La campagna omofoba nazionale ha raggiunto un crescendo che mette al silenzio non solo i membri della comunità LGBT ma anche chi tradizionalmente ha invocato tolleranza e si è battuto per i diritti delle minoranze perseguitate.
Denigrare i gay è diventato un nuovissimo passatempo in Indonesia che, un tempo, si vantava della propria tolleranza.
Il mese scorso i giornali erano pieni di notizie di attacchi contro gruppi di persone conosciute per essere LGBT, lesbiche, gay, bisessuali, transgender.
Ognuno sembra farlo e vuole avere la voce in capitolo.
Gli attacchi non sono circoscritti nei media sociali dove tutto va. Il veleno dell’omofobia lo si trova nei grandi media nazionali. La piazza pubblica non è mai stata così soffocante.
Le poche voci che difendono i diritti della comunità LGBT sono soffocate, o piuttosto minacciate, da un coro crescente che fa della comunità LGBT il nemico pubblico principale.
L’ISIS, considerata globalmente come una minaccia, non ha mai ricevuto un simile pubblico ludibrio in Indonesia, neanche dopo l’attacco mortale a Giacarta di gennaio.
Per quanto preme agli indonesiani, la più grande minaccia è la comunità LGBT perché riguarda la morale nazionale e quindi la sua esistenza e futuro.
La campagna omofoba nazionale ha raggiunto un crescendo che mette al silenzio non solo i membri della comunità LGBT ma anche chi tradizionalmente ha invocato tolleranza e si è battuto per i diritti delle minoranze perseguitate.
Gli stranieri che nel passato non si sono risparmiati gli elogi per la tolleranza e moderazione religiosa avranno qualche problema nel riconoscerla.
Difficile da credere, ma è il governo che attualmente conduce la campagna omofoba contro LGBT con suoi personaggi che si avvicendano ad esprimere il disgusto e odio per la gente gay.
La campagna ufficiale iniziò a gennaio quando il ministro della ricerca, tecnologia ed alta istruzione dichiarò che la comunità LGBT dovrebbe essere bandita dalle università. Il suo ridicolo tentativo di chiarire che intendeva di aver sesso nel campus non è servito. Importò poco perché di fatto ha aperto le porte ad un’ondata di omofobia che nessuno sembra poter contenere.
Presto si sono uniti altri ministri. Il ministro della riforma amministrativa Yuddy Chrisnandi ha detto che la comunità LGBT dovrebbe essere bandita dal lavoro pubblico.
Qualcuno ha preteso di fare qualche tentativo di comprensione ma non ha mai accettato la loro presenza.
Il vicepresidente Juasuf Kalla, dopo aver riconosciuto che quello che i gay fanno in privato non interessa il governo, ha chiesto all’agenzia dell’ONU UNDP di smettere di finanziare iniziative LGBT, anche se in realtà ha ammesso di non sapere se ci fossero iniziative che portano finanziamenti a ali scopi.
Il ministro della legge e sicurezza Luhut Pandjatian ha prima detto che la gente LGBT sono cittadini da proteggere da parte dello stato. Pochi giorni dopo ha descritto l’omosessualità come una “malattia” che ha bisogno di trattamenti.
L’attacco più velenoso è giunto dall’ex ministro della comunicazione e politico islamista Tifatul Sembiring che, nel suo post di Twitter col sermone del venerdì, citava l’hadid del Profeta Maometto che chiama all’uccisione delle coppie gay.
Il premio per l’affermazione più ridicola va al sindaco di Tangerang Arief Wismanyah il quale ha detto che mangiare troppi spaghettini precotti porta all’omosessualità. Per inciso, che lo sappia o meno, l’Indonesia è il maggior produttore ed esportatore di spaghettini precotti.
I capi religiosi che avevano condotto le precedenti campagne morali hanno assunto una posizione più cauta nell’accanimento omofobo.
Il consiglio degli ULEMA, MUI, ha emesso un editto religioso che dichiara LGBT vietato sotto l’Islam, Haram, descrivendoli come una specie di crimine.
La comunità LGBT non può neanche rivolgersi, almeno per ora, a chi tradizionalmente difende le minoranze perseguitate. E’ un tema troppo caldo.
Il prete cattolico Magnis Suseno, acceso difensore dei diritti delle minoranze religiose, ha parlato in difesa della comunità LGBT ma in un articolo pubblicato in Kompas, ha detto di opporsi al matrimonio dello stesso sesso. Naturale che lo faccia, ma la questione qui non si pone ancora. Pochi gay sono usciti allo scoperto nell’Indonesia dura conservatrice. Nessuno si dice volere il matrimonio dello stesso sesso, per lo meno non apertamente.
La sua sola citazione ha però aiutato ad istigare ulteriormente la paura diffusa dalla campagna omofoba contro i gay sui pericoli della LGBT, anche se in Indonesia non si riesce neanche a parlare dela questione.
Nahdlatul Ulama, la più grande organizzazione islamica e considerata l’ultimo bastione della tolleranza, è salita sul carro per chiedere al governo la criminalizzazione delle attività LGBT.
Inevitabilmente sono seguite la discriminazione e persecuzione agli attacchi verbali.
La commissione per la televisione ha scritto alle stazioni TV richiedendo di togliere programmi in cui ci sono uomini “effeminati” e travestitismo. Le TV si sono adeguate prontamente.
A Yogyakarta, Giava centrale, è stata chiusa per minacce di violenza un collegio islamico per transgender che studiano il Corano. La comunità LGBT è sola nella lotta per l’esistenza e la sopravvivenza. I suoi membri sono vulnerabili e senza difesa. Tranne che per pochi militanti dei diritti umani, quasi nessuno ha parlato in loro difesa.
La costituzione, che garantisce libertà e diritti per tutti i cittadini col diritto alla protezione dello stato, non è uno scudo, specialmente quando è il governo in prima fila nella campagna omofoba.
Lasciate perdere la polizia. Ricordando le esperienze passate nella gestione delle minoranze perseguitate, accuserebbero le vittime per aver causato il disagio pubblico.
La pretesa indonesiana di essere la terza democrazia al mondo deve essere diventata troppo opinabile quando le minoranze temono per la propria vita, senza garanzia di protezione dello stato. La piazza pubblica è diventato il luogo per lo scherno e l’attacco delle minoranze. Libertà di espressione diventa libertà di attaccare e diffondere odio.
La democrazia indonesiana si è trasformata in una tirannia della maggioranza.
LGBT è l’ultimo obiettivo dell’intolleranza crescente dell’Indonesia. Altri gruppi hanno subito la stessa sorte, tra i quali i seguaci delle sette musulmane Ahmadiyah e Sciita che la maggioranza sunnita considera blasfeme.
A gennaio il governo condusse una campagna pubblica contro il movimento Fajar Nusantara, Gafatar, un culto spirituale che incoraggia i suoi membri sempre più numerosi a condurre una vita comunitaria nelle aree rurali. Dopo che il governo descrisse il gruppo come una minaccia alla sicurezza nazionale, una loro comunità nel Calimantano Occidentale fu attaccata da una folla di oltre 5000 persone.
La polizia andò a salvarli fornendo un’uscita di sicurezza dal loro complesso di case e permettere alla folla di entrare e distruggere le loro proprietà. Per essere sicuri arrestarono alcuni capi del Gafatar lasciando i veri criminali che hanno fatto l’attacco liberi di svignarsela.
L’intolleranza si diffonde e cresce di intensità senza che il governo riesca o abbia la volontà politica di fermarla.
Risale tutto al tempo dell’ex presidente Yudhoyono quando l’intolleranza cominciò a presentarsi senza che il governo muovesse un dito per fermare gli attacchi contro le minoranze. Dopo ogni attacco si sono fatti più sfacciati e hanno cercato il prossimo obiettivo.
Questa volta perseguitano la comunità LGBT.
Le cose peggioreranno di certo, ma alla fine ambierà qualcosa? C’è una ultima speranza, il presidente Joko Widodo che ha giurato, nel diventare presidente, di proteggere tutti i cittadini. Finora è stato a guardare mentre avanzava la campagna omofoba condotta dai suoi ministri.
Ora sembra essere il momento giusto che il presidente si alzi e parli, in un senso o nell’altro.
Endy Bayuni, editore del Jakartapost.com, The Straits Times
La retorica omofoba costringe la comunità LGBT nella paura
La gente LGBT è costretta a vivere nella paura a causa della campagna omofoba dichiarazioni dei governanti, ministri sindaci che dicono di stare attenti a noi
I militanti dei diritti LGBT di fronte la campagna di omofobia e ai discorsi di odio da parte delle autorità indonesiane hanno iniziato a istituire hotline telefoniche, luoghi sicuri dove sostare e tutto quanto che potrebbe esporli alla violenza.
I gruppi civili Lesbo Gay Bisex e transgender sono attivi da decenni e sono già stati oggetto di attacco ma per periodi di tempo più limitati. Questa volta la campagna omofoba è già in atto da due mesi costringendo la comunità nella paura.
“E’ la prima volta che dura così tanto” ha detto Dede Oetomo, militante di tanti anni fondatore di Gaya Nusantara nel 1987. ha detto che gli attacchi sono iniziati a gennaio quando il ministro dell’istruzione superiore Nasir ha detto che la gente LGBT deve essere cacciata dall’università continuando sempre giornalmente su queste basi.
La commissione nazionale delle trasmissioni ha rafforzato una politica che vieta ai programmi radio e TV di far apparire la gente LGBT normale per proteggere bambini e giovani che “sono suscettibili di duplicare comportamenti LGBT devianti”.
L’associazione psichiatrica indonesiana ha classificato l’omosessualità, bisessualità e transgenderismo come disordini mentali mentre il ministro della difesa ha definito il movimento LGBT una guerra per procura per fare il lavaggio mentale agli indonesiani.
I critici dicono che il movimento LGBT è finanziato dall’estero, che è vero se si guarda ai fondi delle organizzazioni dell’ONU UNAIDS o governi e fondazioni occidentali, dice Oetomo. “Siamo un pericolo per la sopravvivenza della nazione” dice Oetomo telefonicamente da Surabaya dove si trova Gaya Nusantara. “Diventa in un certo senso ridicolo, sembra una piccola guerra”.
I rappresentanti del governo non hanno risposto alla richiesta di commenti.
Ci sono stati alcuni momenti in cui alcni del LGBT sono stati attaccati ed Oetomo ha detto di preparare luoghi sicuri e fare piani di evacuazione in caso di bisogno.
A Yogiakarta 23 attivisti LGBT sono stati malmenati dalla polizia che si è giustificata, davanti ai media, dicendo che impedivano loro di fare una manifestazione che si sarebbe scontrata con estremisti musulmani che tenevano una protesta contro LGBT lì vicino. A Yogyakarta un collegio per donne transgender è stato chiuso due settimane fa.
L’omosessualità non è illegale in Indonesia ma alcuni politici hanno chiesto la loro criminalizzazione. Le minoranze sessuali e di genere in Indonesia hanno sempre vissuto storicamente in una calma tesa, con tolleranza e pluralismo a proteggerli dalla violenza ed un senso di discrezione portava della sicurezza, dice Kyle Knight ricercatore LGBT di HRW. “Quello a cui assistiamo ora è qualcosa senza precedenti in termini di agitazione” ha detto Knight che in Indoensia documenta gli abusi dei diritti umani legati alla crescita della retorica anti LGBT. “Questa volta i rappresentanti del governo hanno acceso la cacofonia dell’odio”
Alcuni, compresi il sindaco di Giacarta Basuki e il ministro Lahut Pandjaitan, hanno difeso la comunità LGBT.
“Chiunque essi siano, dovunque essi lavorino, continuano ad essere cittadini indonesiani. Hanno il diritto ad essere anche protetti” ha detto Pandjaitan.
Non è molto per chi si batte per i diritti LGBT.
Kevin Halim, donna transgender per Asia Pacific Transgender Network, è preoccupata per gli esperti che promuovono la terapia di conversione enza considerare i danni psicologici che possono fare con le loro parole.
E in tanti LGBT fanno pulizia tra i loro contatti nei social media di chi può disapprovare il loro modo di essere. “Di solito condivido tutto ciò che di gay in me” dice Safir Soeparna che lavora per Apcom, che lavora a Bangkok con uomini gay con HIV. “Qualcuno può usarlo per ricattarmi? Quindi controllo di nuovo la mia lista di amici e cancello quelli di cui non sono sicuro al 100%”
Molti hanno adottato le loro misure di sicurezza. “I miei non vanno più all’ufficio. Troppo pericoloso. Non l’abbiamo mai vissuto questo” dice Oetomo.
Il personale di Arus Pelangi che dà ssistenza legale per la gente LGBT ha istituito un sistema di amicizia perché la polizia non può garantire la loro sicurezza, ed hanno iniziato una hotline telefonica per chi ha bisogno di aiuto.
Dice Yuli Rustinawati di Arus Pelangi: “Ci hanno messo in un angolo. La gente LGBT è costretta a vivere nella paura a causa della retorica omofoba dichiarazioni dei governanti, ministri sindaci che dicono di stare attenti a noi”.
ALISA TANG, trust.org