Quasi due anni dopo, Athena confessato che la famiglia ha perso del tutto la speranza di giustizia per il padre ucciso nella guerra alla droga.
Sicari non identificati uccisero Bonifacio, padre di Athena Antonio, nel settembre 2016, non molto tempo dopo l’inizio della sanguinosa guerra alla droga del Presidente Rodrigo Duterte, il 30 giugno.
Bonifacio stava bevendo della birra con i suoi amici a Rosario, un distretto di Pasig City a Manila.
Quasi due anni dopo, Athena ha confessato che la famiglia ha perso del tutto la speranza di avere giustizia per il padre. La famiglia “non vuole sentirsi ancora più frustrata nell’andare a sbattere contro un muro. Fa male solo pensarci” mi disse Athena.
Athena non è l’unica. Parlando con i familiari di 18 vittime della guerra alla droga nelle ultime settimane, ho ritrovato gli echi della stessa sua impotenza e frustrazione. Mi hanno detto che la polizia non ha indagato in modo adeguato le morti dei loro cari.
Neanche in un caso di questi la polizia si è tolta il fastidio di intervistare i familiari delle vittime, passo fondamentale per qualunque indagine di polizia.
Sin da quando è iniziata la guerra alla droga, oltre 4200 persone sono state uccise in quello che le autorità definiscono “legittime operazioni di polizia” con oltre 12 mila morti complessivamente legate alla campagna contro la droga.
Le ricerche compiute da HRW e da altre organizzazioni hanno rivelato che la polizia ha usato la guerra alla droga come un pretesto per passare per le armi presunti tossicomani.
Quelle indagini hanno denunciato che la polizia ha manipolato le scene dei crimini, ponendo prove sui corpi delle vittime ed ha affermato di continuo di aver ucciso presunti criminali perché avevano “fatto resistenza“.
Il 19 giugno, Duterte disse che le famiglie delle vittime della guerra alla droga non avrebbero dovuto attendersi giustizia da lui e dalla sua amministrazione.
La polizia Nazionale FIlippina, PNP, annunciava il 20 giugno che 674 poliziotti erano stati accusati di “violazione dei diritti umani” in relazione alla campagna della guerra alla droga, come omicidio, arresto illegale e tortura. Comunque neanche un poliziotto è stato messo sotto processo e condannato per questi crimini. Diciannove di questi 674 poliziotti sono stati allontanati dal servizio mentre i restanti 655 sono stati “penalizzati con perdita con pene che vanno dalla perdita di gradi alla sospensione”
Persino negli esempi molto documentati di colpa della polizia, la giustizia si è fermata.
A gennaio il ministero della giustizia accusò tre poliziotti per l’omicidio di Kian delos Santos, ragazzo di 17 anni di Caloocan il cui omicidio fu ripreso dalle telecamere di sicurezza. I tre sospettati sono sotto processo, ma anche se saranno condannati, Duterte ha promesso di perdonare tutti i poliziotti condannati per aver fatto il loro dovere nella guerra alla droga.
Sebbene le accuse di omicidio preterintenzionale furono fatte contro i poliziotti che a novembre 2016 uccisero il sindaco Espinosa in carcere, il ministero di giustizia poi degradò l’accusa a omicidio involontario. I sospettati hanno chiesto la condizionale e sono tornati in servizio attivo in attesa del processo.
Benché il nuovo capo della polizia Oscar Albayalde abbia promesso di fare dei diritti umani “un aspetto fondamentale delle operazioni di polizia”, ha anche promesso di continuare la guerra alla droga ed ha promosso gli ufficiali di polizia le cui unità sono legate a decine di morti.
Il governo di Duterte ha anche bloccato le pressioni pubbliche che chiedevano la responsabilità sottoponendo i critici della guerra alla droga ad enormi pressioni, intimidazioni se non peggio. Gli obiettivi hanno incluso la Commissione Sui diritti umani, i rappresentanti del’ONU e la senatrice Leila De Lima.
Il 24 febbraio 2017 dopo una campagna governativa interminabile contro di lei, la polizia arrestò la senatrice Leila De Lima per accuse motivate politicamente e la senatrice è rimasta agli arresti senza processo sin da allora. A gennaio il governo accelerò gli attacchi contro i media locali che avevano denunciato il coinvolgimento della polizia negli abusi della guerra alla droga, minacciando la chiusura di Rappler.com.
Questi tentativi di sfuggire alle responsabilità e la continua violenza hanno frustrato le famiglie delle vittime.
Tragicamente Athena e i famigliari delle altre vittime spesso accusano se stessi per la mancanza di giustizia per le morti dei loro cari.
“Ho la sensazione che sarò accusata per non aver perseguito la giustizia” mi ha deto Athena in un messaggio. “Mi sento colpevole di non poter fare nulla per impedire che altre persone incontrino lo stesso destino”
La mancanza di responsabilità per le morti dei loro cari e le altre migliaia nella guerra alla droga cade totalmente sulle spalle di Duterte e dei suoi luogotenenti. L’incitamento lampante di Duterte e l’istigazione degli omicidi della guerra alla droga e il suo esplicito rifiuto di dare giustizia per quelle morti sottolinea la necessità di una indagine indipendente internazionale.
Un’indagine preliminare in corso del ICC, tribunale penale internazionale sulla campagna della guerra alla droga e la dichiarazione del 19 giugno di 38 paesi membri dell’ONU a favore di un’inchiesta ci fa dire che Athena e gli altri parenti delle vittime potrebbero ricevere la giustizia che il loro governo nega loro.
Carlos H. Conde Ricercatore filippino Human Rights Watch, TheDiplomat