Quel maggio nero del 1992 a Bangkok, le lezioni mai apprese

Questo mese si commemora il trentesimo anniversario degli eventi del Maggio Nero del 1992 a Bangkok che videro la diffusa violenza contro i manifestanti e la successiva caduta di un governo legato ai militari che era venuto al potere col golpe del 1991.

Quali sono alcune lezioni da ricordare che risuonano dal passato nel presente fino nel futuro?

Il golpe del 1991 fu fatto da un gruppo di capi militari per abbattere il governo civile eletto sulla base di una presunta corruzione. Annullarono la costituzione ma la giunta arrivata al potere aveva l’intenzione di mettere un capo civile come premier ad interim.

maggio nero del 1992 a Bangkok

La rivisitata successiva costituzione comunque aprì la porta ad un senato controllato ed ad un premier non eletto. E sebbene il capo della giunta golpista avesse promesso di non diventare un premier non eletto, la promessa fu infranta quando fu nominato premier nell’aprile 1992.

Ne seguirono massicce dimostrazioni contro il suo premierato che chiedevano le sue dimissioni e ci furono violenti scontri tra militari e polizia contro i civili nella terza settimana di maggio. Furono uccisi 50 civili e centinaia di altri manifestanti feriti, in aggiunta alle tante scomparse forzate che tuttora restano sconosciute.

Per l’intervento reale, il generale si dimise e la Thailandia ritornò al governo civile a cui seguirono le elezioni. Questo aprì la strada alla sedicesima costituzione della Thailandia che tuttora è considerata come quella più vicina al popolo e la più democratica.

Restano lì varie questioni chiave. La prima è la questione dell’autoamnistia. Prima delle dimissioni di quel primo ministro fu approvata una legge di amnistia che escludeva dalla messa sotto accusa i capi golpisti e gli altri coinvolti nelle violenze. Questa è stata una pratica ricorrente dopo i golpe intermittenti che il paese ha vissuto negli anni.

Essenzialmente si crea una legge per assicurare l’impunità ai golpisti e a qualunque trasgressione da loro commessa. La legge poteva essere un decreto specifico, una legge di diritto comune o inserita in una nuova costituzione che è adottata in seguito. L’attuale ventesima costituzione è un esempio del terzo modello e l’articolo di impunità lo si ritrova nella sezione finale della legge.

Tuttavia le autoamnistie a livello internazionali sono viste come illegali. Se si deve legittimare un’amnistia lo si deve fare con legge parlamentare con una benedizione popolare piuttosto che un atto di autoconvalida da parte di chi ha commesso il reato o abbattuto il governo democratico. L’argentina ha mostrato la strada e la legislatura ha invalidato una legge di autoamnistia approvata dai golpisti.

Per seconda cosa, sebbene ci siano tre indagini dopo la tragedia del maggio, non si conoscono tutte le cose che si sono scoperte. Il governo istituì una commissione di accertamento dei fatti per documentare quanto era accaduto. C’è stato un comitato parlamentare sulla questione come anche un comitato delle autorità militari.

Eppure parti del loro lavoro sono avvolte dall’opacità e finora non sono stati identificati e fatti rispondere delle loro azioni coloro che furono responsabili delle violenze contro i civili. Ahimé questo scenario esemplifica quanto radicata sia nella storia thai l’impunità che è sempre ripetuta.

Questa è una delle questioni fondamentali da affrontare nel dialogo prossimo del paese con la Commissione dell’ONU sulla Tortura sotto la convenzione di cui la Thailandia fa parte.

Terza cosa, il periodo che portò agli eventi del maggio nero come anche quel mese traumatico è attestato nella estesa censura delle notizie. Chi era al potere emise molti decreti di proibizione di diffusione di notizie.

Quando ebbe luogo la violenza, particolarmente tra il 17 e 20 maggio, le notizie erano censurate o bloccate del tutto a livello nazionale e locale. Fu la stampa internazionale che denunciò le varie esecuzioni di civili, gli arresti e la presenza pervasiva delle forze armate e della polizia nella repressione. Persino oggi non si insegna, né lo è permesso insegnare, la storia di quel periodo alle generazioni più giovani.

Quarta cosa, l’uso della forza contro i manifestanti civili non era né necessaria né proporzionata alle circostanze. Mentre è vero che decine di migliaia, e talvolta oltre un centinaio di migliaia, di persone manifestavano contro il governo militare, erano generalmente pacifiche, malgrado il fatto che a volte c’era una presunta “terza mano” di agenti provocatori. Tuttavia le operazioni dei militari che erano fatte per le strade e vicino erano eccessive e contro le regole internazionali sull’uso delle armi specialmente nel controllo delle folle.

I principi fondamentali sull’Uso della Forza e delle Armi da parte della polizia dell’ONU approvati nel 1990 erano già applicabili e chiedevano che l’uso delle armi fosse la misura di ultima scelta, come anche un approccio graduale per trattare con le manifestazioni, in particolare di usare metodi non violenti.

Le riprese disponibili di quell’anno provano che la polizia aprì il fuoco a bruciapelo contro alcuni manifestanti nelle strade. Alcuni soldati sono stati visti percuotere con il calcio del fucile o scalciando che era costretto a stare per terra attorno e dentro l’hotel vicino alle sparatorie.

Molte persone sono state allontanate con i camion militari e questo è legato forse ad alcune scomparse forzate. La lezione imparata è della necessità di usare solo personale addestrato in relazione alle manifestazioni di strada per aderire ad un approccio graduato ed evitare la mentalità di sparare per uccidere ed atti che ammontano a tortura.

Per inciso fu nominato un altro comitato per trattare con le vittime che aprì la strada al loro risarcimento. Da allora questa tende a diventare la pratica, “pagare pagare” mentre nessuno è ritenuto responsabile dei crimini che avvennero.

Almeno moralmente la gente può anche essere umile e ricordare un altro motivo che è sempre valido dovunque, Nunca Mas, mai più per favore.

Vitit Muntarbhorn, Bangkokpost

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