La violenza è dovunque a Timor Est ed è ancora parte integrante della sua cultura e gli abusi sui bambini sono diffusissimi specie nelle campagne
Tony aveva appena dieci anni quando subì per la prima volta delle molestie sessuali. Giocava a calcio sulla spiaggia con un gruppo di ragazzi quando tutti decisero di entrare in una costruzione lì vicino per riposarsi un po’. Fu lì che la vita di Tony cambiò per sempre.
“Rimase tanto traumatizzato da non riuscire a parlare per giorni” racconta Sierra James, uno dei fondatori di una ONG, Ba Futuro, che quel giorno era sulla spiaggia con Tony ed altri parenti.
Una settimana dopo Tony si sentì tanto al sicuro da dire a James quello che era accaduto in quell’edificio. Uno dei giocatori di calcio di 18 anni lo aveva molestato minacciando di ucciderlo se avesse rivelato a qualcuno la sua storia.
James dice che sono storie alquanto comuni a Timor Est che ha uno dei più alti tassi di abuso di bambini della regione.
“E’ normale in questo paese picchiare i tuoi figli o gli studenti” dice Johana Paula Shinta Dewi, coordinatrice del programma Nabilan di The Asia Foundation, una nota organizzazione no profit della regione Asia Pacifico, e lei aggiunge come l’essere stati vittime di violenza porta moltissimi adulti ad esercitare metodi violenti nell’educazione dei propri figli.
“La violenza è ancora parte integrante della nostra cultura, per sfortuna” dice Shinta Dewi.
Sebbene Shinta Dewi, esperta di protezione dei bambini, abbia imparato a controllare il suo impulso a rispondere violentemente ai comportamenti scorretti dei suoi figli, ammette che la sua storia è stata piena di abusi che la tormentano ancora ogni giorno.
“Sono stata anche io una vittima della violenza ed anche ora c’è sempre la tentazione ad usarla contro i miei figli. Ma so quanto fosse sbagliato e non voglio che i miei figli soffrano quanto ho sofferto io. E’ un trauma che ti perseguita per il resto della tua vita”
Una storia di violenza
La maggioranza della popolazione di Timor Est ha vissuto l’occupazione indonesiana, quando l’assalto fisico e gli abusi sessuali erano usati come arma di guerra e mezzi per traumatizzare il paese, racconta Shita Dewi.
Dopo secoli di colonizzazione portoghese che culminò in un conflitto sanguinoso durato 24 anni, Timor Est si sta ancora riprendendo da quello che per molti storici, avvocati ed esperti di diritti umani fu un genocidio.
Dal primo attacco indonesiano nel 1975 al referendum dell’indipendenza nel 1999, il conflitto ha portato oltre 250 mila morti per omicidio, fame, violenza sessuale ed incendi, un numero che ammontava al 20% della popolazione. Il paese porta ancora le ferite e le cicatrici che devono ancora guarire.
Sebbene ci si riferisca a Timor Est come il paese più democratico del Sud Est Asiatico, la violenza resta un fattore costante nella vita dei sopravvissuti e delle loro famiglie timoresi. Uno delle più urgenti questioni oggi sono gli eclatanti alti tassi di violenze sessuali e domestiche e di abusi sessuali contro i bambini.
Ma a causa dello stigma e del forte senso religioso conservatore cattolico, non si discute apertamente di questi argomenti in particolare se sono coinvolti membri della chiesa.
Le cose comunque sembra comincino piano piano a cambiare da quando vari casi di abusi sessuali su bambini sono stati portati davanti ai tribunali ed hanno attratto l’attenzione internazionale.
Il caso più noto di tutti è quello di un ex prete Richard Daschbach che fu sospeso a divinis dalla chiesa per aver abusato di centinaia di bambini timoresi dal 1992 al 2018. Fu condannato a 12 anni di carcere alla fine del 2021 da un tribunale americano per aver abusato sessualmente di 14 ragazzine sotto i 14 anni, di sfruttamento minorile e violenza domestica.
Fu il primo religioso a Timor Est ad essere condannato per abusi sessuali su bambini.
Mentre Richard Daschbach sconta la sua sentenza, è il vescovo Carlos Felipe Ximenes Belo, che ricevette il premio Nobel per la pace, a finire sotto i riflettori.
Belo fu accusato a settembre di aver abusato sessualmente di ragazzini timoresi per venti anni. Dopo l’accusa il Vaticano annunciò immediatamente che il comportamento di Belo era stato denunciato e che il prete era stato già redarguito nel 2019.
Comunque alcuni mesi dopo che il rapporto di indagine del giornale olandese De Groene Amsterdammer ha rivelato gli abusi, nessuno ha voluto parlarne, dice Juliana Lica Marcal che dirige Ba Futuro, Per il Futuro, una ONG famosa nazionale che lavora sulla costruzione della pace, uguaglianza di genere, educazione sulla protezione dei bambini e addestramento dei docenti.
“E’ sempre stato un modello da seguire per la gente di Timor, da guardare con ammirazione. La gente non crede alle accuse, o forse non vogliono crederci” dice Juliana.
Trovare la pace
Secondo Marcal, che da 20 anni presiede e gestisce le attività di protezione dei bambini alla Bo Futuro, la soluzione di un futuro migliore per la gioventù timorese è l’impegno sociale. Il gruppo lavora insieme alle case rifugio per le vittime di violenza, e negli ultimi anni, ha iniziato a cooperare con governo e polizia per rafforzare il sistema nazionale di denuncia.
Marcal dice che tutto il lavoro di addestramento e consapevolezza deve raggiungere anche le comunità lontane. Mentre nella capitale Dili, giovani e famiglie possono avere accesso con maggiore facilità ai rifugi e sono più consapevoli che la violenza sessuale e domestica è reato, la gente nelle campagne non hanno tali conoscenze.
“Abbiamo bisogno di creare percorsi chiari per tutti i bambini. Per quelli che sono lontano, che si sentono isolati e non sanno di essere vittime di abusi” dice Marcal.
Ba Futuro tra le altre organizzazioni locali di sviluppo dei bambini dirige vari programmi sociali attraverso laboratori cinematografici, artistici ed altro. La presenza pervasiva della chiesa nella comunità spesso diventa un ostacolo alla discussione aperta sullo stupro, la violenza sessuale o all’educazione sessuale, secondo James.
Poiché la chiesa cattolica è molto rispettata come anche i suoi membri, è comune trovare famiglie che mandano i loro figli a vivere in orfanotrofi gestiti dalla chiesa fino a quando non possono lavorare o sposarsi. Ma questa modalità può portare talvolta ad altri abusi come mostrato dalla storia recente e dalla maggiore pubblicità di casi di abusi sessuali di religiosi come quelli di Daschbach e Vescovo Belo.
“Agli inizi abbiamo lavorato molto con quelle istituzioni” dice James. “Molto alcuni di loro erano molto istituzionali, in senso cattivo, altri erano essenzialmente istituiti per servire le suore che gestivano il luogo. I bambini diventavano molto spesso i servi delle monache”.
Sebbene stiano diminuendo i casi di abusi, la situazione resta preoccupante nel paese.
La violenza è dovunque a Timor Est
La questione, però, non è limitata ai credi conservatori religiosi secondo Marcal che dice: “la violenza è dovunque a Timor Est”.
Nel 2018, UNICEF riportò che due donne su tre tra i 15 e i 19 anni ha vissuto la violenza fisica o sessuale. Un altro rapporto di The Asia Foundation ha trovato che il 90% dei timoresi nel 2015 aveva vissuto la violenza prima del loro diciannovesimo compleanno. Questa percentuale è scesa a solo il 2,6% nei tre anni successivi secondo il rapporto di World Vision International che definisce la violenza contro i bambini a Timor Est come “eccezionalmente alta”.
Le ONG locali e gli esperti temono che i casi denunciati siano solo una percentuale minima del numero reale di casi.
Alex Tilman, rappresentante di ONU Timor Est per il finanziamento allo sviluppo, dice al Globe che il numero di casi di abuso è forse molto più alto di quanto denunciato.
“La gente quasi non denuncia queste cose. Molto meno se coinvolge membri della chiesa” dice.
Scuole, case e raduni religiosi sono i luoghi più vulnerabili per i bambini, dice Tilman, secondo cui è comune ed accettato che gli insegnanti o i direttori di scuola abusano di bambini a Timor Est. E quando i bambini ne parlano alla famiglia o al villaggio, la colpa spesso ricade sui bambini stessi.
“Se il credo culturale dice alla famiglia e al villaggio che è stato il bambino a provocare il maestro, lui o lei si sarebbe dovuto comportare meglio. Perché una famiglia dovrebbe denunciare l’abuso?” spiega Tilman.
Lui crede che anche nei rari casi di una denuncia dell’abuso, il sistema non è né forte né affidabile da arrivare alla condanna di chi ha commesso l’abuso. Tilman ricorda il caso in cui un direttore di una scuola superiore cattolica avrebbe abusato di più ragazze minorenni in una scuola di Dili nel 2014.
Dopo otto ani, quel direttore è ancora al suo posto e non è stata presa alcuna azione disciplinare contro di lui. Al contrario, la sua azione era stata sostenuta da un parlamentare che fece un commento alla stampa molto controverso:
“Sei un uomo o una donna? Un uomo è un uomo. Solo gli omosessuali non ne godono”.
Poiché il cattolicesimo è parte integrante della cultura del paese, Timor Est condanna il sesso fuori dal matrimonio ed è una regola inviolabile. James ha spesso testimoniato come ciò è diventato un fattore nella cultura diffusasi rapidamente dell’abuso sessuale.
“Non riesco neanche a contare le volte che per strada un uomo non mi metta la mano sul sedere o sul seno” dice James.
Lei dice che i gay o la gente di genere fluido nei villaggi lontani sono spesso visti dagli uomini come individui con cui sperimentare, perché la cultura fa pressione su di loro per aspettare il matrimonio per avere relazioni sessuali con le donne.
Secondo Shinta Dewi, la denuncia al capo villaggio che è spesso il potere più vicino nelle comunità lontane o alla famiglia non è una opzione concepibile per molte vittime di abuso.
E’ in parte perché la violenza sessuale è ancora un tabù a Timor Est, in parte per una cultura di rispetto per gli anziani e infine perché denunciarla potrebbe rovinare la reputazione della famiglia. Di conseguenza Shinta Dewi sottolinea che abitanti dei villaggi e membri delle famiglie sono spesso i principali colpevoli.
“Loro sono le persone vicine; insegnanti, vicini, parenti, ma più spesso membri stretti della famiglia, come padri, patrigni o altri fratelli” dice Shinta Dewi, “E’ la ragione per cui casi di incesto sono estremamente alti tra le giovani ragazze delle aree remote”.
Shinta Dewi dice che a seguito dell’applicazione della Legge Contro la Violenza domestica nel 2010, quando il governo iniziò ad addestrare la polizia, il numero dei rifugi sono cresciuti lentamente e la cooperazione tra le agenzie si è rafforzata.
Mentre nei primi cinque anni la comunità iniziò ad apprendere come trovare aiuto in caso di abuso, di recente la gente ha cominciato a denunciare e a cercare attivamente aiuto. Questo ha facilitato la raccolta di dati da parte delle istituzioni locali che scoprono sempre un maggior numero di casi di incesto.
Mentre si sono fatti progressi in tutti i settori, gli esperti dicono che il paese ha bisogno di più tempo per imparare un approccio non violento per risolvere i problemi domestici.
I Paesi donatori internazionali come UE e Banca Mondiale “non paiono comprendere la lunghezza di questo processo” aggiunge Shinta Dewi che nota che il loro sostegno dura tra uno e tre anni. Alla fine ci vorrà tempo prima che la violenza sia vista come inaccettabile.
“Abbiamo visto tanti progressi negli scorsi venti anni ma non cambia il fatto che la violenza sia parte della nostra cultura e quindi difficile davvero da sradicare”.
Beatrice Siviero, SEAGlobe