Era già chiaro ad aprile 2021 che il solito approccio diplomatico dell’ASEAN da “persuasione gentile” non avrebbe avuto successo a convincere Min Aung Hlaing a lasciare il potere.
Il 24 aprile fa un anno da quando l’ASEAN adottò la risoluzione in cinque punti sulla crisi nel Myanmar durante l’incontro dei capi di stato del blocco a Giacarta in Indonesia.
L’accordo di Consenso fu adottato per affrontare la repressione mortale dei militari del Myanmar all’indomani della presa del potere dal governo civile eletto del primo febbraio del 2021.
Con la firma del capo della giunta del Myanmar Min Aung Hlaing e degli altri nove capi di stato, il consenso chiedeva la fine immediata della violenza, il dialogo tra le parti in conflitto, la mediazione facilitata da un inviato speciale ASEAN, la consegna di aiuto umanitario attraverso l’ASEAN e che l’inviato speciale dell’ASEAN avrebbe dovuto visitare il Myanmar per incontrare tutte le parti.
Quando si adottò questo consenso in cinque punti lo scorso anno, la comunità internazionale si affrettò a sostenerlo, probabilmente perché sentiva che, come iniziativa guidata dall’ASEAN, sarebbe stata vista meno controversa dai due vicini del Myanmar, India e Cina, piuttosto che per le possibilità di successo reale che offriva.
Era ovvio però che sin dall’inizio la giunta non avesse alcuna intenzione di cambiare atteggiamento. Era già chiaro ad aprile 2021 che il solito approccio diplomatico dell’ASEAN da “persuasione gentile” non avrebbe avuto successo a convincere Min Aung Hlaing a lasciare il potere.
Tuttavia un anno dopo la comunità internazionale continua ad abbracciare il consenso come un processo fattibile attraverso cui rompere lo stallo politico creato dal golpe.
Per esempio a febbraio scorso il Dialogo Quadrilaterale della Sicurezza costituito da USA, Australia, India e Giappone, emise una dichiarazione congiunta che chiedeva ai militari del Myanmar di “applicare con urgenza il Consenso in Cinque punti dell’ASEAN e riportare velocemente il Myanmar sul percorso della democrazia”.
Un qualunque tentativo di riportare il Myanmar sul percorso verso la transizione democratica deve iniziare con l’accettare il fatto che il consenso è del tutto irrilevante nella situazione attuale.
Dopo il fallimento totale nel fare un passo in avanti, è tempo che la comunità internazionale abbandoni il Consenso in Cinque punti ed inizi ad esplorare altre alternative più pratiche e meccanismi temporali per ottenere risultati concreti favorevoli nel paese. Ciò è particolarmente importante ed urgente visto che ASEAN ha annunciato un piano per tenere un incontro consultivo su come portare l’aiuto umanitario quanto prima tra fine aprile ed inizio maggio.
Nessuna delle parti nel Myanmar, e specialmente i militari, sembra interessata al dialogo visto la continuata campagna di terrore della giunta nel combattere una resistenza che cresce nel paese.
L’attuale inviato ASEAN, il ministro degli esteri cambogiano Prak Sokhonn ha potuto visitare il paese una volta sola a marzo senza che gli fosse concesso di incontrare Aung San Suu Kyi o altri rappresentanti detenuti.
La missione dell’inviato è stata vista come gettare le fondamenta per “creare una condizione favorevole che porta alla fine della violenza”, per incoraggiare il dialogo politico e discutere la distribuzione di assistenza umanitaria attraverso l’AHA Center, centro di coordinamento ASEAN per l’Assistenza Umanitaria sulla gestione dei Disastri.
Qui si pone anche la domanda se questo AHA Center sia adatto a dare l’assistenza umanitaria nel Myanmar come richiesto nel Consenso. La domanda è stata già posta dalla direttrice precedente del Centro Adelina Kamal la quale ha sostenuto a febbraio che l’ASEAN farebbe bene a sostenere gli agenti e le reti locali non statali per distribuire gli aiuti piuttosto che dare loro l’aiuto.
Per come è costituito l’AHA Center è adatto a rispondere a disastri naturali più che a crisi create dall’uomo come è in Myanmar. Un’altra grande questione è che il processo della presa di decisione del centro coinvolge gli stati membri.
Sebbene la giunta militare del Myanmar sia stata esclusa dalla rappresentanza politica ai massimi livelli ASEAN, il fatto che essa mantenga la sua posizione in tutti i processi decisionali dentro ASEAN e AHA Center complica la distribuzione degli aiuti e la capacità di equità, imparzialità e neutralità in un momento in cui i militari del Myanmar bloccano attivamente la consegna degli aiuti umanitari, colpiscono deliberatamente la popolazione civile e fanno una campagna di distruzione da terra bruciata che ha portato via dalle case 500 mila persone.
Se la giunta del Myanmar fa parte del processo decisionale dentro la distribuzione dell’aiuto umanitario attraverso l’AHA Center, ogni sforzo sarà inefficace e privo di senso.
Come si sentirebbero gli Ucraini, o anche gran parte del mondo, se fosse il Cremlino a fare parte degli sforzi di consegna degli aiuti nell’attuale guerra di aggressione contro il popolo ucraino?
Alcuni fuori del Myanmar sostengono che un anno non sia sufficiente all’ASEAN a provare che il Consenso dei Cinque punti sia una soluzione fattibile per affrontare la crisi a più punti del Myanmar. Ma un anno è troppo per i milioni di birmani che si trovano di fronte al terrore e alla distruzione giornalieri da parte dei militari birmani sin dal giorno del golpe.
La comunità internazionale deve smettere di dare al popolo del Myanmar un falso senso di speranza attraverso il fallimentare consenso dell’ASEAN.
Insistere in quel piano permette solo a quel regime sanguinario di prendere tempo per radicarsi ulteriormente e continuare nei suoi modi crudeli e violenti.
E’ tempo che la comunità internazionale riconosca la fallacia del consenso e lo abbandoni immediatamente. Il popolo del Myanmar merita qualcosa di meglio.
Salai Za Uk Ling,Chin Human Rights Organization. TheDiplomat