Nel santo mese del Ramadan, l’insorgenza del profondo meridione thailandese ha lanciato 30 attacchi che hanno ucciso 16 persone e ferito altre 24, tra le quali un’autobomba che ha incendiato un accampamento misto di polizia e militari sulla autostrada meridionale.
E’ l’ultimo di un’ondata separatista lunga dodici anni lanciata dai separatisi, determinati a ritagliarsi una patria separata per i musulmani etnici in questa regione storicamente contestata.
Qui Don Pathan traccia le iniziative di pace per portare una fine pacifica a questo conflitto che ha finora reclamato le vite di 6500 persone dal gennaio 2004.
L’identità dei malay di Patani e l’insorgenza del meridione thailandese
Dopo che suo padre e suo nonno furono uccisi dall’insorgenza nell’inquieto meridione thailandese nel 2004 e 2007, Duangsuda Srangamphai incanalò la propria rabbia e dolore nel dare sostegno morale alle famiglie delle altre vittime di questa antica violenza. “Aiutando gli altri aiuto me stessa. E’ un processo di guarigione” disse la donna.
Nel decennio passato la attivista buddista ha attraversato la linea di divisione religiosa ed etnica per lavorare con le donne musulmane ad aiutare gli altri.
Questo gruppo visita le vittime dà sostegno morale e aiuto oltre ad assistere in molti modi le famiglie a migliorare il loro guadagni. E’ qualcosa che però non è sufficiente. La Pace è la sola soluzione, crede.
Ma la pace sembra stare lontana da questa regione che è più vicina a Singapore che a Bangkok. Nella sua decennale lotta per un’autonomia locale dalla Thailandia di maggioranza buddista, oltre 6500 persone sono morte.
I colloqui di pace tra il governo di Bangkok e i movimenti separatisti Malay di Patani nelle quattro province di frontiera più meridionali sono cominciati e crollati almeno tre volte in questo scorso decennio, azzoppati dalle lotte interne e da Bangkok distratta dalle proprie lotte di potere e dai colpi di stato.
L’insurrezione armata ricomparve agli inizi degli anni 60 e si spense agli inizi degli anni 90 dopo che la lotta armata perse energia. L’attuale ondata di violenza ricomparve alla fine del 2001 con alcuni attacchi sporadici ogni quattro mesi fino al gennaio 2004. Da allora gli attacchi sono diventati giornalieri in queste province dove abitano quasi due milioni di musulmani thai malay.
Ad aprile, i colloqui di pace si fermarono di nuove dopo che i gruppi ribelli si rifiutarono di addolcire le loro richieste sul riconoscimento e Bangkok a sua volta rifiutò di riconoscere persino i ribelli. Invece il governo corteggia direttamente gli abitanti ed invia l’esercito a tagliare le attività dell’insorgenza. Così ogni speranza di pace è spinta decisamente in un futuro più lontano.
“I colloqui tra le due parti sono inevitabili, ma per il momento vuole per ora vuole essere attento sulle risorse sulle operazioni strettamente militari. Lo scopo è di prevenire ogni allargamento dell base di sostegno ai separatisti” dice Srisompob Jitspiromsri di Deep South Watch e docente dell’Università di Principe di Songkla, ed afferma che il governo vuole anche usare questo momento per trattare direttamente con gli abitanti dei villaggi, la base di appoggio dell’insorgenza, per contrastare l’ideologia e la narrazione separatista.
Qualcosa che doveva accadere
Nel 1786, il Siam sconfisse il sultanato di Patani e trasformò questa regione di lingua malay in un suo stato tributario. Esso fu diviso in sette principati governati da sultani locali nominati dai siamesi in Ayutthaya. Al cambio del secolo, la situazione cambiò di nuovo con Re Rama V che trasformò i sette principati nelle sette moderne province sostituendo i sultani con governatori inviati da Bangkok.
Un’insorgenza armata comparve negli anni 60 in risposta alla politica di assimilazione thailandese. Si vietava l’uso delle lingue delle minoranze negli uffici pubblici, l’obbligo ad avere dei nomi thai e la legge che pose le scuole religiose islamiche tradizinali, pondok, sotto il sistema scolastico del governo, permettendo anche al governo di definire il curricolo di questi pondok.
La narrativa e l’dentità che lo stato aveva costruito erano abbastanza flessibili per tutte le popolazioni di questa nazione multiculturale che si definiva Thai finché qualcuno non ne mise in dubbio questa nozione.
Questa era qualcosa che i Malay di Patani avevano già fatto percependo che la politica dello stato thai era fatta a spese della loro identità etnico e religiosa.
Il costrutto dello stato nazione thailandese ebbe anche i suoi costi sulla comunità cinese. Durante la II guerra mondiale le scuole di lingua cinese furono messe al bando per ritornare in vita dopo la guerra. Non fu comunque fino al 1992 che fu tolta la restrizione sulle scuole di lingua cinese perché i politici thai guardavano agli investitori di lingua cinese all’estero.
I cinesi thai hanno la leva economica per negoziar il loro spazio culturale con lo stato thai. Non si può dire la stessa cosa con i Malay che assunsero anche un gesto simbolico per resistere all’assimilazione. Per esempio, mentre i cinesi e le altre minoranze assunsero nomi thai, i Malay di Patani si rifiutarono di farlo. Mantenere la propria identità culturale distintiva era il loro modo di resistere alla politica di assimilazione. Agli inizi degli anni 60 questa resistenza si tradusse in insurrezione armata.
Mentre i cinesi thai locali, discendenti dai mercanti cinesi, sono riusciti a trovare un accomodamento con i Malay, l ostato thai ha fallito miseramente. Da decenni persiste una sfiducia reciproca tra Malay e stato thai permettendo a generazioni di insorgenti di operare liberamente sul terreno poiché condividono con la gene del posto la stessa sfiducia storica verso il governo.
Oggi il 90% della popolazione di Yala, Narathiwat, Pattani e Songhkla sono di etnia malay. La regione è la meno sviluppata della Thailandia benché non sia il sottosviluppo la causa del conflitto.
I Thai di etnia cinese continuano a controllare l’economia locale e la camera di commercio. Sono cinesi anche i sindaci elle municipalità principali di Pattani, Yala e Narathiwat. Le parti continuano a rispettare le pratiche ed i territori rispettivi. Nonostante la violenza i prezzi della proprietà continuano a salire.
Nel passato i thai hanno cercato un approccio più sottile alla soluzione del conflitto con incontri segreti lontano dall’attenzione pubblica. Ma tutto cambiò il 28 febbraio del 2013 quando il governo di Yingluck Shinawatra annunciò al mondo che la Thailandia entrava in un negoziato politico con i movimenti separatisti malay di Patani.
A Kuala Lumpur si ebbe la cerimonia della firma perché la Malesia fu designata paese facilitatore per i colloqui. Una figura in esilio del gruppo più potente dei ribelli del BRN fu designata come “collegamento”, Hasan Taib il cui compito era convincere il movimento del BRN ed i suo consiglio reggente di sedersi al tavolo del negoziato. Nel giro di un anno divenne chiaro che Hasan Taib non riuscì a convincere gli anziani del BRN a dare una possibilità alla pace. Hasan Taib si dimise.
Tuttavia anche con l’uscita dal campo di questa figura di alto profilo, il governo di Yingluck continuò a tenere incontri segreti con gli altri membri del movimento separatista con lo scopo di riportarli dentro un percorso ufficiale, piano B.
Prima che questa transizione potesse aver luogo la Thailandia attraversò altre proteste di strada massicce che portarono al golpe del maggio 2014 che rovesciò il governo di Yingluck. Dopo altri sette mesi il nuovo governo della giunta annunciava che sarebbero continuati i colloqui e che Kuala Lumpur avrebbe continuato ad essere il facilitatore designato.
Cosa c’è in un nome?
Ad agosto 2015 le sei organizzazioni che parteciparono al piano B si riunirono anche pubblicamente. Si chiamarono MARA Patani e chiesero al governo thailandese di riconoscerli ufficialmente, che avrebbe voluto dire garantire immunità legale per i loro negoziatori.
Chiesero anche che il processo di pace fosse designato come agenda nazionale con un appoggio del parlamento per assicurare la continuità con un governo futuro della Thailandia. MARA Patani giudicava l’appoggio parlamentare necessario poiché ogni iniziativa di pace precedente terminava col cambio di governo a Bangkok, ed ogni nuova amministrazione iniziava da zero i colloqui con un gruppo tutto nuovo di negoziatori di cui il governo del momento si fidava. MARA Patani affermò che se non erano accettati questi requisiti non ci sarebbe stato il negoziato.
Quello che non è chiaro è la loro agenda. Ma il loro impegno nel dialogo con i thai suggeriva che l’organizzazione ombrello fosse preparata ad accettare qualcosa che era meno dell’indipendenza. BRN, dopo aver abbandonato Hasan e l’iniziativa di Yingluck continua a restare fuori dall’attenzione pubblica. Nelle interviste, i militanti sul terreno ed in esilio hanno detto che il comitato segreto di governo del BRN deve ancora accettare se potrebbero accettare qualcosa che sia meno della indipendenza totale dalla Thailandia. Ma l’organizzazione, che si crede controlli il 90% dei combattenti attivi, accetterebbe volentieri addestramento tecnico da governi stranieri per rafforzare le proprie capacità organizzative e poter comunicare più efficacemente con la comunità internazionale e lo stato thai. Come ogni movimento nazionalista vuole essere accettato come organizzazione legittima.
MARA Patani infatti dall’agosto 2015 quando fu lanciata ufficialmente all’aprile 2016 tenne una serie di incontri con i negoziatori thai per stendere un Termine di Riferimento per i colloqui, TOR. Ma al momento della firma del TOR il governo thailandese si tirò indietro.
Il primo ministro Prayuth, sotto pressione dei media thai, disse che il suo governo non poteva riconoscere MARA Patani sotto ogni forma, perché erano associati con criminali, i combattenti armati sul terreno. Descrisse l’iniziativa di pace con un peso ingiustamente imposto dal governo precedente su di lui.
Chiaramente il conflitto del profondo meridione thai non era la priorità di Prayuth.
“Agli occhi di Bangkok questi gruppi come MARA Patani non sono che ribelli e criminali” ha detto Sunai Phasuk di HRW Thailandia. “La giunta al governo mostra disprezzo per le cause radicali delle lamentele dei musulmani Malay che alimentano l’insorgenza tra le quali vi è la richiesta di decentralizzazione e autodeterminazione”.
Suhaimee Dulasa, direttore delle relazioni internazionali presso l’ Istituto di Patani ha detto di esser perplesso dalla affermazione di Prayuth poiché fu egli stesso ad essere d’accordo con l’istituzione di un gruppo di negoziazione del governo per i colloqui con MARA Patani.
“Credo che il problema sia anche nel nome, Patani, poiché è un chiaro riferimento alla patria storica Malay” ha detto Suhaimee. “Lo stato thai non ha mai voluto dare ai Malay di Patani un qualunque segno di proprietà della loro regione”.
Il BRN sostiene che la sola preoccupazione della giunta è diminuire il numero degli incidenti violenti per mostrare alla gente che si va nella giusta direzione. La giunta non ha mai parlato delle cause radicali del conflitto.
Altri sostengono che la giunta abbia staccato il filo all’iniziativa poiché era convinta che sia il BRN, e non MARA Patani, a controllare la vasta maggioranza dei combattenti sul terreno.
Una volta infatti i militari smascherarono MARA Patani domandando che dichiarassero Chao Airong, un distretto di Narathiwat zona sicura. In altre parole il governo aveva bisogno di una verifica e sapere se parlavano alla gente che poteva ordinare ai combattenti un cessate il fuoco unilaterale, o zona sicura, mentre i rappresentanti thai avrebbero fatto lo steso nel distretto designato. MARA Patani non riuscì.
Un mondo che cambia
Per i separatisti di Malay di Patani una parte del problema è che il mondo che lo sosteneva un tempo è cambiato. Quasi tutti le loro reti di sostenitori internazionali, come Libia, Siria ed altri paesi arabi, non hanno risorse o inclinazioni a finanziarli o addestrarli. Negli anni 80 circa 3000 militanti di Patani si erano addestrati in Libia insieme ad altri rivoluzionari di altri paesi. Negli anni 90 il governo Chaun Leekpai, in un momento di quiete che anticipa la tempesta, riuscì a convincere i paesi arabi a bloccare il sostegno ai separatisti malay di Patani.
Inoltre nel 1998 con l’aiuto dei paesi musulmani dell’ASEAN la Thailandia ebbe lo stato di Osservatore permanente nella Organizzazione di Cooperazione Islamica, un suggello di approvazione dal mondo islamico, un segnale di soddisfazione del trattamento della minoranza musulmana del paese.
Ma mentre Bangkok era indaffarata a negare mediante l’assalto diplomatico il sostegno estero all’insorgenza, cresceva una nuova generazione di militanti. Gli abitanti malay musulmani che condividono lo stesso sentimento e sfiducia per i corpi dello stato thai annunciarono di dare ai combattenti soldi e sostegno logistico. I rappresentanti thai che monitorano il conflitto sostengono che denaro di origine mediorientale continua a trovare le proprie strade verso i movimenti separatisti malay ma non in modo aperto come era negli anni 80.
Una cosa che favorisce i militari è che, almeno fino a febbraio 2016, si è avuto un generale declino degli incidenti per insorgenza nella regione.
Le statistiche stilate da DSW mostravano che dal luglio 2014 il numero di incidenti violenti sia caduto considerevolmente appostandosi a meno di 60 incidenti violenti al mese, quando prima erano 30-400 al mese.
Una causa è l’intelligence migliorata delle autorità thai come anche un’espansione della griglia della sicurezza con un numero maggiore di posti militari nelle aree più remote. L’insorgenza ha anche cambiato la tattica dedicando energie a attacchi maggiori sulle costruzioni pubbliche e sulle pattuglie militari piuttosto che su azioni minori.
Poi a febbraio la violenza è cresciuta di nuovo insieme ad attacchi più audaci come imboscate con bombe lungo le strade ed una grande autobomba che ha ferito sette poliziotti e due civili. Il 13 marzo circa 35 insorgenti presero un ospedale a Cho Airong usandolo per lanciare un attacco al campo dei ranger adiacente. Il distretto stava per essere dichiarato zona sicura ma il BRN e l’insorgenza non avrebbero permesso a MARA Patani o al governo thai di avere qualcosa da mostrare al loro processo di pace raffazzonato.
La violenza continua senza alcuna fine in vista. Il numero di incidenti violenti è saltato a 66 a febbraio, 74 a marzo 2016. Bangkok cerca ancora i modi per far calare i numeri. Fonti del BRN fanno sapere che il BRN sa che il governo thai vuole parlare direttamente con loro ma hanno detto che il BRN non ha fretta alcuna a sedersi al tavolo del negoziato.
“La cosiddetta strategia di pace finisce per essere guidata dalle operazioni militari e la pressione politica che mira a fare arrendere i musulmani malay, offrendo anche dei cessate il fuoco, non per costruire la fiducia per un genuino dialogo per una pace durevole e sostenibile” dice Sunai Phasuk di HRW.
Per Duangsuda che prega per la pace significa che il suo lavoro non è ancora finito.
Don Pathan, Pataniforum.com, Today.com