Non è una coincidenza che il governo abbia accresciuto gli attacchi ai media proprio mentre forza il cambiamento della costituzione mediante l’assemblea costituente.
Oltre a muoversi contro il gruppo dei media digitali Rappler, Duterte ora minaccia di accusare i proprietari del Philippine Daily Inquirer di furto. Il Congresso sta ritardando il rinnovo del permesso ad una rete di 54 stazioni trasmittenti di proprietà della chiesa cattolica.
Questi nuovi assalti seguono alle minacce di Duterte di trattare anche i militanti legali come “terroristi” rendendoli recipienti di violazioni di diritti umani; al ritorno del programma omicida del Tokhang alla polizia filippina; e agli sforzi di mettere sotto accusa il presidente della Corte Suprema Lourdes Sereno.
Duterte inquadra i propri attacchi contro la stampa accusando gli oligarchi per gli articoli critici che presumibilmente ostacolano il suo governo, un argomento preso dal libro dei giochi del presidente Marcos.
Le dichiarazioni dei suoi aiutanti sottolineano il punto di vista fascista del palazzo presidenziale. Il portavoce presidenziale Harry Roque difende l’impegno del governo per la libertà di stampa notando che il presidente avrebbe potuto mandare le truppe per chiudere gli uffici di Rappler.
Ci sono molti modi di uccidere la stampa.
Il capo della comunicazione Martin Andanar nota contento che la decisione del SEC di cancellare lo status di corporazione di Rappler renderebbe difficile all’organizzazione sopravvivere. Quel decreto azzoppa praticamente le operazioni editoriali che, afferma Andanar, possono continuare.
Tra i cambiamenti ricercati nella costituzione si nomina il Congresso arbitro “responsabile” della libertà di espressione.
Perché il governo Duterte ha così paura dei media indipendenti, compreso le piattaforme dei media sociali che i suoi galoppini hanno sfruttato del tutto?
Si teme una rabbia generale una volta che si svela cosa realmente è il Cha-Cha. (Termine che sta ad indicare le due camere riunite che deliberano il cambiamento costituzionale, NdT)
La Camera dei deputati ha appena approvato una risoluzione che indice una assemblea costituente. Spinge il processo permettendo solo un breve periodo di tempo per le interpellanze.
La risoluzione prevede un voto congiunto del Congresso che di fatto affossa il più indipendente Senato.
Duterte ha catturato l’immaginario dei filippini che vivono fuori dalla capitale nazionale cavalcando lo scontento di lungo tempo contro la Manila Imperiale.
Duterte ha inquadrato la sua visione federalista come una soluzione permanente alla povertà e al conflitto, affermando che Manila con la sua popolazione di oltre 13 milioni di abitanti si mangia risorse ed impone la sua volontà al resto dei 103 milioni di filippini.
C’è tanta verità nella diagnosi di Duterte.
Il governo nazionale è sempre passato come un carrarmato sulle misure di protezione ambientale nelle province. Mentre la legge filippina comanda la decentralizzazione del potere, accorgimenti del potere legislativo e dei corpi esecutivi sulle politiche delle entrate hanno concentrato i fondi nei centri urbani più grandi e già ricchi.
I precedenti governi nazionali hanno iniziato anche programmi fiscali che penalizzano i progetti lenti delle province invece di aiutare le capacità allontanando soldi a progetti per favorire le vittorie elettorali.
Ma le misure principali a sostegno dell’iniziativa federalista non risolve affatto questi problemi.
Il regime di Duterte di fatto cancella le regole costituzionali che volevano restringere il gap dello sviluppo ponendo i filippini nelle aree rurali in uno svantaggio ancor maggiore.
Peggio, queste proposte di Cha-Cha cancellano le garanzie delle libertà civili e garantiscono a Duterte un periodo indefinito per godere gli ornamenti del governo dell’uomo solo.
Dimentichiamo la promessa elettorale di Duterte di una convenzione costituzionale inclusiva. Cha-Cha permette a pochi legislatori di decidere del destino della nazione, il massimo dell’egoismo mentre danno l’esenzioni dalle tasse ai rappresentanti massimi del governo, presidente incluso ed aprono la strada a periodi estesi di presidenza.
Il governo vuole anche liberarsi dell’Ufficio del Vicepresidente e minimizzare il ruolo del Senato, oltre a comandare elezioni regionali per i membri della Camera.
Vuole strappare il ruolo esecutivo della Corte Suprema come giudice di tutte le sfide elettorali che afferiscono la presidenza dando la sua autorità all’assemblea federale o al parlamento, composto di galoppini del presidente.
Le regole proposte per la nuova costituzione federale capovolgono tutte le promesse presidenziali di lotta alla povertà e alla corruzione, smascherando del tutto Duterte come un vanitoso falso progressista.
La sua immagine populista nasconde l’obiettivo di consegnare la nazione ai suoi amici oligarchi e ai patroni stranieri.
Mentre la supermaggioranza di Duterte attacca Rappler per la proprietà estera, apre la maggioranza delle industrie, compresi media ed industri estrattive e agricoltura, alla proprietà straniera.
La cancellazione delle regole costituzionali colpiscono i diritti dei lavoratori ad una giusta quota dei profitti, la riforma agraria e lo sviluppo rurali comprensivo e protezione delle popolazioni indigene ora alla mercé della violenza militare per conto dei progetti minerari e di piantagioni.
Hilario Davide, ex presidente della Corte Suprema, definisce il Cha-Cha di Duterte “un esperimento letale, un salto fatale, uno sprofondare verso la morte ed un salto nell’inferno…”
Ha ragione. Chi cerca di difendere la democrazia non può più compartimentare le cause.
Non possiamo dire di difendere la libertà di espressione e restare indifferenti quando un lacchè del tiranno calpesta i sospetti poveri della città, i contadini, le popolazioni indigene, gli insegnanti, i lavoratori della sanità, i sindacati, i pescatori, gli ambientalisti, la gente della chiesa ed i diritti dei lavoratori.
La stampa non può farcela da sola.
Nel periodo di Marcos ci rafforzammo in parte diventando un movimento di massa crescente. La storia della resistenza dei media si mosse secondo un arco simile a quella del generale movimento di massa.
No, i media non facevano parte del movimento di massa.
Né i cittadini possono voltare le spalle ai media indipendentemente da quanto siano gravati da errori.
Una stampa imbavagliata è la miglior garanzia per l’assalto totale alle libertà civili e a tutti gli altri diritti. Una stampa intimidita lascerebbe i potenti liberi di fare a pezzi questo paese secondo il loro cuore egoista.
Possiamo fissare bene le priorità, oppure attendere mentre Duterte si innalza nel cielo del fenantyl.
Inday Espina-Varona — scaRRedcat ABS-CBN