L’elezione del figlio del dittatore filippino Marcos fu vista come la fine della democrazia filippina, ma finisce per sorprendere i critici liberali.
Quando Ferdinando Marcos Figlio, il figlio omonimo del dittatore filippino, vinse a man bassa le elezioni presidenziali del 2022, in molti hanno temuto che lui avrebbe ricalcato le orme del padre.
Altri temevano che si sarebbe avvalso dell’eredità populista ed autoritaria del suo predecessore Rodrigo Duterte che presiedette a diffuse violazioni di diritti umani nell’impunità nei suoi sei anni di regno del terrore.
“Marcos figlio potrebbe rivelarsi non solo un debordante arrivista, ma anche una minaccia insidiosa per la democrazia filippina.” il sottoscritto avvisò in precedenza.
Invece, sorprendendo molti, il nuovo presidente è emerso sia come un improbabile riformatore della politica filippina sia un difensore tosto dei diritti sovrani nel Mare Cinese Meridionale. Finora non ha né emulato il padre, che istituì una dittatura brutale al picco della Guerra Fredda, né il suo immediato predecessore, Rodrigo Duterte, che presiedette un regno demagogico del terrore tra il 2016 e 2022.
Al contrario, Marcos Jr. ha promosso un radicale riorientamento della politica interna e della politica estera del suo Paese. Se appare esagerato definirlo un campione conscio della democrazia liberale, potrebbe non essere irragionevole notare una serie inattesa di condizioni più favorevoli alla democrazia che la sua amministrazione ha inaugurato.
In ambito domestico, ha ricalibrato la violenta guerra alla droga del suo predecessore a favore di un approccio più orientato alla riabilitazione, mentre ha tolto dalle agenzie fondamentali della sicurezza elementi fascisti. La presidenza di Marcos Figlio ha coinciso con le vittorie legali da parte di figure importanti della società civile in processi che risalgono agli anni di Duterte. Le figure più note sono la giornalista Maria Ressa, premio Nobel della pace del 2021, che vide sei incriminazioni per evasione fiscale e per diffamazione, e la ex-senatrice Leila de Lima che ha dovuto sottostare ad accuse legate al traffico di droga.
Rifuggendo alla retorica incendiaria e di scontro, Marcos Figlio dal modo di parlare soave ha spesso parlato di riconciliazione e unità nazionale persino durante l’anniversario della rivoluzione popolare che rovesciò il regime del padre. Ed ha anche espresso apertura alla possibilità di lavorare con la Corte Penale Internazionale, ICC, mentre indaga sulle accuse di atrocità di massa della guerra da terra bruciata alla droga di Duterte.
E altrettanto importante è la politica estera di Marcos Figlio. Durante lo scorso anno, ha rafforzato sia la cooperazione di sicurezza con gli alleati tradizionali occidentali sia con potenze regionali di simili vedute quali l’India, per tenere sotto controllo l’espansionismo cinese nel mare cinese meridionale.
In particolare ha accresciuto il numero di basi militari da condividere con il Pentagono secondo il trattato EDCA, ha iniziato pattugliamenti congiunti aerei e navali con le nazioni alleate, ed ha adottato una iniziativa attiva di trasparenza che denuncia le attività illegali cinesi nelle acque contese in contravvenzione della legge internazionale.
Marcos Figlio non solo ha snobbato il summit di Pechino del BRI, ma la sua amministrazione ha rallentato quasi del tutto i grandi progetti infrastrutturali della Cina nelle Filippine.
Il presidente ha abbracciato una forma distinta di tecno-populismo che combina la nostalgia autoritaria con il discorso macroeconomico di mentalità elevata. La traiettoria in gran parte inattesa della spinta politica di Marcos, comunque, non è però tanto il risultato di ritrovate convinzioni progressiste, quanto piuttosto un segno dello spietato pragmatismo che ha sempre sostenuto il successo politico della sua famigerata dinastia.
Con la voglia di riabilitare del tutto la reputazione familiare e di compiacere ai suoi nuovi patroni strategici nell’Occidente, il presidente è intento nel proiettarsi come un riformatore democratico, se non colui che redime la democrazia filippina.
Lui è ben nel mezzo di una lotta di potere con i suoi già alleati della dinastia Duterte. Sara Duterte, figlia di Rodrigo, mantiene attualmente la vicepresidenza, eletta in separate elezioni, che non ha impedito al campo dei Duterte di opporsi alle politiche di Marcos. Il risultato è uno dei conflitti politici più conseguenti della storia filippina, ed uno che rischia di sollevare lo spettro di una guerra civile.
Alleanza del disagio
Nell’anno delle elezioni del 2022 l’asse Marcos-Duterte appariva solido. In corsa come “UniTeam”, anche se nominalmente ognuno di loro riempiva un biglietto per una sola persona, Marcos Jr. e Sara Duterte si sono uniti per conquistare un numero di voti senza precedenti, pari a tre quinti del totale. È stata la prima volta in più di mezzo secolo che i candidati presidenziali e vicepresidenziali vincenti hanno raccolto la maggioranza dei voti.
Questo ha anche significato che l’opposizione liberale ha perso la sua terza elezione consecutiva senza riuscire ad impedire l’ascesa meteorica al potere di Duterte vivendo una decimazione completa alle elezioni intermedie del 2019. Dopo che un solo candidato progressista, Risa Hontiveros, ha vinto una carica nazionale nel 2022 (detiene un seggio al Senato), i leader dell’opposizione si sono ritirati. L’ex leader dell’opposizione Leni Robredo si è dedicata alle attività della società civile e alla vita accademica, mentre altri sono diventati influencer sui social media e vlogger di viaggio.
Paradossalmente proprio la debolezza dell’opposizione ha dato una mano ad accelerare la crescita delle tensioni nell’alleanza Marcos Duterte.
Poiché non c’è una minaccia che li tiene insieme, le due note dinastie hanno iniziato a sfidarsi l’un l’altra con una feroce intensità. Il primo segno dei problemi giunse a ridosso delle elezioni quando il presidente eletto Marcos si rimangiò la promessa di nominare Sara Duterte a ministro della difesa.
Dopo questo colpo i sostenitori di Duterte gridarono al tradimento e chiesero pubblicamente di tornare sulla decisione. La giovane Duterte era in cima in tutti i sondaggi prima delle elezioni del 2022 per sfilarsi dalla contesa presidenziale all’ultimo momento. Lei era la vera forza dietro il successo di UniTeam, e Marcos Figlio, che nel 2016 aveva perso la corsa per la vicepresidenza e che era appena al 15% nei sondaggi prima delle elezioni del 2022, probabilmente non si sarebbe candidato se Sara Duterte avesse continuato a perseguire la presidenza.
Ulteriori segni di una frattura insanabile emersero dopo il primo Messaggio di Stato della Nazione di Marcos fatto a luglio 2022. Escluse dal discorso la guerra alla droga, i cambiamenti costituzionali o la lotta contro la guerriglia comunista, i tre caposaldi più cari alla base di Duterte. Invece di abbracciare l’agenda politica del suo predecessore, Marcos Figlio indicò di volersi impegnare nello sviluppo economico e a conquistare la comunità internazionale.
Cionondimeno, sia Rodrigo che Sara Duterte rimasero riluttanti in silenzio nei primi mesi dell’amministrazione di Marcos Figlio, il quale provò a rasserenarli provando ripetutamente a proiettare l’immagine di continuità di politiche persino salutando una nuova epoca di relazioni bilaterali con la Cina e scegliendo Pechino per la sua prima visita internazionale da presidente, come aveva fatto in precedenza Duterte.
Si tolgono i guanti
Il viaggio in Cina di Marcos è finito comunque con una amara delusione, creando i presupposti per un cambio radicale della politica estera filippina. Nel momento in cui il presidente cinese Xi Jinping si rifiuta di offrire alcuna concessione sia nel Mare Cinese Meridionale o di dare seguito alle promesse di investire nell’economia filippina, Marcos Figlio ha deciso di tornare agli alleati occidentali che hanno abbracciato un nuovo Marcos, dopo aver abbracciato il padre dittatore.
A poche settimane dal ritorno da Pechino, Marcos Figlio diede il via libera all’espansione del EDCA dando così accesso al Pentagono a quattro nuove basi militari tra cui due poca distanza da Taiwan. In aggiunta Marcos Figlio ha spinto per una nuova alleanza Giappone-Filippine-USA dando il benvenuto a nuovi accordi di difesa con varie potenze regionali dell’Asia Pacifico.
Ai legami rivitalizzati con gli alleati tradizionali si è aggiunta una posizione più dura nel Mare Cinese Meridionale. La Marina Filippina e la Guardia Costiera hanno iniziato a rendere pubblico in modo regolare i confronti in mare che hanno con le forze marittime cinesi. L’amministrazione Marcos ha promesso di rafforzare la posizione del paese nelle acque contestate particolarmente alla Barra di Second Thomas e nelle isole Spratly.
La direzione della nuova politica estera di Marcos Figlio ha un forte senso politico. Ha compiaciuto sia i suoi alleati occidentali e i militari filippini addestrati in USA mentre allo stesso tempo ripulisce la sua immagine di patriota nella mente della maggioranza dei filippini che sostengono una posizione più dura contro la Cina nel Mare della Cina, ricco di petrolio e pesca.
Infuriato per tutto ciò Rodrigo Duterte ha accresciuto gli attacchi contro Marcos. Ha avvertito che in questo modo le Filippine accettando più forze USA sul proprio suolo invitano una potenziale guerra nucleare con la Cina. Con un atto senza precedenti da parte di un ex-presidente filippino, ha creato in modo unilaterale un incontro in Cina con la presidenza cinese senza coordinarsi del tutto con l’amministrazione.
Allo stesso tempo un altro presidente e alleato di Duterte e vicepresidente della Camera, Gloria Macapagal Arroyo, avrebbe provato a scacciare la presidenza della Camera allineata con Marcos.
Per tutta risposta il presidente della camera Martin Romualdez, primo cugino e braccio destro di Marcos, ha cacciato gradualmente Arroyo e i suoi alleati dalla presidenza del Congresso. La vicepresidente Duterte ha provato ad attaccare Romualdez facendo scoccare uno scontro pubblico alla sommità della classe politica filippina.
L’attuale presidenza del congresso filippino allineata con Marcos ha risposto impedendo a Sara Duterte di accedere ai fondi confidenziali per le proteste pubbliche secondo cui abusava dei soldi di chi paga le tasse.
Rodrigo Duterte poi ha condannato il Congresso come un’istituzione “marcia” mentre una stazione televisiva legata ai Duterte SMNI accusava di corruzione Romualdez. Con una risposta veloce il campo dei Marcos ha minacciato di mettere sotto accusa Sara Duterte orchestrando la sospensione del SMNI dove Rodrigo Duterte ha una sua regolare trasmissione.
Più esiziali per il campo di Duterte sono state le vittorie in tribunale di uno dei capi dell’opposizione come Leila de Lima, già critica molto aspra dell’ex presidente, che minaccia di perseguire chi l’ha torturata dopo aver passato oltre cinque anni dietro le sbarre per accuse motivate politicamente. A ciò si aggiunge l’apertura di Marcos alla potenziale cooperazione con l’ICC che starebbe preparando la propria causa contro i ministri principali dell’amministrazione Duterte.
Quest’ultima mossa piace sia ai partner occidentali che ai critici liberali filippini che scoprono di provare un proverbiale “nuovo strano rispetto” per il figlio del dittatore alla luce dell’ambiente meno autoritario che si è sviluppato sotto la sua amministrazione.
Le proteste diffuse dei sostenitori di Duterte potrebbero ancora cambiare le cose e la nuova apertura potrebbe favorire il campo di Duterte a mobilitare la sua base prima delle elezioni intermedie del 2025. Da quanto appare, Marcos Figlio sembra preferire usare la carta dell’ICC come una leva potenziale piuttosto che rischiare uno scontro totale con i Duterte. Il presidente attuale poco avvezzo ai rischi sembra agire con cautela. Cerca di rendere marginali la dinastia dei Duterte prima di gettare le fondamenta per il cambiamento costituzionale come seguito alle elezioni intermedie del 2025.
Se dovesse aver successo il suo piano, Marcos potrebbe preferire un cambio verso un sistema parlamentare, gestito forse da Romualdez, dopo la fine nel 2028 della presidenza non rinnovabile che dura sei anni.
Quindi il figlio del dittatore filippino potrebbe alla fine rivelarsi come una minaccia insidiosa alla democrazia filippina, per quanto in una maniera più occulta, come anche ai suoi ex alleati UniTeam.
Ma Duterte vorrà scivolare piano piano nell’oblio politico? Appare dubbio. Marcos potrebbe anche essere uno che naturalmente evita i conflitti, ma avrà bisogni di prepararsi ad una guerra totale con la potente dinastia di Mindanao che ancora ambisce ad occupare il palazzo presidenziale.
Richard Heydarian, Journal of Democracy