Marcos Figlio in Cina e la crisi infrastrutturale nelle Filippine

Il viaggio inaugurale in Cina del presidente Marcos Figlio, prima grande visita all’estero prevista tra il 3 e il 5 di gennaio, giunge appena dopo una urgente crisi infrastrutturale nelle Filippine.

Nel fine settimana un blocco dell’elettricità ha colpito 361 voli e 65 mila passeggeri all’aeroporto NAIA di Manila, Ninoy Aquino International Airport, ed ha raggiunto i giornali di tutto il mondo a sottolineare la profondità della crisi delle infrastrutture pubbliche del paese, una deficienza per la quale la Cina è univocamente qualificata ad affrontare con la sua Nuova Via della Seta.

crisi infrastrutturale nelle Filippine e blocco spazio aereo

L’improvviso blocco dell’elettricità ha comportato lunghissime file e scene di caos ai banchi dei check-in del paese e non solo, perché migliaia di filippini si arrabattavano disperatamente per fare una nuova prenotazione del loro volo ed evitare il limbo di vari giorni in uno degli aeroporti più arretrati del mondo.

La confusione dell’aeroporto ha sottolineato una crisi energetica più fondamentale nelle Filippine. Lo scorso anno si sono visti massicci blocchi di elettricità nel paese che coincidevano con picchi del costo dell’elettricità che hanno spinto i grandi gruppi industriali ad avvisare dei rischi di grandi sconvolgimento economici a causa di rifornimenti energetici inaffidabili e costosi.

Il ministro dell’energia del paese ha ammesso che le prospettive di questo anno saranno sempre difficili anche perché la fonte principale di gas naturale del paese di Malampaya si esaurirà alla fine del prossimo anno. Di fronte al debito pubblico crescente e all’inflazione, Marcos Figlio cerca disperatamente nuovi capitali ed investimenti stranieri a sostenere il suo programma economico.

E’ vero che Marcos Figlio ha ereditato il problema. Nel 2017 la Banca di Sviluppo Asiatica metteva in guardia sulla mancanza di finanziamenti strutturali da 459 miliardi di dollari all’anno nella regione e degli 11 miliardi di dollari per le Filippine.

Questa mancanza è più apparente al NAIA che fu fondata 75 anni fa, quando si chiamava Manila International Airport che si trova nel cuore di Manila e che deve dibattersi da decenni con il traffico soffocante e la cattiva connettività.

Lo scorso anno NAIA fu definito come uno dei tre aeroporti più stressanti in Asia ed è definito come il peggior aeroporto per i viaggiatori di affari secondo Bounce’s Business Class Index.

“L’entrata principale alle Filippine, l’aeroporto di Manila, è stato il peggiore in tre categorie differenti: il numero di destinazioni, la puntualità e la classificazione di Skytrax” scriveva Bounce.

Come se i cattivi servizi e le cattive strutture non fossero sufficienti, il principale aeroporto filippino fu attanagliato da grandi controversie lo scorso decennio come le bande che rubavano i bagagli alle reti di sequestro di passeggeri.

Durante il governo di Noynoy Aquino, che vide il padre Ninoy assassinato quattro decenni prima nello stesso aeroporto portando all’intitolazione in suo nome dell’aeroporto, uno schema criminale “tanim Bala” di infilare proiettili nei bagagli di passeggeri ignari accese la rabbia generale. I passeggeri lamentavano che un presunto sindacato criminale dentro l’autorità aeroportuale, metteva proiettili nei bagagli di passeggeri innocenti per estorcere loro del denaro ed essere liberi.

L’ultimo crollo al NAIA segna un’altra grande controversia per la principale porta di ingresso. In risposta il ministro dei trasporti Jaime Bautista si è scusato con i passeggeri promettendo di andare al fondo di questo sfracello.

“Questa è una questione di gestione del traffico aereo … Se ci paragonate a Singapore, c’è una grande differenza, loro sono almeno dieci anni in avanti” ha ammesso il ministro dei trasporti.

Tra i passeggeri rimasti a terra c’era il magnate delle telecomunicazioni del PLDT Manuel Pangilinan che ha twittato: “Sei ore di volo inutile ma il disagio per viaggiatori e perdite per turismo e affari sono orrendi. Solo nelle Filippine. Sigh”

L’ultima crisi del NAIA è sintomatica di una crisi più profonda che mina da decenni il potenziale economico del paese. Dopo anni di aggressiva e asimmetrica privatizzazione, in gran parte all’insolvenza pubblica dopo i decenni di corruzione sotto la dittatura di Marcos, gran parte dei motori economici del paese sono caduti sotto il controllo dei grandi conglomerati coinvolti in comportamenti da monopolio e duopolio.

L’esito è stato di avere i costi maggiori per l’elettricità al mondo e solo Giappone e Singapore hanno avuto costi storicamente più alti delle Filippine.

Lo scorso anno la Corte di Appello Filippina cancellò un accordo di fornitura di energia elettrica della Meralco ed una sussidiaria della San Miguel Corporation dopo che la Commissione di Regolamentazione dell’Energia palesemente sospettò di un ingiustificato aumento di prezzo.

I costi crescenti sono coincisi con forniture inaffidabili di energia. Lo scorso anno l’isola industrializzata di Luzon, motore economico del paese, ha vissuto massicce interruzioni di energia quando 10 centrali si spensero.

Tra il 2016 e il 2021 la NGCP, la rete elettrica filippina, emise 22 allerte rosse e 154 gialle in tutte le grandi reti del paese. Mentre il 50% dell’elettricità a Luzon è generata da centrali a carbone, il 30% deriva dai campi profondi di gas Malampaya che si esauriranno l’anno prossimo.

In risposta all’approfondimento della crisi energetica, la Camera di Commercio Filippina, PCCI, ha avvisato che le interruzioni di fornitura sono “diventate una cosa regolare specialmente nei mesi estivi quando decresce in modo significativo la produzione dell’energia idroelettrica.”

Per i maggiori gruppi, ad essere una criticità importante è anche il costo, dal momento “le industrie dell’acciaio, del cemento e del vetro hanno espresso apprensione per le previsioni di innalzamento dei costi dell’elettricità dal momento che la la fornitura affidabile di materie prime come carbone, petrolio e GPN diventano merci che scarseggiano”.

I gruppi industriali mettono in guardia che i costi crescenti dell’elettricità ostacolano sia l’industria che i consumatori ed il “paese sta avendo costi significativamente maggiori tra il 25 e 87% dei vicini ASEAN e sono Malesia con 87.5%, Indonesia con 87.5%, Vietnam 50% e Thailandia 36%.”

La Cina che è un grande azionista della rete elettrica filippina è potenzialmente essenziale per affrontare i colli di bottiglia e la crisi infrastrutturale nelle Filippine. Nei suoi primi sei mesi da presidente, Marcos figlio ha definito la Cina come il partner più forte delle Filippine e fonte affidabile di sviluppo infrastrutturale.

Il presidente filippino mira a mantenere la spesa infrastrutturale come quota del PIL a livelli alti da 5-6%. Ma con il paese che vede un livello di debito alto degli ultimi 16 anni e appena una dozzina dei grandi progetti infrastrutturali di Duterte completati, Marcos figlio andrà a Pechino con il cappello in mano a chiedere investimenti per generazione di energia e connessione infrastrutturali cinesi.

Nel salire alla presidenza Marcos figlio cancellò tre grandi progetti cinesi per mancanza di finanziamenti. Nel viaggio di questa settimana chiederà maggiore chiarezza e investimenti concreti dal gigante asiatico.

Le due parti rivedranno i piani precedenti di esplorazione congiunta di energia nel Mare Cinese Meridionale particolarmente con i campi Malampaya destinati ad esaurirsi.

Resta, però, da vedere quello che Marcos Figlio è disposto ad offrire in cambio specialmente alla luce dei caldi e fiorenti legami militari con il rivale di Pechino, Washington.

Richard Heydarian, Asiatimes

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