La Malesia uscì dalla Grande recessione (la crisi asiatica degli anni 90) più che per capacità quanto per essersi addossato un maggiore peso del debito sia pubblico che privato di quanto comune tra i mercati emergenti.
Mentre la preoccupazione sul debito del settore pubblico è stato meno evidente ultimamente nel dibattito pubblico, quelle paure non si sono mai troppo allontanate. Il livello del debito, che si trova nel 2012 al 52,9% del PIL, non è assolutamente vicino ai carichi onerosi sopportati da molte economie avanzate, ed è cresciuto in parte per il deficit fiscale del 6,7% causato durante la recessione.
Tuttavia il debito resta al di sopra della media regionale e, mentre non è di per sé pericoloso, limita la capacità del governo di contrattaccare le crisi future. I discorsi contro i livelli di debito del governo sono quindi inquadrati in termini di migliorare “il regime fiscale”. Per esempio nell’articolo IV, il fondo monetario internazionale dice questo:
“Lo spazio fiscale malese si è ridotto considerevolmente a seguito della crisi finanziaria… una posizione fiscale strutturalmente debole e un rapporto relativamente alto del debito riduce la capacità di montare risposte fiscali anticicliche nel futuro.”
Ci sono preoccupazioni abbastanza valide sulla sostenibilità delle entrate e spese del governo. La base fiscale è alquanto stretta con meno del 10% della forza lavoro che attualmente paga tasse, mentre un terzo delle entrate del governo viene da tasse e dividendi sull’industria petrolifera, che nel lungo periodo è minacciata da un declino potenziale delle riserve e più di recente da prezzi globali più bassi.
Eppure il debito complessivo rispetto al PIL è al di sotto di ogni soglia critica, ed il governo ha un debito che è per il 95% di origine nazionale. Il sistema finanziario ha un eccesso di liquidità più che sufficiente da assorbire ulteriori problemi di debito, e sia i tassi di interesse nel tempo che il rapporto di servizio del debito sono al minimo da sempre.
Perciò mentre sono sostanzialmente eccessive le preoccupazioni sulla crisi del debito sovrano malese, ha senso ridurre il peso del debito rispetto al PIL. Questo è particolarmente vero dal momento che l’economia sembra crescere lungo il suo percorso di crescita del PIL che vuol dire, se visto con lenti del pensiero macroeconomico neoclassico o keynesiano, che il consolidamento fiscale in Malesia è sia necessario che appropriato.
Resta la questione di come fare. Molto degli impegni finanziari del governo sono fissi: Salari, pensioni e pagamento del servizio di debito costituiscono quasi il 40% della finanziaria del 2013. Il portafoglio di sviluppo (che è interamente finanziato col debito) è discrezionale, ma dei tagli qui ridurrebbero la crescita potenziale futura, e limitare gli investimenti nell’infrastruttura necessaria. Altri due termini più grandi della spesa che potrebbero essere rivisitati sono le forniture e i sussidi che combinati insieme costituiscono il 30% della spesa governativa totale.
Spostandosi verso un approccio di appalti basati su gare aperte, come il governo ha promesso di fare, potrebbe portare alcuni risparmi tappando perdite e sprechi. Ma i guadagni potrebbero qui essere più limitati di quanto si possa immaginare: la gara aperta potrebbe essere in teoria attiva sui costi, ma molti di questi guadagni di efficienza si perdono quando quello da prendere cresce di più ed in complessità.
La riduzione dei sussidi si profila meglio allo scopo di risparmiare sui costi. Il governo federale si aspetta di spendere circa 12 miliardi di dollari su sussidi nel 2013 dei quali la porzione maggiore andrà a mantenere i prezzi dei carburanti sotto i prezzi del mercato. In aggiunta c’è un sussidio nascosto sostenuto dalla compagnia petrolifera Petronas che fornisce gas naturale sotto il prezzo del mercato ai produttori di energia nazionali, all’industria e ai consumatori. Nel 2011 questi sussidi si prendevano 6,1 miliardi di dollari.
La razionalizzazione dei sussidi farebbe tanto per la riduzione del deficit e inizierebbe a lasciare il segno nella riduzione del carico di debito del governo. Mentre questo è stato ricevuto con opposizione civile e politica considerevole comprensibile, non c’è alcun dubbio che qualunque amministrazione futura avrà bisogno di affrontare questo problema. L’implementazione della Tassa dei Servizi e dei Beni (GST) aiuterebbe a chiudere, sul versante delle entrate, il divario fiscale.
Lasciando però da parte lo sforzo per migliorare lo spazio fiscale, è il debito del settore privato a dare più preoccupazioni specialmente quello delle famiglie. I rapporti di riduzione delle imprese malesi sono stati generalmente in declino sin dalla crisi asiatica del 1997-98, ma il debito familiare è costantemente in crescita. Dal 72,6% del PIL nel 2005 il prestito delle famiglie è cresciuto al 80,5% del 2012: mentre i bilanci aziendali si aggiustavano quelli familiari peggioravano.
Questa tendenza è giunta da una confluenza di fattori macroeconomici globali e nazionali come la competizione delle paghe basse, le paghe che progressivamente si allontanavano dalla produttività, la caduta dei tassi di interesse reali, le banche che spostavano l’enfasi dal prestito alle imprese al prestito alle famiglie, i prezzi crescenti della proprietà e un costo della vita maggiore. Mentre molto di questo prestito alle famiglie è stato usato per acquisire proprietà e strumenti finanziari che presumibilmente potrebbero sostenere le passività in una crisi, c’è una preoccupante eterogeneità nella distribuzione e direzione del prestito.
Qualcosa come 80% del prestito è di famiglie che guadagnano più della media, cioè più di 1000 dollari al mese, e il 46,5% a famiglie che guadagnano oltre 1600 dollari al mese. Il rapporto di leva finanziaria dell’ultimo varia nella regione da 2,3 a 3,3 volte le entrate attuali, un livello alquante confortante. Per famiglie che guadagnano meno dei 1000 dollari questo rapporto varia da 4,4 ad un valore incredibile di 9,6 volte le entrate annuali.
Inoltre la componente a più rapida crescita delle famiglie a basso reddito è in prestiti personali che sono forniti sempre più attraverso settori non bancari. Le cifre fanno paura: approvazioni di prestito attraverso settori non bancari sono cresciuti del 64% nel 2012 e il prestito medio personale era di 22 mila dollari per una durata di 20-25 anni.
La fonte di questi prestiti sta fuori dell’ambito di sovrintendenza di controllo della banca centrale, una deficienza che la Banca Centrale Malese spera di colmare con una legge che deve entrare in funzione per la metà del 2013. Legami con il sistema bancario più grande sono limitati dal momento che poche istituzioni finanziarie non bancarie partecipano al mercato interbancario o si affidano al finanziamento complessivo.
Molti di questi beneficiari di basso reddito del prestito sono impiegati con lavori sicuri e i prestiti sono pagati per deduzione diretta dal salario. Il rischio di una crisi sistemica del sistema bancario è perciò improbabile e una qualunque caduta del sistema finanziario sembra contenibile.
Sia quel che sia, lì cade l’impatto socio economico di famiglie a basso reddito con finanze stressate implicitamente sostenute da un governo già indebitato. C’è poco spazio per gli errori con famiglie che pagano fino al 60% delle loro entrate disponibili su pagamenti principali e interessi del debito. Sebbene il sistema finanziario malese sembra essere isolato abbastanza dai rischi che si accumulano dal debito di famiglie a basso reddito, il governo non lo è.
Questo è un problema di gran lunga più difficile da risolvere del peso del debito diretto ed esplicito. Mentre il governo ha dei margini nel determinare i propri flussi di entrata attraverso la politica fiscale, le famiglie no. Inoltre con sufficiente volontà politica, il governo può cambiare attitudine per per incidere la sua posizione finanziaria. Ma ridurre la leva finanziaria delle famiglie cambiando il comportamento e gli incentivi finanziari di migliaia di famiglie è una sfida politica di grandezza più difficile.
Rafforzare la politica monetaria e mettere in azione regole macro prudenti sul prestito possono ridurre il prestito, ma aumentano anche la fragilità finanziaria attraverso alti tassi di interesse. Il consolidamento fiscale si richiede certamente per accrescere lo spazio fiscale per trattare ogni possibile crisi del debito delle famiglie, ma questo si porta con sé gli stessi rischi connessi. C’è certamente l’opzione di una maturazione del problema ma questo implica un cambiamento nell’attitudine al prestito che non sembra proprio all’orizzonte. E non sembra esserci nessuna facile risposta a questo quesito.
Nurhisham Hussein, Malaysiasdilemma.wordpress.com
MALESIA: Le regalie elettorali ed il debito malese
Non si esagera quando si afferma che la corsa alle elezioni generali del 2013, le tredicesime da quando è nata la Malesia, sono state caratterizzate in modo predominante e triste da incredibili regalie particolarmente nella forma di denaro in tale quantità da fare arrossire Babbo Natale.
A memoria d’uomo, nessuna altra elezione generale malese ha visto così tanti elettori inondati di denaro, libri e buoni per telefonini, ed altre promesse di denaro, di promozione sul posto di lavoro, di aumento salariale, bonus monetari, prestiti e progetti per la casa, tra le tante cose. Tutto questo gronda da un mero governo provvisorio come se non ci sarà più domani.
Tante comunità, politiche, culturali ed etniche, che di solito esistono ai margini della comunità improvvisamente si trovano ad essere corteggiati, e curati, dal governo provvisorio, spesso con migliaia di dollari malesi (1 euro = 5 dollari malesi) che vengono buttati loro in faccia. Il fatto che tutto questo è fatto a poche settimane dal voto tradisce la falsità e peggio il disprezzo proprio verso queste comunità.
Questa compravendita di voti ci costringe a porre qualche domanda: La prima, non è responsabilità di un governo provvisorio avere cura di tutte le comunità che richiedono aiuto per tutto l’anno? E non solo quando si avvicina l fine del mandato di cinque del governo? D’altronde, non sono queste regalie una ammissione indiretta da parte del governo provvisorio della propria negligenza nel dovere morale di innalzare le condizioni di vita delle comunità interessate?
Se il governo è davvero serio nell’affrontare i problemi della povertà, della casa, dei senza terra e il dolore delle madri singole, tra i tanti, non dovrebbe offrire uno studio completo per esaminare le cause sottostanti di questi problemi economici e sociali?
Non dovrebbe offrire strategie e politiche efficaci e note per risolvere questi problemi? Sarebbe molto meglio che rendere chi è in bisogno dipendente a vita dalle regalie e dalle promesse e grato naturalmente al governo che con difficoltà risolve i propri problemi.
Non sarebbe meglio e più dignitoso, secondo il vecchio detto popolare, insegnare a pescare piuttosto che fornire soltanto il pesce? Il governo non dovrebbe cercare strategie per creare lavoro per i giovani e per chiunque di povere origini? Non dovrebbe impegnarsi a costruire case popolari? Per le madri singole o per quelle che lavorano non dovrebbe costruire in tutta coscienza asili nido? O fornire incentivi finanziari e programmi di addestramento per quelli che sono in bisogno indipendentemente dalla loro etnia, religione o affiliazione politica?
Inoltre, l’emissione delle regalie in denaro diventa piuttosto inconsistente specialmente quando il denaro dato via prima delle elezioni viene essenzialmente dal portafogli dei cittadini attraverso le tasse e non dal portafoglio dei politici al governo e dai suoi partiti. In questo senso quindi il cittadino davvero non ha da ringraziare molto il governo provvisorio, quando comincia a chiedersi se queste regalie non finiscono per gravare sul governo futuro di gravi debiti che a loro volta devono essere ripagati in qualche modo.
Regalie e politiche populiste possono hanno un loro limite oltre il quale alla fine colpiscono e feriscono proprio la dignità umana delle persone che queste politiche miravano ad aiutare.
Mustafa K Anuar, Aliran