Ci sono due nazioni chiamate Filippine. Quella reale e storica ospita milioni di filippini, metà dei quali poveri e privi di poteri, perché governati da una delle classi politiche più corrotte ed incompetenti del pianeta. L’altra è un paese immaginario, una creazione di quegli stessi governanti per convincere i governati che tutto va bene, quasi perfettamente, in questo paradiso terrestre.
Il 31 marzo l’Ufficio del Segretario Esecutivo, OES, in una sua dichiarazione continuava a riferirsi alle Filippine. Ma sembrava descrivere un paese del tutto differente al di fuori della storia.
La dichiarazione del OES rispondeva a Victoria Tauli Corpuz, il rappresentante speciale dell’ONU per i diritti delle Popolazioni Indigene, che ha descritto il regime di Duterte come autoritario.
Tauli Corpuz parlava al Festival dei Diritti Umani a Milano il 25 marzo, durante il quale ha anche detto che il regime è passato dai crimini extragiudiziali contro i presunti tossicomani e spacciatori a prendere di mira i militanti dei diritti umani e politici.
Quello che accade ora nelle Filippine, ha detto Tauli Corpuz, è fascismo, con cui la platea aveva familiarità, poiché è stato un abominio che si realizzò in Italia con la dittatura di Benito Mussolini.
Victoria Tauli Corpuz è una degli oltre 600 filippini inclusi nella petizione del Dipartimento di giustizia per dichiarare il Partito Comunista Filippino e NPA organizzazioni terroristiche.
Chiunque è incluso nella lista, compreso la Tauli Corpuz, è ora in pericolo di un arresto arbitrario o persino morte, da quando il governo della legge è stato sostituito, in tante di queste isole, nel governo della forza.
La lista dei membri di presunta importanza di membri terroristi del CPP e NPA contiene i nomi di capi di comunità e membri delle organizzazioni di settore legali, dei poveri delle città e dei gruppi sindacali e dei contadini.
La dichiarazione del OES, scritta forse da Salvador Medialtea, sosteneva che “la democrazia nelle Filippine è forte e vibrante”, che “tutti i rami del governo funzionano, e che il “governo della legge prospera”.
Ma se prospera il governo della legge, come mai Mindanao è ancora sotto la legge marziale che si basa sulla premessa che le agenzie del governo, tribunali compresi, non possono funzionare per la presunta minaccia del terrorismo?
Questa idea deve essere sfuggita a chi ha scritto la dichiarazione. Ma la successiva frase nel paragrafo deve provocare persino più domande, e non solo perché è totalmente falsa, ma anche perché come se chi ha scritto la dichiarazione era sarcastico, come concluderebbe chiunque segue gli sviluppi nelle varie branche del governo.
Chiaramente l’estensore della dichiarazione non era formale ma letterale. “La branca esecutiva rispetta la separazione dei poteri e l’indipendenza delle altre branche eguali e non entra nei loro affari”
Una strana quasi comica dichiarazione da fare, poiché è l’opposto col modo in cui la supermaggioranza di Duterte nel Congresso, in obbedienza ai desideri del padrone al palazzo presidenziale, ha indirizzato un’operazione di messa sotto accusa fallata contro il presidente della Corte Costituzionale Maria Lourdes Sereno al Senato.
La branca esecutiva con il ministero della giustizia, anticipando l’esonero di Sereno nel Senato, prova anche a rimuoverla attraverso un quo warranto writ. Nel frattempo i giudici nominati dalla corte suprema del presidente Duterte e dell’alleata Arroyo, dopo che alcuni di loro hanno testimoniato contro la Sereno, hanno mobilitato impiegati e giudici a chiedere le dimissioni della Sereno.
Tutto questo dimostra che l’esecutivo non solo controlla il ramo coeguale del Congresso, ma mina attivamente quello che resta dell’indipendenza della corte suprema. Ma invece è Tauli Corpuz che la dichiarazione del OES accusa di essere “lontana dalla realtà”, nonostante che quella descrizione sia ad esso più applicabile.
Se la dichiarazione sembra stia descrivendo un altro paese, il messaggio del superiore di Medialtea sembrava come se fosse stato quello del capo di stato di quel paese immaginario quasi perfetto.
Duterte ha maledetto Papa Francesco, ha attaccato la chiesa ed i suoi prelati, ha ammesso fino a vantarsene di avere due mogli e varie volte si è dichiarato un non credente.
Eppure ha invitato i filippini a “ringraziare il Signore per averci dato il Suo unico figlio a salvare il mondo dal peccato”.
Duterte, che non è affatto umile e di certo spietato, ha incoraggiato ad coltivare l’umiltà ed il perdono … perché ci libereranno dalle catene dell’odio e dell’avidità”
Tutto questo mentre allo stesso tempo i suoi troll e i burocrati superpagati del sistema dei media di stato diffondono disinformazione ed incitano allo stupro, ad uccidere e commettere atti di violenza contro giornalisti indipendenti e critici del regime. Imitando il loro modello usano il discorso di odio per eradicare il discorso democratico.
Ma “rendiamo questa occasione (Pasqua) più significativa offrendo aiuto agli altri, specialmente a chi ha bisogno” ha continuato Duterte. “Preghiamo per il benessere e la sicurezza dei nostri dei nostri cittadini e per la pace duratura nel paese per lavorare insieme in armonia verso il cambiamento reale”.
A causa della loro lunga esperienza con signori nazionali e stranieri, con la cleptocrazia di Marcos e i suoi capitalisti burocratici e con i colonizzatori del paese e signori imperialisti, i filippini dovrebbero aver imparato come guardare al di là delle parole che si sono usate, e ancora si usano, per mascherare gli obiettivi più sporchi, e convincere gli sprovveduti che le menzogne sono verità. Sfortunatamente la maggioranza di loro non sono, ed ancora sono suscettibili alle blandizie di chi usa le parole per ingannare piuttosto che illuminare.
Le parole devono significare qualcosa e per vere solide ragioni. La comunicazione deve servire all’avanzamento del bisogno di comprendere la natura, società ed essere umani stessi, e da quella comprensione dare il potere agli uomini liberi di cambiare il mondo.
I particolari della situazione dei filippini, povertà, ingiustizia e miseria che prende milioni di persone, la corruzione, il monopolio del potere politico di un pugno di famiglie autocratiche e certo il fascismo che è la solita risposta secolare alla richiesta di giustizia e qualche prosperità, tutto deve essere compreso dalle loro vittime nelle cui mani c’è il potenziale per cambiarli.
Per paura della possibilità che da quella comprensione possa venire il potere dei poveri di trasformare l mondo dell’ingiustizia in cui vivono, i governanti del paese hanno raffinato l’uso cinico del linguaggio per nascondere, stravolgere e imbellire le brutte realtà che definiscono la vita dei filippini.
Hanno creato un altro universo falso quanto le descrizioni sfavillanti del loro governo dinastico. La “nuova repubblica” fu la versione di Marcos. Lo “stato forte” fu quello della Arroyo ed il paese dove “è arrivato il cambiamento” quello di Duterte.
Lo stesso paese reale della povertà, corruzione, inganno e terrorismo e violenza di stato che milioni di filippini abitano, piuttosto che quello mitico che i governati millantano come vero, è quello che difensori dei diritti umani, militanti sociali e politici, studenti, lavoratori, contadini e gruppi indigeni, riformisti e rivoluzionari descrivono ai propri concittadini.
Ecco perché sono stati etichettati come terroristi dagli stessi regimi, da quello di Marcos a quello di Duterte, che temono i cambiamenti di cui loro pretendono di essere gli alfieri.
Luiz Teodoro, Bulalat