Lavoro Coatto degli immigrati in Malesia e sanzioni negli USA

Il dipartimento di stato americano ha emesso il suo rapporto annuale sulla Tratta di Persone a giugno 2021, lungo oltre 600 pagine, in cui dettaglia quanto trovato sul lavoro coatto nel mondo.

Tra i paesi trasgressori peggiori al mondo per la Tratta di Persone è la Malesia che è stata declassata al livello più basso della graduatoria, dopo essere rimasta alcuni anni sotto osservazione al secondo livello.

wang kelian traffico per lavoro coatto
traffico di Rohingya su confine Malesia Thailandia

Sebbene le violazioni commesse dalla Malesia siano molteplici e vadano dallo sfruttamento sessuale alla schiavitù per debiti, il rapporto mette in luce il lavoro forzato dei lavoratori della migrazione impiegati nella manifattura del caucciù e nelle industrie dell’olio di palma.

La Malesia pone l’onere dell’identificazione delle vittime su coloro che sono trafficati con la forza.

Le vittime dispose a denunciare i propri datori di lavoro rischiano di perdere sia le entrate potenziali, il rifugio e l’autorizzazione a lavorare sia di essere criminalizzati e deportati dalle autorità malesi.

La minaccia delle suddette conseguenza lascia i lavoratori della migrazione vulnerabili a tutti i tipi di sfruttamento indicati nel rapporto incoraggiando attivamente il silenzio tra le vittime del lavoro coatto.

Questo ultimo declassamento ha seguito a ruota quanto scoperto ufficialmente dalla CBP USA, dogana e protezione della frontiera, il 29 marzo secondo cui la Top Glove Malese, maggior produttore di guanti di gomma al mondo, aveva violato gli standard per il lavoro coatto.

Questo rapporto della CBP USA seguiva un ordine del 2020 di mantenimento dell’ordine di rilascio che vietava le importazioni dei prodotti Top Glove a causa di violazioni tra cui “lavoro coatto, eccesso di straordinari, condizioni di lavoro e di vita abusive, e sequestro di documenti di identità”

Non è la prima volta che la Malesia si trova a contrasto con gli USA per aver violato gli standard internazionali del lavoro e la Malesia per anni è passata tra il livello 2 e il livello 3, incapace a mostrare prove convincenti dei propri sforzi di contrasto e inchiesta sulle accuse di lavoro coatto.
La Malesia, per il fatto di trovarsi al livello 3, potrebbe subire sanzioni che restringerebbero la possibilità di ricevere aiuti o prestiti stranieri.

Il presidente Biden, inoltre, deve decidere, tra i 45 e i 90 giorni dalla produzione del rapporto TIP, quali sanzioni applicare e la loro entità.

La Malesia sembra da parte sua aver preso seriamente questo declassamento e potrebbe ricevere una deroga dal presidente. Il ministro malese delle risorse umane Saravanan ha promesso di recente di accrescere gli sforzi contro la tratta e di accrescere le punizioni di quelle imprese che usano il lavoro coatto.

La deroga del presidente non toglie lo stigma di trovarsi al terzo livello o di essere sotto osservazione né elimina le possibili sanzioni future.

La Malesia avrà bisogno di fare molto di più per migliorare in modo permanente la propria posizione rispetto agli USA.

Finora l’interazione tra l’amministrazione Biden e il governo malese è stata minima.

L’ex premier malese Muhyiddin Yassin si congratulò pubblicamente per la sua vittoria con Biden ed espresse il desiderio di rafforzare il partenariato comprensivo USA Malesia e affrontare il COVID-19, senza però parlarsi direttamente.

Il nuovo premier Ismail Sabri Yaakob è probabile che resti concentrato sulle questioni politiche interne malesi nei primi giorni del proprio mandato.

Inoltre la Malesia non fu inclusa nelle tre visite di alto profilo dell’amministrazione Biden nel Sudestasiatico, quella di Sherman, Lloyd Austin e Kamala Harris, anche a causa delle problematiche interne alla Malesia, come la forte crisi politica interna, la crescita dei casi COVID-19 e la visione di Biden sugli alleati più strategici al momento.

La storia del lavoro coatto e del trattamento riservato ai lavoratori della migrazione sono ulteriori ostacoli a legami più stretti.

La politica commerciale di Biden del 2021 pone al centro i diritti dei lavoratori e rende prioritario gli sforzi per ostacolare le pratiche di sfruttamento del lavoro.

Ultimamente ci sono molte imprese malese che sono passate sotto la lente di osservazione della CBP.

A luglio 2020 nel mezzo della pandemia il governo malese decise di limitare l’impiego di lavoratori della migrazione ai settori dell’edilizia e agricoltura nonostante la crescente domanda di lavoro in settori come la manifattura dei guanti di gomma.

Di fronte alla mancanza di lavoratori il ministro delle risorse umane annunciò ad agosto che le imprese potevano ingabbiare lavoratori emigrati che erano già presenti nel paese.

La mancanza di lavoro di manovalanza insieme alla maggiore richiesta di prodotti portò a maggiori indicazioni di lavoro coatto nei prodotti da esportazione verso gli USA come guanti di gomma e olio di palma.
Nonostante la legge ATIPSOM del 2007 contro la Tratta di Persone e il traffico di migranti, i tassi di lavoro coatto sono rimasti sempre alti in Malesia.

La mancanza di trasparenza, corpi dello stato che non aderiscono e sono in contrasto tra loro e restrittive leggi sul lavoro sono tra le ragioni di questa situazione. Ma le cause maggiori sono la scarsa applicazione delle leggi e la criminalizzazione delle vittime della tratta.

La Malesia impiega i lavoratori della migrazione per soddisfare alla domanda dei suoi prodotti come l’olio di palma nella cui industria 84% dei lavoratori sono immigrati.

Le pietre angolari del moderno lavoro forzato sono il legame del debito e le leggi del lavoro restrittive. Il debito contratto da agenzie di reclutamento corrotte può accumulare costi esorbitanti per i migranti che vogliono un permesso di lavoro in Malesia.

La legge dell’immigrazione del 1959 che obbliga a contratti a tempo determinato impedisce ai lavoratori di lasciare quei datori di lavoro che usano pratiche di sfruttamento.

La definizione stretta della ATIPSOM di coercizione obbliga la presenza e la prova di limitazioni fisiche, cosa che ostacola di molto le indagini sulle violazioni del lavoro coatto. Essa ignora l’abuso diffuso della legge del passaporto del 1966 che richiede ai datori di lavoro di mantenere il possesso dei passaporti stranieri. Chi applica il lavoro coatto usa il possesso dei passaporti e la minaccia di deportazione e di azioni legali per costringere a fare gli straordinari, paghe inferiori e ridurre la libertà di movimento dei lavoratori.

Nell’affrontare il lavoro coatto il governo malese ha trattato sempre le vittime di traffico come dei criminali, vedendoli come una minaccia alla sicurezza e non una questione di diritti umani. Il governo preferisce scoprire quali legge locale il lavoratore migrante viola piuttosto che vederli come vittime del traffico di lavoro coatto, impedendo loro di ricevere sostegno dallo stato.

Le accuse di lavoro coatto non sono viste e la minaccia di essere arrestati impedisce agli individui e gruppi della società civile di denunciare adeguatamente i casi di tratta di esseri umani.

Al massimo livello politico, i finanziamenti del ministero delle risorse umane non sono adeguati alla enorme presenza di lavoro coatto nel paese.

La condanna del reato di lavoro forzato è spesso minata dalla collaborazione delle agenzie di polizia transfrontaliere per svelare e eradicare le reti del traffico.

C’è insufficiente coordinamento tra agenzie del governo, agenzie di lotta al traffico umano e il ministero delle risorse umane.

Le dichiarazioni di riforme importanti sono seguite dalla mancanza di applicazione. Nel 2020 il consiglio contro il traffico umano della Malesia adottò le procedure operative standard di identificazione delle vittime ma non fece rapporto sulla sua esecuzione rendendo vani gli sforzi.
La storica critica degli USA sul lavoro coatto in Malesia alla fine punta al rifiuto di Kuala Lumpur do fare qualcosa di serio nei settori dell’olio di palma e del caucciù.

Se si facessero dei progressi in questi due campi toglierebbero un ostacolo alla cooperazione tra USA e Malesia su altre aree importanti come la cooperazione sulla sanità pubblica e gli sforzi di ripresa economica.

Simon Tran Hudes e Danielle Fallin CSIS

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