di quelli di Duterte”.
Il governo non è riuscito a presentare una prova convincente che le esecuzioni o gli omicidi fatali hanno colpito il crimine della droga. Eppure la sua retorica dell’emergenza droga resta la stessa giustificando il continuo uso delle misure letali con la scala del problema droga.
La mortale guerra alla droga indonesiana deve ancora raggiungere la scala raggiunta nelle Filippine anche se la sua retorica e i metodi sono sempre più simili. Manon c’è segno di una sua recessione.
Dave McRae, Università di Melborne, EAF