Qualunque cosa accada la liberazione di Marawi non significa la fine della radicalizzazione. Le autorità filippine non sembrano conoscere quanto profondo sia stato l’indottrinamento, dove si sia svolto e quanto tempo sia andato avanti.
Il Presidente filippino Duterte ha dichiarato la liberazione di Marawi ed i militari filippini dicono che Isnilon Hapilon, militante di Abu Sayaff considerato il capo del gruppo dello Stato Islamico nel sudestasiatico, ed Omar Maute, altro militante, sono morti.
Ma l’ISIS non è stato ancora cancellato nel sudestasiatico e Marawi non sarà davvero liberata finché non sarà sicura abbastanza perché possano fare rientro gli oltre 200 mila residenti rifugiati.
Tuttavia i contorni dell’attività del ISIS si sposterà con il dileguarsi degli scontri.
Si potrebbero verificare una delle seguenti situazioni
Tentativi di vendette con bombe in altre città filippine per mostrare che l’ISIS continua ad esistere.
Manila, Davao, Cotabato e Zamboanga tra gli obiettivi possibili. Altri obiettivi potrebbero essere le ambasciate filippine all’estero, proprio come è stata presa di mira l’ambasciata birmana al Cairo per la rabbia per la questione Rohingya.
Rottura della coalizione proISIS nelle sue componenti etnico-regionali.
La componente più numerosa è composta dei Maranaos che si è unita ai fratelli Maute a Marawi. I sopravvissuti potrebbero unirsi a giovani tra i dislocati per produrre un’insorgenza islamica di Maranao che potrebbe basarsi sulla stessa rete di clan dei Maute. Il nuovo gruppo prenderebbe le distanze dal MILF evolvendo verso qualcos’altro che somiglierebbe ad un movimento etno-nazionalista che un’ala del jihad globale
Militanti proISIS di Basilan, di etnia prevalente Yakan, ritornano ai rapimenti estorsivi.
Hapilon guidava una fazione del gruppo Abu Sayaff che dal 2014 in poi aveva lasciato i rapimenti alle altre fazioni, quasi certamente perché avevano altre fonti di entrate. Tra il 2014 e il 2016, quando l’zione si spostò a Marawi e all’area circostante, l’isola provincia di Basilan fu la base principale del ISIS a Mindanao. Fu quella la zona dove Malesi ed Indonesiani andarono ad addestrarsi, ad assister Hapilon con il reclutamento e la raccolta di fondi, e con l’acquisto di armi.
Morto Hapilon, il suo fido compagno Furuji Indama potrebbe diventare il nuovo capo del Gruppo Abu Sayaff a Basilan. Furuji potrebbe decidere di lasciare ISIS e tornare ai rapimenti, o ritornare a rapire gli stranieri per vendicarsi della morte di Hapilon.
Furuji è restato a Basilan per tutta la durata della battaglia di Marawi, per quanto si sappia, e c’erano notizie prive di conferma che si era diviso dal suo ex comandante. Qualunque sia la verità si sa che non accettava gentilmente il ruolo di secondo, e questo potrebbe significare la fine del coinvolgimento di Basilan con la coalizione proISIS.
La nomina di un nuovo emiro
Tanta discussione sui media si è attenuta sul possibile successore di Hapilon, da un parente dei Maute a Mahmud Ahmad, malese che per gli ultimi tre anni è stato parte del circolo più stretto del ISIS e che si dice sia vivo.
Il problema è che Mahamud non ha la rete familiare che gli permetterebbe di comandare i combattenti o un territorio, e questo potrebbe essere un fatto negativo. D’alro canto un capo che è al di fuori delle divisioni etniche potrebbe avere una possibilità di mantenere intatta una coalizione indebolita.
Tra i filippini un possibile contendente è Esmael Abdulmalik (noto come Abu Torayfe), capo della fazione pro ISIS del BIFF ch è stato un combattente del MILF a Mindanao centrale. Manca comunque di legami internazionali, di linguaggio e di carisma che resero potenti i Maute.
Grandi battaglie di vendetta centrate sulla terra
Potrebbero esplodere decine di conflitti intensi tra gruppi armati, rido nella lingua locale, attorno a Marawi con i differenti clan che cercano la vendetta per le perdite inflitte loro durante l’assedio di Marawi. Ci potrebbe essere una retribuzione contro la famiglia estesa dei Maute in un modo che complicherebbe la ricostruzione. E’ necessario un divieto applicato fermamente sulle armi e munizioni che però minaccerebbe interessi politici consolidati.
Un tentativo di prendere il controllo da parte di ciò che resta di Khatibah Nusantara in Siria
Si crede che si siano raggruppati a Deir az-Zour in Siria i capi dell’ISIS del sudestasiatico a Raqqa sopravvissuti all’assalto finale. Potrebbero considerare di ritornare e le Filippine sarebbero una opzione favorevole. Potrebbero trovare rifugio lì, lanciare attacchi, ispirare i sopravvissuti di Marawi o tentare altri campi di addestramento.
Due indonesiani Bahrumsyah e Abu Walid potrebbero essere quelli che potrebbero ricevere luce verde dal comando ISIS a tentare un rirorno, specialmente perché i militanti a Marawi sembrano aver visto Bahrumsyah come il loro anziano nella catena di comando. Se tornasse uno dei due assicurerebbe un alto livello di interesse degli estremisti indonesiani ad unirsi alle loro fila.
Se, d’altro canto, gli indonesiani in Siria non riescono più a mandare piccole somme di denaro per aiutare i loro seguaci mujajidin a Giava o Sumatra a comprare un biglietto aereo, il gruppo di combattenti che prova ad andare a Mindanao potrebbe esaurirsi del tutto. Il denaro conta ancora.
Reclutamento attuale e la radicalizzazione tra i giovani musulmani a Mindanao.
Qualunque cosa accada la liberazione di Marawi non significa la fine della radicalizzazione. Le autorità filippine non sembrano conoscere quanto profondo sia stato l’indottrinamento, dove si sia svolto e quanto tempo sia andato avanti.
Da varie parti si comincia a capire che il governo ha bisogno di saper di più, particolarmente sul sostegno che ISIS è riuscita a raccoglier nelle università. Resta da vedere quanto quel riconoscimento si tradurrà in programmi concreti per affrontare quello che resta.
Dure lotte sulla ricostruzione di Marawi che possano aiutare la causa islamista.
Molti cittadini dislocati sono arrabbiati per la distruzione delle loro case, per le condizioni nei centri di evacuazione e per l’impossibilità a ritornare. I media dicono che alcuni giovani considerano i Maute come eroi. Se la ricostruzione è gestita male, insufficiente o troppo politicizzata, i reclutatori islamici potrebbero avere più successo nello sfruttare quella adulazione.
Ci sono tante organizzazioni nel mondo con esperienza di ricostruzione delle aree urbane dopo i conflitti, e sarebbe utile che i capi di Marawi li conoscano. In Australia esiste una delle migliori organizzazione, Architects without Frontiers a Melbourne.
Tutto questo suggerisce che le morti di Isnilon Hapilon e Omar Maute non indicano la fine dell’estremismo violento a Mindanao. Potrebbe essere l’inizio di una nuova fase. Dovrebbe essere anche l’inizio di una nuova fase nell’aiuto internazionale, attento meno al vincere una guerra contro i Maute e più sul rafforzamento delle comunità locali, migliorando i servizi pubblici, sistemando il sistema della giustizia penale defunto e mettendo fuorilegge le armate private.
Sidney Jones, Lowyinstitute