Le promesse infrante della lotta alla schiavitù in Thailandia

In alcuni articoli scorsi si è parlato degli sforzi del governo di Prayuth per combattere il traffico umano riguardo specialmente al traffico di schiavi moderni Rohingya che, dalla Birmania, approdano sulle coste thailandesi e spariscono nella giungla del meridione.

Di questi molti finiscono in paesi come Malesia e Indonesia, ma molti insieme ad altri cambogiani finiscono nei pescherecci thai o nella industria della pesca in genere. Inoltre esiste certamente un altro traffico sessuale che porta ragazze dei paesi vicini nei bordelli sparsi in tutta la Thailandia.

Le promesse infrante della lotta alla schiavitù in Thailandia

A causa di questo commercio di schiavi la Thailandia è stata declassata dal governo americano nel 2014 al livello più basso della scala insieme a paesi come Corea del Nord e Iran, dopo essere stata per quattro anni al secondo livello in attesa di sforzi positivi di lotta alla schiavitù. E’ col rapporto di giugno 2014 che la Thailandia è declassata dopo una serie di rapporti e denunce dei media che denunciavano l’uso sistematico della schiavitù moderna nell’industria della pesca con lavoro forzato e minorile, detenzioni forzate, violenze e persino omicidi.

La fondazione EJF, in un suo ultimo rapporto, afferma che sono almeno 27 milioni le persone trafficate nel mondo con una media annuale tra le 600 e le 800 mila. L’industria della pesca thailandese, specie i frutti di mare, impiega 650 mila persone nel 2013. Le condizioni di lavoro sono bruttissime e si valuta una mancanza di almeno 50 mila lavoratori. L’industria della pesca thailandese è il terzo al mondo per esportazioni con 7 miliardi di dollari nel 2013. L’Europa importa per 1,15 miliardi di dollari mentre gli USA oltre 1.6 miliardi.

Di recente la EJF, Environmental Justice Foundation, ONG di base in Gran Bretagna che lavora su temi ambientali e diritti umani, raccomanda con forza che la Thailandia resti allo stesso terzo livello, Tier 3, come un segnale chiaro al governo thailandese che sono richiesti ulteriori progressi e sforzi sostanziali per essere rimossa dal terzo livello.

Il rapporto di EJF si chiama “Promesse infrante: perché la Thailandia deve restare al Tier 3 nel rapporto Traffico di Persone TIP”. In esso si denunciano alcuni casi di traffico umano, lavoro forzato e coatto sui pescherecci thailandesi tra il marzo 2014 e febbraio 2015.

Le accuse della EJF verso la Thailandia sono diverse. La prima delle promesse infrante è di non aver affrontato il problema dell’industria dei mediatori che perpetua il traffico e l’abuso nel settore della pesca.

Nonostante registrazioni di vasta scala di lavoratori illegali dell’emigrazione nel 2014 (70 mila lavoratori della pesca) il reclutamento sui pescherecci continua ad essere operato da canali informali. Nel luglio 2014 il settore privato ha chiesto al governo di registrare e regolare i mediatori illegali del paese che sarebbero i facilitatori di principio del traffico attuale e degli abusi sui lavoratori. Piuttosto che introdurre una legge per gestire i mediatori cambiando la legge del 1985, il dipartimento della pesca afferma che il governo vuole eliminare i mediatori usando i Centri di Coordinamento del Lavoro per l’Industria della pesca (LCC)”

Sarebbe bello, solo che la partecipazione agli LCC, i cui rappresentanti devono anche ispezionare, resta volontaria e i datori di lavoro non hanno mostrato interesse a partecipare perché non risolvono il problema della richiesta forte di lavoratori. Inoltre le risorse loro allocate sono state usate per registrare le operazioni portuali di entrata ed uscita. EJF ricorda inoltre una proposta governativa, poi lasciata cadere per le proteste mondiali, di usare carcerati sui pescherecci.

Un’altra delle promesse infrante è che la Thailandia non ha fatto progressi sostanziali nell’identificazione delle vittime sui pescherecci. Nonostante le grandi somme spese nelle indagini della seconda parte del 2014 fatte da varie agenzie statali, varie indagini giornalistiche mostrano che l’intervista delle probabili vittime era portava avanti in presenza del capitano della nave che faceva anche da intermediario tra ciurma e ufficiali. Quindi chiaramente non poteva essere denunciato alcun traffico.

Un altro rapporto dei media di inizio 2015 sostiene che le ispezioni congiunte di due imbarcazioni a Phuket, dove furono detenuti 4 birmani come emigrati clandestini, non riuscirono ad intervistare gli emigranti per determinare le condizioni di lavoro, le loro paghe o per dire se fossero stati portati con la forza in Thailandia.

Tra ottobre e dicembre 2014 sono state ispezionate 58 imbarcazioni e 761 uomini di equipaggio con l’identificazione di un solo vascello che impiegava 30 lavoratori immigrati clandestini. Nessun caso di sfruttamento in un recente giro di indagini verso 414 pescherecci e 1936 lavoratori.”

Il rapporto mette anche in luce che l’incapacità a identificare il lavoro forzato o coatto non è solo dovuto al fatto che si cercano imbarcazioni che lavorano a breve raggio o che le interviste sono fatte male. C’è anche un problema di finanza inadeguata a coprire i costi materiali delle ispezioni ed il carico di lavoro elevato per ogni singolo ispettore.

Un altro punto denunciato dal rapporto è che il governo non ha applicato le leggi ed i regolamenti esistenti in modo rigoroso e senza pregiudizi e non è riuscito a porre fine alla corruzione enorme e al coinvolgimento di rappresentanti dello stato nel traffico umano.

Nel rapporto si fa notare che, mentre ci sono stati nel 2014 vari arresti di stranieri impegnati nel traffico, c’è un solo caso di un thailandese arrestato per traffico umano. Anche laddove si conosce pubblicamente il peschereccio coinvolto non esiste alcun procedimento in merito. Proprio la corruzione è un’altra delle grandi promesse infrante del governo thailandese

La corruzione diffusa continua a comportare una debole applicazione della legge e bassi tassi di condanne per ufficiali thai, mediatori e padroni degli affari coinvolti nel traffico. Un paio di thailandesi arrestati agli inizi del 2015 per traffico dei Rohingya, affermavano che si pagano 9000 dollari per carico ad ufficiali corrotti per passare ai posti di blocco….

A settembre 2014 il giornale thailandese Thai Rath citava una fonte che affermava il coinvolgimento di rappresentanti del governo nel traffico di gente thailandese nei pescherecci che operavano nell’isola di Ambon in Indonesia (35 thailandesi erano stati salvati dalla polizia indonesiana e rimpatriati, ma sarebbero 1772 le vittime potenziali del traffico che si trovano nei centri di detenzione dell’immigrazione indonesiani, secondo autorità thai).

Dopo questo rapporto il Primo ministro ha sottolineato l’importanza di combattere la corruzione tra i rappresentati dello stato… Benché sia stata coinvolta la Commissione Nazionale contro la Corruzione, NACC, non è chiaro se tra i 104 condanne per traffico umano (il 54 % di meno rispetto all’anno precedente) ci siano rappresentati dello stato o della polizia

Altro fattore che EJF denuncia è l’approccio che è stato usato ed attualmente in uso non è centrato sulle vittime e sul bisogno di proteggere chi è riuscito a scappare o chi è stato liberato dal traffico.

EJF denuncia l’ostacolo grosso posto dalle condizioni ambientali e dalla mancanza di personale addestrato e di interpreti presso gli asili gestiti dal Ministero Thai allo sviluppo di un approccio centrato sulla vittima. Talvolta proprio questi fattori diventano una minaccia alla stessa sicurezza delle vittime. Una fonte del governo birmano che ha condotto un’inchiesta su questi rifugi sostiene la stragrande maggioranza degli incidenti che accadono negli asili è dovuta alla mancanza cronica di interpreti.

A maggio 2014 10 vittime salvati da un peschereccio a Kantang a marzo del 2013 furono rimpatriati in Birmania per un incidente violento presso il rifugio di Ranong.

L’incidente accadde quando il capo del gruppo Khin Zaw Win ed altri cinque usavano il WIFI dell’asilo per cercare aggiornamenti sulla BBC birmana col loro telefono.

Nella stessa zona tre del personale dell’asilo bevevano alcol e il gruppo cominciò a preoccuparsi perché erano guardati in modo ostile. Dopo varie telefonate con birmani in ONG thailandesi che li invitavano a non scontrarsi con i thai ubriachi, Khin Zaw Win provò a lasciare l’area, ma fu convocato dal gruppo del personale e fu assaltato da una persona della sicurezza.

Alla reazione di Khin Zaw Win altro personale si butta a picchiarlo ed uno di loro estrae una pistola. In quel momento l’assistente al direttore dell’asilo entra ed ordina di deporre la pistola… Successivamente l’intero gruppo birmano decide di andare via e di farsi rimpatriare in Birmania…

Una fonte del governo birmano poi dice a EJF che l’incidente è stato riportato dal personale dell’Asilo in modo diametralmente opposto con il personale dell’asilo che cercava di controllare il gruppo elle vittime, tutte ubriache, e che la situazione è precipitata successivamente. ”

Tratto comune sarebbe la falsificazione dei rapporti che pongono la colpa sulle vittime che per altro non sono mai interrogate a dare la loro versione degli eventi. Insieme a questo caso ci sono altri casi successi a Phathum Thani con vittime del traffico attaccate, minacciate con la pistola, picchiate dal personale dello stesso asilo con ferite che hanno richiesto il ricovero in ospedale.

Continua il rapporto:

Posti nel contesto del 2014 e degli anni precedenti, la creazione recente da parte del primo ministro di cinque comitati politici di alto livello per combattere il traffico umano, uno dei quali affronta il traffico umano anche nell’industria della pesca, rassomiglia più ad un tentativo di rassicurare osservatori che un’azione significativa intrapresa dal governo”.

Il 30 gennaio del 2015 il governo thailandese, per bocca del suo vice ministro degli esteri Don Pramudwinai, pubblica un proprio rapporto sul traffico di persone in cui afferma che sono stati fatti sostanziali progressi sul piano della legislazione antischiavitù, sulle ispezioni sui pescherecci e sulla registrazione dei lavoratori della migrazione. E’ un rapporto che comunque non è stato reso consultabile e valutabile da soggetti indipendenti.

In seguito a tutto questo EJF conclude che è stato raggiunto lo standard minimo nella lotta al traffico e che quindi per EJF la Thailandia deve restare nella posizione attuale al terzo livello per dare al governo thai il segnale di intraprendere un programma sostanzioso di azioni e di riforme da implementare.

Il direttore di EJF dice tra l’altro:

Dopo quattro anni nella lista di osservazione al livello 2 ed un anno al livello 3 da parte del governo USA e da una ricca raccolta di prove e consigli di ONG, il governo reale thai non riesce ancora a fare elle azioni necessarie per prevenire il traffico e gli abusi dei diritti umani nell’industria della pesca.

Nulla di quanto ascoltato o visto nello scorso anno indica che la Thailandia abbia intrapreso azioni significative per affrontare le cause radicali del traffico e degli abusi. Il governo thai deve intraprendere passi chiari, significativi e sostenuti per prevenire e sopprimere il traffico umano nell’industria della pesca”.

Dopo tante promesse infrante è tempo che il governo thailandese si metta davvero al lavoro per eliminare il traffico della moderna schiavitù, se vuol davvero colpire la corruzione.

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