Il ministero cinese delle risorse naturali il 28 agosto ha prodotto l’edizione del 2023 della Mappa Ufficiale della Cina che pare essere un ritorno alla mappa cinese delle dieci linee.
Questa decisione cinese di pubblicare la nuova Mappa Ufficiale della Cina 2023 delle dieci linee è stata presa per mettere sotto i riflettori queste questioni e riaffermare la propria posizione in previsione dei prossimi summit multilaterali.
Su di essa sono segnate le frontiere e i reclami territoriali sia nel mare cinese meridionale con la mappa delle nove linee, che sulle frontiere con Russia e India, oltre a considerare Taiwan come territorio cinese,
La tempistica di questa pubblicazione fa pensare che questa pubblicazione sia stata pensata per i prossimi summit dell’ASEAN e del G20 che saranno il primo dal 5 al 7 settembre a Giacarta, mentre il summit del G20 si terrà a Nuova Dehli dal 9 al 10 settembre.
Questa iniziativa di una nuova mappa ufficiale della Cina 2023 serve un po’ ad agitare le acque e tenere vive tutti i propri reclami territoriali.
Secondo alcuni analisti, questa rivendicazione serve a porre pressione sui summit e sui partecipanti senza voler forzare una conclusione sulle rivendicazioni in opposizione o complicare i negoziati in corso, quanto piuttosto a voler riaffermare queste sue rivendicazioni sempre presenti.
A questa pubblicazione sono seguite le reazioni di molti dei paesi dell’ASEAN, quali Vietnam, Malesia, Filippine, India oltre, ovviamente, a Taiwan.
Anche l’Indonesia si è pronunciata nonostante non vanti reclami di sovranità in competizione alla Cina, rigettando il reclamo cinese sul mare delle isole Natuna già incluse nella mappa delle nove linee e ribadite nella nuova mappa ufficiale.
Il ministero degli esteri cinese ha detto di sperare che le parti interessate considerino questa nuova mappa in modo oggettivo e razionale.
“Ci auguriamo che le parti interessate possano rimanere obiettive e calme, evitando di interpretare in modo eccessivo la questione”.
Il politologo malese dell’Università di Tasmania James Chin ritiene che il tempismo nella produzione della mappa da dieci linea sia una caratteristica tipica della diplomazia cinese:
“I tempi sono molto importanti. Loro vogliono che questo sia un punto di discussione nei summit e vogliono mostrare di essere coerenti nel rivendicare questi territori come propri”, oltre ad indicare alla comunità internazionale di non riconoscere la decisione della Corte Permanente dell’Arbitrato, che nel 2016 negava ogni base legale ai diritti storici presenti nella mappa delle nove linee, e di saper puntare i piedi.
Mentre includendo Taiwan la Cina reitera che non ha alcuna intenzione a rinunciarvi e che è disposta ad usare la forza, le rivendicazioni di terra con l’India riguardano l’Arunchal Pradesh e alcuni punti del Laddakh che sono fortemente sensibili per l’India.
L’India ha presentato una forte protesta attraverso i canali diplomatici in risposta alla pubblicazione dell’edizione 2023 della Carta Standard della Cina, dove la fonte di tensione tra i due Paesi confinanti è una disputa di confine di 3.440 km lungo l’Himalaya dove non ci sono confini chiari.
Quali sono state le reazioni dei paesi dell’ASEAN alla pubblicazione della mappa ufficiale della Cina?
Per molti analisti bisogna attendersi forti reazioni da parte dei paesi che hanno proprie rivendicazioni di sovranità in conflitto con quelle cinesi, come Malesia, Brunei, Filippine, Vietnam, Indonesia, oltre che Taiwan.
Ci potrebbero essere forti confronti in mare come già accaduto con le Filippine a Second Thomas Shoal e come è accaduto con pescherecci e guardia costa vietnamiti.
Bisogna anche considerare che le Filippine stanno stringendo legami di collaborazione alla difesa con Giappone, Australia oltre che USA. Si parla anche di pattugliamenti in mare insieme a Giappone e Australia dopo le esercitazioni mirate alla riconquista di isole perdute con la presenza di navi australiane, Giapponesi e USA.
Non sono esclusi anche confronti in mare vicino a Sarawak e Sabah dove le flottiglie cinesi scortate dalla Guardia Costiera sono presenti costantemente.
Alle dichiarazioni di protesta vietnamite, filippine, indonesiane e malesi, al momento non si è fatta sentire né Singapore, che però insieme alla Thailandia non ha rivendicazioni in competizione con la Cina e non è toccata dalla mappa a dieci linee. Assente è anche il Brunei.
L’ASEAN come organizzazione è improbabile che avrà una posizione unitaria come già visto in passato perché alcuni paesi come Laos e Cambogia apertamente sostengono le rivendicazioni cinesi. Inoltre la prospettiva di investimenti strutturali cinesi o di sostegno fa sì che molti paesi si trattengano dal dare voce alle proprie rivendicazioni in momenti ufficiali dell’ASEAN.
La reazione indonesiana, che è presidente di turno ASEAN fino ad ottobre, è di sostenere che la mappa delle dieci linee deve essere conforme alla Convenzione dell’ONU sul diritto in Mare del 1982, UNCLOS, come dichiarato dalla ministra degli esteri Retno Marsudi ad una commissione parlamentare indonesiana.
“La posizione indonesiana non è nuova ma è una posizione che è sempre stata trasmessa con coerenza” ha detto la ministra. Le mappe cinesi si estendono fino alle isole Natuna che i cinesi considerano come loro luogo di pesca storico, ben oltre le acque di Sabah e Sarawak e del Brunei.
Secondo la legge dell’UNCLOS del 1982 nelle acque delle zone economiche esclusive gli stati hanno diritto di esplorare e gestire le risorse naturali e biologiche.
Il ministro degli esteri malese ha detto che la Malesia non riconosce le rivendicazioni cinesi nel Mare Cinese Meridionale come visti nella Mappa Ufficiale della Cina del 2023 che rivendica aree di mare della zona economica esclusiva malese.
“La Mappa non ha alcuna azione vincolante sulla Malesia che rigetta sempre ogni reclamo straniero sulla sovranità o diritti sovrani sulle caratteristiche di mare o sulle aree di mare secondo la mappa malese del 1979”.
La Malesia sostiene che si tratta di una questione che deve essere gestita pacificamente ed in modo razionale con dialogo e negoziato secondo la legge internazionale tra cui l’UNCLOS del 1982. Inoltre la Malesia è impegnata dell’applicazione della dichiarazione sulla condotta delle parti in modo efficace e globale.
Anche il ministro degli esteri filippino ha fatto una dichiarazione per rigettare la versione del 2023 della mappa ufficiale cinese a causa dell’inclusione delle nove linee, ora dieci, che mostra i confini cinesi in mare.
“Questo ultimo tentativo di legittimare la presunta sovranità e giurisdizione cinesi sulle caratteristiche di mare e aree marittime filippine non ha alcuna base nella legge internazionale specialmente nella legge dell’UNCLOS.”
Il Ministero filippino ha ricordato il verdetto della Corte Permanente dell’Arbitrato che nel 2016 invalidò la mappa dalle nove linee affermando che “le aree di mare del Mare Cinese Meridionale che comprende la parte pertinente della mappa a nove linee sono contrarie alla convenzione e senza effetto di legge nella misura in cui superano i limiti geografici e sostanziali dei diritti marittimi della Cina ai sensi della Convenzione”.
Le Filippine invitano perciò la Cina ad agire in modo responsabile e sottostare agli obblighi che provengono dall’UNCLOS.
Anche il Vietnam, con cui sovente la Cina si scontra in mare ma cn cui ha forti legami economici ed un partenariato globale strategico, ha espresso la propria contrarietà alla “mappa ufficiale cinese” che è una “violazione della sua sovranità, dei diritti di sovranità e giurisdizione su regioni di mare come definiti dall’UNCLOS”.
La mappa ufficiale cinese infatti include tra nove linee le isole vietnamite nelle Spratly e le Paracelso, che la Cina conquistò nel 1974 e che ha da allora militarizzato.
Il ministero vietnamita ha detto che di conseguenza che i reclami cinesi non hanno valore e violano la legge internazionale e quella dell’UNCLOS.