Il dieci dicembre il presidente filippino Rodrigo Duterte annunciò che avrebbe tolto la legge marziale a Mindanao alla fine del 2019, segnalando che si è giunti alla fine di quell’ordinanza controversa che pose l’intera isola meridionale sotto il controllo militare.
Duterte dichiarò la legge marziale a Mindanao nel maggio 2017 dopo che centinaia di combattenti dei gruppi armati di Maute e Abu Sayaff occuparono la città meridionale di Marawi.
Mentre Duterte dichiarò solo pochi mesi dopo la città libera dai terroristi, chiese al Congresso Filippino di permettergli di estendere il governo militare per affrontare una non meglio specificata ribellione a Mindanao.
Il Congresso, dominato dagli alleati del presidente, approvò l’estensione del governo militare tre volte. La prima estensione durò fino alla fine del 2017, mentre la seconda fino alla fine del 2018 e la terza fino alla fine del 2019.
Politici dell’opposizione e singoli cittadini portarono queste estensioni nei tribunali sostenendo che “non esiste alcuna ribellione” a legittimare l’imposizione del governo militare, ma la Corte Suprema dominata da sostenitori del presidente si espresse a favore di Duterte.
A gennaio del 2019 il politico di opposizione Edcel Lagman affermò che un rapporto militare presentato a Duterte affermava che non era stata catturata, né arrestata né accusata una sola persona a Mindanao per ribellione nella seconda estensione della legge marziale.
Nel sostenere che la mancanza di arresti è prova inconfondibile che non esiste una ribellione attiva sull’isola, chiese di nuovo la fine della legge marziale.
Il portavoce presidenziale Salvador Panelo rispose al deputato con l’affermazione strampalata per cui il governo militare deve continuare proprio perché non ci sono stati arresti.
“Se non si sono fatti arresti di ribelli allora c’è una ragione in più perché debba continuare a Mindanao perché la ribellione continua” disse nella sua dichiarazione.
Ora, dopo un altro anno di legge marziale, Duterte non ha un numero sostanziale di ribelli dietro le sbarre. E mentre l’imposizione del governo militare sull’isola di Mindanao sembra finalmente giungere al termine, molti fanno la stessa domanda: Ma la legge marziale è riuscita a domare la ribellione, se mai c’è stata ribellione? E se non c’è mai stata, a che cosa sono serviti questi due anni e mezzo di mascherate?
Uccidere militanti ambientalisti, imbavagliare i giornalisti
Il 3 dicembre 2017, il 27° battaglione di fanteria dell’esercito colpì il villaggio remoto di Datal Bonglangon a Cotabato Meridionale uccidendo otto persone della comunità indigena T’boli.
I cittadini della comunità T’boli dissero dopo che il loro villaggio era stato preso di mira dai militari perché avevano osato opporsi ad un coltivatore di caffè che si appropriava delle loro terre ancestrali. L’esercito filippino disse dopo che le otto vittime si erano trovate nel fuoco incrociato tra i soldati e il gruppo ribelle comunista del NPA.
Ma questa versione della storia è contestata dai gruppi dei diritti civili, militanti indigeni, esperti forensi indipendenti ed avvocati.
Secondo un recente rapporto di Global Witness, osservatore indipendente, questi attacchi sono diventati la norma con la legge marziale di Duterte, mentre il governo militare “rafforzava un esercito risaputo per proteggere i progetti industriali ed attaccare chi si opponeva loro”.
Secondo la Rete Ambientale di Kalikasan’s People a Mindanao sono stati uccisi 19 militanti ambientalisti nel solo 2019.
Le comunità indigene e militanti ambientalisti non sono i soli a perdere la vita e il sostentamento nell’assenza di legge incoraggiata dalla legge marziale a Mindanao.
Il 10 luglio sicari in motocicletta a Kidapawan uccisero il conduttore radiofonico Eduardo Dizon, mentre il 3 luglio altri sicari spararono ad un’altra stazione locale a General Santos a Mindanao.
A giugno l’editore di un settimanale locale Dennis Denore fu ucciso a Davao.
Questi attacchi ai giornalisti, che si crede siano stati presi di mira per il loro lavoro di denuncia della corruzione, mostrano chiaramente che la legge marziale di Duterte non solo non è riuscita a portare ordine e sicurezza a Mindanao, ma ha creato anche un ambiente in cui chi difende la giustizia può essere zittito nella più completa impunità.
La legge marziale non ha neanche impedito la diffusione sull’isola che è risaputo essere una delle priorità di Duterte. Nel dicembre 2018, per esempio, l’agenzia narcotici della polizia PDEA affermò di credere che una porzione di un invio grosso di shabu, preso a Cavite ad agosto, si era fatta strada a Mindanao.
La città fantasma di Marawi
I sostenitori dell’estensione della legge marziale a Mindanao hanno anche detto che essa avrebbe accelerato la ricostruzione di Marawi che fu bombardata a tappeto dai militari nella battaglia del 2017. Ma, come è fallita nel riportare legge ed ordine sull’isola, il governo militare dell’isola di Duterte ha anche fallito nell’aiuto alla riabilitazione della città.
A novembre 2019 non sono stati impiegati ancora 4 miliardi di peso dei 10 che costituiscono il fondo di riabilitazione del 2018 e scadranno per la fine del 2019.
Due anni dopo la liberazione, Marawi resta una città fantasma e le migliaia che persero la casa durante la battaglia provano ancora a sopravvivere nei campi profughi improvvisati fuori della città.
Una personalità Moro importante, Rufa Cagoco Guiam ha detto allo scrivente:
“Task Force Bangon Marawi è lontana dalla promessa di ricostruire Marawi, nonostante i miliardi a disposizione. Cosa dice questo del governo che ordinò la distruzione del cuore economico di Marawi?”
Un nuovo campo militare per continuare il governo militare
Mentre è difficile sostenere che la legge marziale abbia conseguito dei risultati a Mindanao, è persino più duro essere certi che il governo militare sull’isola terminerà nei prossimi giorni.
A Gennaio 2018, il governo filippino annunciò un piano per costruire una grande base militare a Marawi. La base deve essere ancora completata, ma la gente dice che quando sarà finita assicurerà la continuazione del controllo militare sulla regione.
Il gruppo della società civile di Marawi Suare Bangsamoro ha denunciato la costruzione sostenendo che un campo militare “alimenterà la sfiducia”.
“Non aver prolungato la legge marziale è una copertura per un attacco più sinistro e mostruoso sulla gente Moro: la creazione di un esteso campo militare nel cuore di una città islamica che ha distrutto” ha detto su Facebook Suara Bangsamoro.
“Dopo aver ridotto Marawi in polvere, Duterte commette un’altra ingiustizia storica contro la popolazione Moro creando una postazione militare attorno ad una popolazione civile che ha in fretta trattato e ingiustamente punito come terrorista”
La legge marziale a Mindanao, che fu estesa per due anni e mezzo per domare una ribellione immaginaria, non ha ottenuto null’altro che accrescere la sofferenza della gente locale.
Mentre resta al potere un presidente incline a sparare prima e a porsi domande dopo, forse vedremo molte altre ribellioni sull’isola, sia reali che immaginarie.
Antonio J Montalvan, Al Jazeera