La sanguinosa guerra alla droga del presidente Duterte è l’ultima di una serie in una regione dove la droga è contrastata con misure draconiane. La Thailandia 13 anni fa iniziò una guerra alla droga che ha tantissime analogie con la situazione filippina.
Oggi i parlamentari filippini pensano al ripristino della Pena Capitale per rafforzare la campagna contro la droga, in modo molto simile ad altre situazioni nella regione.
Nel luglio 2016 l’Indonesia condannò alla fucilazione 4 persone per droga. Il 17 novembre a Singapore furono giustiziate due persone, un nigeriano e un malese, per simili accuse.
L’ASEAN, vedendo la posizione dei propri stati membri, ha anche adottato una linea dura che riafferma l’approccio da tolleranza zero verso le droghe nel suo summit di settembre.
Tra i ricercatori, però, c’è un vasto consenso sul fatto che le guerre alle droghe, che consistono di misure punitive e riabilitazioni forzate, nn funzionano. Sono di solito segnate da violazioni dei diritti umani come pure da costi enormi di tipo sociale, morale e medici.
In una delle discussioni più forti contro la guerra alla droga, Carl Hart, neuroscienziato della Columbia University, sottolinea che le pene barbare non fanno nulla se non prevenire il reintegro nella società dei tossicomani. Tali misure punitive alla fine finiscono per fare un danno superiore delle droghe stesse.
La cosa peggiore è che la guerra alla droga colpisce in modo spropositato i poveri e i gruppi esclusi socialmente come le minoranze etniche. Ma se la guerra alla droga non funziona, cosa funziona?
I successi del percorso di riduzione del danno
La storia di successo del Portogallo è illustrativa. Nnel 2001 il Portogallo, senza cambiare lo status legale delle droghe, cambiò il proprio modo di interagire con i propri tossicomani.
Invece di metterli in carcere una nuova legge li inviava ad un comitato locale di tre persone a cui è data libertà di considerare varie opportunità di intervento a seconda dell’utente in questione.
Si incoraggia chi si trova in stato di dipendenza a cercare un trattamento. Altri sono scoraggiati a ricercare il consumo di droga con varie misure di multe e penalità come la sospensione della patente di guida.
Dopo dieci anni, il tasso dell’uso della droga non è cresciuto mentre le morti legate all’uso della droga oltre all’uso da parte di droga di adolescenti sono diminuite.
Il successo portoghese, benché si rispecchi anche in quello olandese, è tutt’altro che la norma. Ma anche in paesi che hanno ancora approcci duri, interventi localizzati producono risultati promettenti. Ci sono per questo caso paesi del sudestasiatico.
In Malesia l’applicazione del programma di scambio di aghi e siringhe ha portato ad una riduzione drastica di nuovi casi di HIV tra i tossicomani: da un picco di 5176 del 2002 a 680 nel 2014.
In Vietnam un programma terapeutico di mantenimento con metadone, che coinvolge 965 tossicomani da oppio in due differenti siti, ha portato a riduzioni di 85,4% e 77% nell’uso di eroina due anni dopo. Questi dati hanno portato a ingrandire la scala del progetto. Nel 2014 il Vietnam offriva questo programma a 32 mila pazienti in 162 cliniche.
Tutti questi programmi hanno in comune la ricerca della riduzione del danno, secondo cui il governo deve ridurre gli effetti negativi delle droghe piuttosto che provare ad eliminarle interamente.
I critici affermano che questo programma di riduzione del danno di fatto incoraggerebbe l’uso della droga, cosa però negata dall’esperienza portoghese in merito.
Un paradigma differente
Inez Feria, direttore di NoBox Philippines, impegnata per la riforma della legge sulle droghe, ha sottolineato che i tossicomani “hanno storie differenti e vite differenti, le cui comprensioni sono tremendamente importanti”
Quello che sta alla base degli sforzi di successo nel trattamento delle droghe quindi deve essere un paradigma che è aperto ad approcci multipli. Questo si applica specialmente a stimolanti del tipo delle anfetamine, ATS, come la metamfetamina.
Si legge in una guida legata all’esperienza thailandese e birmana:
“Poiché l’uso delle ATS varia moltissimo dall’uso occasionale e ricreativo fino all’uso pesante e dipendente, e solo una minoranza degli utenti delle ATS cade nella categoria problematica, la risposta deve cambiare secondo la natura e la gravità del coinvolgimento del tossicomane con le AST. Si richiedono differenti interventi per affrontare la complessità dell’uso di ATS.”
In una mia ricerca tra giovani che usano le metanfetamine filippini, ho incontrato giovani che hanno smesso di usare la metanfetamina quando sono riusciti a trovare un lavoro. Sfortunatamente molti non sono riusciti a trovarlo per mancanza di istruzione o legami sociali dove cercare assistenza.
Ma ancor peggio, lo stigma sociale che li accompagna impedisce che venga offerta loro qualche opportunità. Tutto questo indica con forza al bisogno di guardare agli ambienti di rischio, i contesti socio economico in cui si ha l’uso. E perorano la causa di considerare gli interventi legati alla comunità.
Trovare una base comune
Gli approcci di riduzione del danno lavorano solo se i governi e i legislatori riconoscono la complessità del problema droga. Non esiste una sola soluzione per tutte le persone che usano droga o per tutti gli usi della droga.
In quello che possiamo registrare come positivo, i politici iniziano a prestare attenzione alle questioni ella droga nei rispettivi paesi. Persino nelle Filippine il governo si apre ad approcci alterativi. Il ministro della sanità Paulyn Ubial di recente ha parlato delle droghe come emergenza sanitaria generale e un problema di salute mentale, una svolta ben accetta rispetto alla retorica del presidente.
Chi lavora nel campo delle droghe può usare questo terreno comune come punto iniziale per rapportarsi col governo. Mentre è fuori di ogni dubbio che un approccio da tolleranza zero non funziona, è bene spostare l’attenzione su ciò che funziona, spingendo i capi politici in quella direzione, anche se la strada è ricca di cambiamenti localizzati.
L’esempio vietnamita, di uno studio pilota che porta ad una risposta in scala nazionale, è un segno promettente di come ricerca e prove possono cambiare la percezione e le politiche pubbliche.
La posta in gioco non potrebbe essere maggiore: presunti drogati sono uccisi in modo extragiudiziale e in modo legale nella regione anche mentre l’uso della droga continua a crescere.
Quei piccoli successi che i difensori dei programmi della riduzione del danno possono ottenere possono formare lo strumento che potrebbe finalmente sbriciolare il pugno pesante verso la tossicodipendenza. E forse risolvere alla fine il problema antico della tossicodipendenza nel sudestasiatico.
Gideon Lasco, TheJakartaPost