Domenica 5 maggio gli elettori Malesi voteranno in una delle elezioni generali più contestate della storia del paese. Per la prima volta dall’indipendenza del 1957, c’è la possibilità reale che la coalizione di governo del Barisan Nasional del primo ministro Najib Razak esca sconfitta dall’alleanza Pakatan Ryakat guidata da Anwar Ibrahim.
Come in tutte le elezioni si dibattono problemi sia nazionali che locali con accuse e controaccuse lanciate nei comizi, nei giornali, sulle televisioni e sui siti web, ma fondamentalmente si tratta di una scelta semplice per i tredici milioni gli elettori malesi.
Restano uniti ad una coalizione che, per tutte le accuse di corruzione e favoritismo, ha dato una solida crescita economica e stabilità politica? O vogliono dare il potere ad una vigorosa quanto mai testata opposizione? Le indagini statistiche affermano che le parti sono troppo vicine per definire il vincitore. Ci sono grandi cose in ballo per entrambi i capi.
Per il premier Najib, figlio di un primo ministro, perdere la sua prima elezione da primo ministro (salì al potere con le dimissioni del suo predecessore nel 2009), e mandare il suo partito alla sua prima sconfitta, significherebbe un colpo mortale e forse la fine della sua carriera politica. Sarebbe messa in dubbio la sua guida al partito anche.
Per Anwar Ibrahim potrebbe essere questa l’ultima possibilità, all’età di 65 anni, di completare un ritorno alla politica importante, dopo essere stato licenziato 15 anni fa da vice primo ministro, incarcerato, picchiato e ripetutamente processato per accuse largamente ritenute motivate politicamente. La sconfitta potrebbe rompere definitivamente la coalizione che ha costruito tra il suo partito, il partito islamico PAS e il partito etnico cinese DAP.
Entrambi i capi hanno girato in lungo ed in largo per il paese coscienti dell’importanza di ogni singolo voto. Osservandoli entrambi nello stesso giorno, sono rivelatrici le differenze di stile.
Anwar giunse ad un comizio sotto una pioggia battente in un pezzo di terreno vicino l’autostrada in una periferia di Kuala Lumpur. Nonostante le intemperie e l’ora tarda, si riversò per le strade una folla entusiasta per osservare mentre parlava sprezzante dei risultati del governo e delle promesse con una energia caratteristica. C’era la sensazione di una campagna elettorale di base con un’eccitazione palpabile per un possibile cambiamento.
Najib invece ha scelto una zona residenziale isolata nella periferia di Kuala Lumpur ancora circondata da un pezzo di foresta tropicale. C’erano tanti volontari della sua coalizione con striscioni con su scritto “amiamo il nostro PM”, ma il resto erano famiglie che avevano aspettato 13 anni per trasferirsi negli appartamenti. Il progetto di costruzione privato si era bloccato ed era stato finito con i soldi del governo. L’arrivo del primo ministro era accompagnato da tanta fanfara, canti patriottici e tanto cibo preparato sotto le tende. Najib sembrava provato e il suo discorso mancava della passione dei comizi dell’opposizione.
Ma il suo messaggio era chiaro e in linea con il tema della campagna del Barisan Nasional. Abbiamo finito questo progetto per voi prima di consegnare le chiavi ai residenti. Il governo dello stato che era nelle mani del Pakatan di Ibrahim non lo ha fatto. Ogni volta la propaganda delle TV del BN ricordava i Malesi quello che che il governo aveva fatto per loro. Riso e benzina a basso prezzo, acqua potabile, tutto grazie a generose sovvenzioni.
Questo poi è stato sostenuto da un intero gruppo di regalie nello scorso anno, da buoni per gli impiegati a buoni per i libri di scuola. Separare la spesa per il welfare normale dalle regalie elettorali è difficile, ma una studiosa, Bridget Welsh, ha stimato che si sono spesi almeno 1100 euro per votante.
Un altro argomento usato dalla coalizione di governo per convincere i votanti è la paura di quello che potrebbe accadere se vince l’opposizione, giocando sull’inesperienza e sulle differenti ideologie dei tre partiti. In particolare, nella speranza di allontanare i votanti non musulmani, ha centrato sull’impegno del PAS ad introdurre l’hudud o la pena islamica.
I sondaggi suggeriscono che sempre un maggior numero di cinesi stanno dirigendosi verso il Pakatan, scoraggiati sia dalla corruzione intrinseca e dal modo in cui i cittadini di etnia malay sono ancora favoriti nell’accesso all’istruzione e ai contratti generosi del governo secondo la politica nazionale introdotta negli anni 70.
“Solo un piccolo gruppo e stretto di Malay beneficia della Nuova Politica Economica” dice Stanely Thai, dirigente della Supermax che produce ed esporta prodotti in lattice. Staley sostiene apertamente l’opposizione sostenendo che una sua vittoria è fondamentale per la Malesia. “E’ come n ogni impresa. Se non c’è competizione pensi di essere il migliore ma di fatto non lo sei… Questa è la nostra opportunità perché il paese dica che il sistema bipartitico è il miglior modo per andare avanti. Preferisco rischiare di avere il prossimo governo col Pakatan Rakyat che l’attuale governo del BN.”
Ghazali Yussoff, un uomo di affari Malay che ha fondato la Nusatek, un’industria che fa il test a i componenti per le infrastrutture e per l’industria petrolifera, dice che lui aderisce al Barisan nonostante alcune riserve sui risultati della coalizione. “Non è il momento di cambiare. Il primo ministro Najiib ha fatto bene, la sua politica di trasformazione economica comincia a funzionare. Merita un’altra possibilità. Se non riesce ancora a portare delle riforme allora sarò contento di votare l’opposizione.”
L’ala islamica dell’opposizione sta lavorando duro a ammorbidire l’immagine teocratica e superare la divisione etnica religiosa della Malesia. A Kuala Selangor, uno stato semi rurale dove il PAS ha vinto di poco le scorse elezioni, ho visto il deputato Dzulkefly Ahmad girare per i ristorantini e i negozi accompagnato dalla moglie nel suo scialle musulmano.
Era salutato caldamente dai gestori di negozi per lo più cinesi che indossavano felici la maglietta verde della campagna elettorale e chiedevano copie firmate del suo libro. Non erano preoccupati dai discorsi sulla legge islamica. Quello che importava loro era la reputazione di Dzulkefly Ahmad, onesto e lavoratore.
“Sono un democratico ed islamico” ha detto Dzulkefly Ahmad. “La pena islamica sarà introdotta solo se è democraticamente approvata dalla popolazione malese. Possiamo errare ma almeno permetteteci ci difendere in quello che crediamo”.
Forse il fattore più incerto di queste elezioni è rappresentato dal voto dei nuovi votanti, un quarto dell’elettorato, di come segneranno la propria scheda.
I sondaggi indicano che sono più vicini all’opposizione e sono più pronti a visioni alternative sui social media e sui siti web. Media tradizionali sono quasi tutti apertamente in favore del governo.
“I malesi sono diventati più ricchi e hanno sviluppato nuovi gusti.” dice Ibrahim del Merdeka Center for Opinion Reasearch. “C’è una vena nascosta, un senso di insoddisfazione per le promesse fatte in passato di ripulire il governo, di lottare la corruzione che non sono state mai realizzate.”