La risposta allo stato islamico nelle Filippine non può essere solo militare

Lo sboccato Duterte si comporta come se potesse bombardare i militanti islamici fino a sottometterli. Non ci riuscirà. Le forze armate filippine non sono preparate a questo compito. La risposta allo stato islamico nelle Filippine non può essere solo militare

Il 13 giugno, mentre i combattenti fedeli allo stato islamico ISIS impegnavano duramente i militari filippini nella città meridionale di Marawi per quattro settimane, il ministro della difesa James Mattis, in una testimonianza davanti al comitato del Senato americano, diceva che la decisione di ridimensionare la missione contro il terrorismo nelle Filippine nel 2014 era stata prematura.

La risposta allo stato islamico nelle Filippine
Credit Noel Celis/Agence France-Presse — Getty Images

In quel periodo la missione, che è conosciuta come Joint Special Operations Task Force Philippines, parve essere un successo. Con un gruppo piccolo mai superiore a 600 persone, aveva dato in un decennio informazioni e addestramento alle forze filippine, mentre lavorava allo stesso tempo in modo stretto con l’agenzia USAID per migliorare le infrastrutture, la salute pubblica e il livello di vita.

Ma la decisione di ridurre drasticamente quella missione coincise con la ripresa del gruppo Abu Sayaff, un piccolo gruppo di militanti islamici conosciuto più per le campagne di rapimenti estorsivi ma che poi ha giurato fedeltà allo stato islamico, e la diffusione nelle Filippine come dovunque nel sudestasiatico, di nuovi gruppi radicali islamici. Oggi almeno sei gruppi nel meridione filippino hanno promesso fedeltà all’ISIS ed attraggono nuove reclute e combattenti stranieri.

Mentre le forze migliori sono bloccate a Marawi, se altri gruppi islamici, o persino i comunisti del NPA, dovessero iniziare un’offensiva in altre parti, l’esercito si troverebbe in forti difficoltà. Si sono viste le truppe entrare nelle zone degli scontri usando tronchi d’albero per proteggere i veicoli.

Soprattutto i militari filippini sono corrotti. E l’assistenza degli USA ha solo favorito quella corruzione creando un rischio morale. Mentre gli USA inviavano alle Filippine una media di 40 milioni di dollari l’anno in assistenza militare tra il 2002 ed il 2012, le forze di sicurezza locali avevano un interesse nel non porre fine ad Abu Sayaff o ad altri gruppi radicali.

Anche se l’assistenza USA non ha avuto svantaggi, la sua efficacia dipendeva sempre dal contesto locale. Controinsorgenza, in altre parole, è in fin dei conti una questione di governo.

L’ottusa campagna contro la droga del presidente Duterte ha avuto effetti negativi seri oltre agli omicidi extragiudiziali e alle violazioni di diritti umani tanto denunciati. E’ già servito a deprofessionalizzare i servizi di sicurezza, ed ha spostato la loro attenzione e le scarse risorse dalle minacce poste dalla proliferazione dei gruppi terroristici.

Il sostegno di Duterte agli omicidi extragiudiziali demolisce anche il governo della legge, e questo rafforza solo gli oppositori del governo, quelli militanti in modo particolare, i quali sembrano ottenere legittimazione ad ogni risposta pesante dello stato. Si può dire la stessa cosa per la decisione del presidente di dichiarare la legge marziale in tutta Mindanao, presa quasi immediatamente dopo l’assedio lanciato a parti di Marawi.

Nel frattempo Duterte non ha preso in seria considerazione la minaccia che pone lo stato islamico.

I combattenti del gruppo Maute, che hanno lanciato l’attacco a Marawi, fecero un esercizio pratico in un’altra cittadina di Mindanao nel novembre 2016. Eppure i militari furono presi impreparati quando i militanti il 23 maggio assalirono Marawi, anche se il governo aveva ricevuto avvisi precedenti dell’intelligence.

Il presidente ha del tutto ignorato il bisogno di un migliore controllo dei mari filippini, permettendo l’entrata ad un flusso costante di militanti dalla regione nel profondo del paese. Abu Sayaff ha intensificato di recente le proprie attività estorsive, in mare, rapendo oltre 50 persone negli ultimi nove mesi del solo 2016.

Ancora più grave è il fatto che Duterte non abbia fatto una priorità del completamento della pace con il maggiore gruppo separatista filippino, MILF. Eppure il MILF che controlla un territorio significativo nell’area è fondamentale per portarvi la pace e la sicurezza.

La diffusione dei gruppi islamisti nel meridione filippino è legato direttamente al fallimento del governo nell’approvare la legge che implementava l’accordo di pace del 2014 che garantiva al MILF una significativa autonomia (in realtà garantiva la creazione di una regione autonoma, la Bangsamoro, NdT). Quello sforzo fu bloccato agli inizi del 2015 dopo un’operazione antiterroristica che uccise decine di poliziotti. Un anno dopo c’erano le elezioni presidenziali, e le audizioni al Congresso Filippino sul processo di pace divennero una specie di processo per l’incursione fallita. Trovarono che il  MILF era un partner inaffidabile.

La frustrazione e la sfiducia che ne seguirono tra molti membri del MILF portarono ad una proliferazione di gruppi militanti radicali. Comandanti estremi che erano diventati scettici rispetto alle intenzioni del governo davano copertura ai militanti islamici.

Senza qualcosa di concreto da mostrare per aver scelto la pace, la dirigenza del MILF fu incapace di impedire che propri militanti scegliessero di entrare nei gruppi legati all’ISIS.

L’amministrazione Duterte deve ricominciare urgentemente il processo di pace in parte per dare al MILF un incentivo al MILF per controllare davvero il proprio territorio a Mindanao Centrale. Ha anche il potere di rimuovere i gruppi di Abu Sayaff, i Maute e altri gruppi islamici dalle aree che ora offrono loro rifugio. Necessitano solo di una ragione per farlo.

Dare una simile ragione, che è l’applicazione dell’accordo di pace del 2014, è fondamentale. Anche se presto le forze armate filippine riprenderanno presto il controllo di Marawi, il problema principale non andrà via.

Non si può pretendere di essere una provincia del Califfato Islamico, come tanti gruppi che hanno promesso fedeltà allo stato islamico vogliono, senza controllare un territorio, e le Filippine potrebbero essere il solo paese della regione dove i militanti hanno una possibilità di ritagliarselo.

Ha le forze della sicurezza più deboli e maggiori spazi senza governo.

Lo sboccato Duterte si comporta come se potesse bombardare i militanti islamici fino a sottometterli. Non ci riuscirà. Le forze armate filippine non sono preparate a questo compito. La risposta allo stato islamico nelle Filippine non può essere solo militare

Fermare la nascita dell’islamismo violento richiederà un governo migliore e il raggiungimento di una pace durevole con quegli insorti che mirano solo ad una maggiore autonomia.

Zachary Abuza, NYTimes.com

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