Il summit di due giorni tra Asia-Europa si avrà in Mongolia e vedrà la presenza anche della Cina col premier Li Keqiang.
“Il segretario Yasay discuterà nel contesto dell’agenda dell’ASEM l’approccio pacifico e basato sulle regole delle Filippine sul mare cinese meridionale e del bisogno delle parti di rispettare la recente decisione” ha detto il ministero degli esteri filippino.
Questa è stata la più forte dichiarazione filippina dopo il verdetto che rigetta come illegali le richieste cinesi di diritti storici sull’intero mare cinese meridionale, ricco di risorse e vitale strategicamente per molti paesi al mondo.
La Cina dal canto suo ha dichiarato che ignorerà il verdetto de L’Aia ed ha posto la questione di una zona di difesa aerea e del rischio di un maggior confronto scontro nell’area.
La Cina ha anche detto che questo verdetto non deve essere posto nell’agenda del ASEM perché “luogo inappropriato” per discutere la questione. La dichiarazione di una zona di difesa aerea si opporrebbe direttamente alla ricerca di libertà di navigazione e sorvolo che gli USA pongono da tempo.
Nelle prime dichiarazioni a caldo Yasay non chiese alla Cina il rispetto dell’arbitrato invitando tutti ad esercitare attenzione e sobrietà nelle dichiarazioni, mostrando un atteggiamento che non era affatto gioioso. La politica di Duterte su questa questione vuole distanziarsi da quella di Aquino infatti provando a cercare una interlocuzione bilaterale con la Cina.
L’amministrazione Aquino nel 2013 lanciò la richiesta di un arbitrato internazionale sulla questione senza però mai sollevare il problema della sovranità ma il carattere legale delle caratteristiche fisiche, se cioè rocce affioranti, isole emergenti in bassa marea e suoli recuperati possano essere considerati isole con una propria zona economica esclusiva. Si ricorderà come nel 2012 a Scarborough Shoal le Filippine provarono ad esercitare la loro sovranità inviando una nave militare per arrestare pescatori cinesi. Di lì ci fu uno stallo molto forte con la guardia costiera cinese ed in pratica le Filippine “persero” quella barriera corallina. I cinesi infatti rifiutarono di allontanarsi dopo che la mediazione USA aveva permesso di dirimere lo stallo e fatto allontanare la nave filippina.
Da parte sua la Cina ha fatto sapere che al momento un colloquio bilaterale potrebbe essere possibile solo se le Filippine rigettassero l’arbitrato, riconoscendo implicitamente la sovranità cinese che si baserebbe, secondo la Cina stessa sulla storica presenza cinese, nelle isole.
Questa richiesta è stata rigettata in pieno dal verdetto arbitrale sia nei diritti storici in mare che nella mappa delle nove linee. Ha riconosciuto i diritti cinesi solo nella piattaforma continentale che si estende dall’isola di Hainan.