L’altro fratello Abdullah Maute sembra sia stato ucciso precedentemente durante gli scontri.
Le forze fedeli al ISIS nelle Filippine hanno perciò perso tre capi importanti lasciando un vuoto di dirigenza nel movimento.
L’annuncio è avvenuto nonostante che esistano ancora qualche decina di militanti armati tra i quali qualche stranieri, asserragliati in un’area ristretta.
“Dichiaro in questo modo Marawi città liberata dall’influenza terroristica. La cosa segna l’inizio della riabilitazione” ha detto Duterte durante la visita alla città senza però annunciare nulla sulla legge marziale che è in vigore a Mindanao da quando iniziò la battaglia di Marawi.
Secondo il generale Restituto Padilla, portavoce militare, le operazioni a Marawi continuano finché non si scoveranno tutti i militanti armati, che sarebbero tra venti e trenta i quali avrebbero una ventina di ostaggi.
Resta ancora uccel di bosco Mahmud Ahmad che ha avuto il ruolo di finanziatore del gruppo trasferendo 600 mila dollari attraverso l’Indonesia verso Mindanao usando i canali offerti da Western Union.
Mahmud, che è il probabile papabile ad emiro del sudestasiatico, ha anche lavorato ad attirare militanti stranieri a combattere a Marawi ed ha lavorato anche alla pianificazione dell’attacco a Marawi quando truppe filippine furono poste sulle presunte tracce di Isnilon Hapilon finendo così in una imboscata che dura ancora dopo cinque mesi.
C’è un vuoto di dirigenza che sembra essere, secondo Abuza, la figura chiave nella regione che possa prendere il ruolo di Emiro per il sudestasiatico.
“I primi quattro militanti del sudestasiatico in Siria sono tutti morti. Questo lascia Mahmud se è davvero riuscito a scappare da Marawi.” dice Zachary Abuza su FreeMalaysiaToday.
Mahmud che ha una laurea in teologia islamica è la persona rispettata nella rete dei militanti, con un addestramento nei campi di Al Qaeda in Afghanistan.
“Se Mahmud è vivo, è davvero uno da tenere d’occhio. Ha legami con il centro del ISIS o quello che ne rimane ed è probabile che sia stato lui a produrre i media del ISIS fatti a Marawi. Haanche un addestramento religioso o teologico” dice Abuza.
In precedenza, prima dell’arrivo dei fratelli Maute, un altro gruppo filippino AKP era sotto osservazione per i suoi legami con i jihaisti indonesiani.
“AKP è rimasto relativamente non toccato negli scontri recenti ed ha legami più stabili con la rete jihadista indonesiana. Forse attendono di riuscire a riprendere i cocci” dice Abuza che ricorda che bisogna attendersi un possibile nuovo raggrupparsi.
“Quello che resta dei Maute potrà raggrupparsi di nuovo perché nell’area ci sono significativi rifugi. Sono per lo meno protetti passivamente dal MILF di Macapagar che fa da deterrente all’intervento militare, se non dà protezione attiva.”
Il MILF comunque in questi ultimi mesi si è mostrato attivo nel combattere ed eliminare dal proprio territorio gruppi del BIFF che sono anch’essi affiliati al ISIS.
La preoccupazione reale è che il governo filippino sia realmente ossessionato dal decapitare il comando dell’insorgenza. “Qualcuno però si farà avanti. Lo fanno sempre. Alcuni sono più carismatici e capi migliori di altri” dice Abuza che teme che il MILF possa perdere altri militanti tra i quali ci sono tanti possibili candidati.
“C’è la preoccupazione reale che le forze armate filippine dichiareranno l’ISIS sconfitto e lasceranno andare tutto. Si capisce che le truppe hanno combattuto per oltre cinque mesi, ma bisogna preoccuparsi della compiacenza filippina. Questa ci ha portato fini qui in primo luogo”
La compiacenza filippina si manifestò con la sottovalutazione delle forze legate all’ISIS quando i militari provarono a Marawi ad arrestare Isnilon Hapilon in quella che si rivelò un’imboscata, e si ritrovarono circondati da forze di guerriglieri.
In quei giorni tutta la dirigenza filippina se ne andò in Russia da dove fu proclamata la legge marziale.
L’aver liberato Marawi è un successo reso possibile anche grazie al lavoro svolto dalle forze speciali americane a cui i militari filippini si sono rivolti indipendentemente dall’opinione di Duterte e delle sue tirate antiamericane.
Gli USA hanno fornito equipaggiamento per combattere e intelligence, che sono stati fondamentali per capovolgere le sorti di questa battaglia, ad un esercito che si è sempre mosso per combattere la guerriglia nella giungla piuttosto che la guerriglia in città.
Un generale in pensione ha invece criticato la gestione di questa guerra perché i militanti armati hanno tenuto in scacco la nazione ed i militari. “E’ un conflitto che si è dimostrato una sfida importante per il governo ed il suo apparato di sicurezza con gravi implicazioni per la guerra contro il terrorismo”
Molti comunque sono scettici nel credere che la morte di due capi possano portare al crollo della minaccia armata. La storia filippina a Mindanao parla chiaro e se non si affrontano le ingiustizie storiche contro la popolazione di Mindanao l’insorgenza persisterà.
Per questo di certo sono importantissimi i colloqui di pace e la conclusione della questione della Bangsamoro che, da decenni, si protrae senza che si intraveda la fine del tunnel. La morte di un capo non significa necessariamente una fine alla presenza di questi gruppi armati.