La speranza di scenari elettorali thai con vittoria a man bassa

Fattore chiave determinante degli scenari elettorali thai sarà il risultato del partito dell’ex premier Thaksin, Pheu Thai che spera in una vittoria a man bassa

Gli autocrati del Sud Est Asiatico ricercano ancora la legittimità delle elezioni, come dimostrato dal paradosso chiarissimo di tenere le elezioni da parte della giunta del Myanmar e dell’uomo forte cambogiano Hun Sen.

Le elezioni thailandesi, tuttavia, che si terranno il 14 maggio, sono differenti. Sebbene il contesto sia tutto a favore delle elite conservatrici, queste elezioni hanno un elemento genuino di contentibilità.

Paetongtarn Shinawatra
(AP Photo/Sakchai Lalit)

Il governo thailandese attuale, costituito da una coalizione conservatrice sostenuta dai militari, governa dalle ultime elezioni del 2019 sotto la guida del premier Prayuth Chanocha. Degno di nota è che Prayuth governa il paese da quasi un decennio da quando lanciò il golpe contro il governo di Yingluck Shinawatra a maggio 2014.

Una costituzione stilata dai militari che ha dato ad un senato di prescelti il diritto di parola nella nomina del primo ministro, lo ha aiutato a restare al potere dopo le elezioni del 2019 nonostante che il suo partito non fosse il più popolare.

Nonostante le previsioni del 2019 di un governo conservatore poco stabile, si è dimostrato sorprendentemente resiliente sopravvivendo alla pandemia del Covid-19, alle proteste giovanili diffuse del 2020, alle lotte intestine e persino ad una sfida legale che costrinse Prayuth a dimettersi per un breve periodo.

E’ comunque impossibile decifrare politiche degne di nota di questo governo. L’economia thailandese si è comportata peggio rispetto alle economie degli altri paesi della regione e non sono state affrontate le criticità di lungo termine, come l’invecchiamento della società e il sistema scolastico datato.

Scenari elettorali delle elezioni thai

Il fattore chiave che determinerà lo scenario post elezioni sarà il risultato elettorale del partito dell’ex premier Thaksin, Pheu Thai. Thaksin vive in un esilio che si è imposto dal 2008 ma resta la forza propulsiva dietro al partito che è ora guidato bene dalla figlia Paetongtarn. Lei ha detto che il suo obiettivo è di prendere 310 seggi, una valanga elettorale che permetterebbe al suo partito di prendere il premierato dominando una coalizione con partiti minori.

Anche così il Pheu Thai probabilmente sarà al di sotto di questa soglia a causa del fatto che il partito progressista del Move Forward dividerà il voto dell’opposizione. Il partito da cui si è formato Move Forward, FFP, conquistò 80 seggi nel 2019 ma potrebbe non andare così bene a causa dei successivi cambiamenti elettorali nonostante un risultato forte nel voto popolare.

Move Forward ha il programma più chiaro e ambizioso di qualunque partito e ricerca la riforma della costituzione thailandese, la fine della leva militare e la riforma della lesa maestà.

La maggioranza degli analisti indicano come risultato più probabile un governo di coalizione che prenda elementi del Pheu Thai e dei partiti conservatori.

Il generale Prawit Wongsuwan, vice di Prayuth da molto tempo, si pone come candidato della riconciliazione politica avanzando l’ipotesi di una coalizione con Pheu Thai. Una coalizione tra forze politiche opposte può sembrare strano, ma nel mondo pragmatico della politica thailandese, qualsiasi accordo è possibile.

Il Pheu Thai è circospetto su queste prospettive perché teme che parlare di alleanze con i partiti conservatori possa danneggiare le proprie prospettive elettorali. E Thaksin ha probabilmente istinti maggioritari. Sebbene possa essere disposto ad un accordo pragmatico, si è dimostrato poco cauto in passato e sarebbe disposto a prendere qualunque opportunità per porre il suo partito al posto di guida, anche se dovesse rischiare un conflitto politico.

Prospettive post elettorali

La politica thai dei due decenni scorsi ha una qualità di ciclicità: successo elettorale populista che porta ad una risposta conservatrice che porta allo scontento popolare e a qualche apertura politica.

I recenti tanti periodi di tensione o di protesta non sono emersi all’improvviso ma si sono costruiti man mano che si esaurivano gradualmente percorsi politici percorribili. I grandi movimenti di protesta chiedono tempo per crescere e c’è un senso di stanchezza e fatica da entrambe le parti.

Tutto sembra favorire una stabilità relativa almeno nel breve periodo.

Ma rischi ed incertezze non mancheranno specie se il Pheu Thai non dovesse ricevere un forte risultato elettorale.

Il ventilato ritorno di Thaksin in Thailandia potrebbe essere uno dei fattori destabilizzanti. Lui ha ripetuto spesso di voler tornare, ma questa è la prima volta di aver fatto capire di essere disposto ad andare in carcere. Non è chiaro se davvero voglia correre questo rischio.

Un secondo fattore destabilizzante potrebbe venire a maggio 2024 quando il senato di nominati perderà la prerogativa di votare nella selezione del primo ministro, cosa che sposterebbe ancor di più l’equilibrio dalle forze conservative del paese.

Di positivo invece, le elezioni potrebbero rappresentare un qualcosa in più per il ruolo regionale della Thailandia che nei due decenni scorsi è tristemente scemato.

La figura di spicco del Pheu Thai Srettha Thavisin ha indicato che, se il partito dovesse guidare il governo, guarderebbe positivamente alla prospettiva di nuovi accordi di libero commercio, dopo che la Thailandia da 20 anni non ha stretto alcun grande accordo in tal senso.

I politici progressisti hanno anche criticato l’approccio del governo attuale verso il Myanmar. Mentre è improbabile che mettano in discussione gli stretti legami tra i militari dei due paesi, potrebbero spingere la Thailandia verso una posizione più costruttiva all’interno dell’ASEAN, aiutando così l’Indonesia, paese presidente di turno del gruppo, a prendere slancio tanto necessario nella sua azione diplomatica sul Myanmar.

Susannah Patton, TheInterpreter

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