Almeno 4 musulmani sono morti lunedì quando le forze di sicurezza birmane hanno fatto perquisizioni casa per casa alla ricerca di armi a Maungdaw, nello stato occidentale birmano Rakhine o Arakan, dopo un attacco mortale condotto nel fine settimana contro le guardie di frontiera in tre postazioni differenti.
Nell’attacco contro la polizia di frontiera sono morti 9 guardie e otto degli attaccanti colpiti nelle operazioni di inseguimento.
Altri quattro soldati sarebbero morti successivamente a queste perquisizioni attaccati da una folla armata di pistole e coltelli.
Un parlamentare dello stato Rakhine ha detto che la città è piena di soldati, il mercato è chiuso, i negozi musulmani sono chiusi e le strade sono tutte deserte.
Nell’attacco di domenica gli attaccanti, armati di coltelli e fionde, hanno sequestrato 51 armi, 10 mila proiettili, ma due di loro sono stati arrestati e altri otto uccisi. La polizia accusa di questo atto i Rohingya, precisamente la Solidarity Rohingya Organizzation, che era stata attiva negli anni 80 e negli anni 90 ma che si crede estinta.
Sono state chiuse le scuole nel distretto di Maungdaw ed i docenti sono stati mantenuti in posti sicuri per paura che siano state poste mine sui percorsi di campagna. Come possano gli attaccanti porre mine quando hanno attaccato con coltelli e fionde non è dato di sapere. Probabilmente si vuole ancora giocare sulle lotte tra nazionalità differenti nello stato Rakhine.
Secondo alcune fonti si crede che questi attacchi siano la risposta al piano del governo Rakhine di demolire 12 moschee e 32 madras, o scuole musulmane, costruite senza i permessi.
Le forze di sicurezza, che parlano di 240 persone coinvolte nell’attacco che restano ancora libere, hanno rafforzato il coprifuoco e vietato l’assembramento di più di cinque persone.
Gli scontri di domenica sono stati sentiti anche in Bangladesh che si è subito adoperato a sigillare la frontiera senza la richiesta da parte birmana. Né le autorità del Bangladesh hanno prove che gli assalitori siano entrati dal suolo del Bangladesh, come è certo che sul suolo del Bangladesh non esistono estremisti: quelli detenuti sono stati consegnati tempo fa alle autorità birmane.
Chiaramente questi scontri che sono una novità nello stato Rakhine sono profondamente legati alle condizioni in cui vivono i Rohingya, una popolazione di oltre 1 milione di persone che vive in condizioni di apartheid. 140 mila Rohingya vivono in condizioni disperate in campi profughi dopo gli scontri del 2012 che fecero 200 morti, costringendo tanti ad imbarcarsi su carrette del mare e tentare la via della fuga in paesi più ospitali.
Nel mese scorso il governo di Aung San Suu Kyi ha creato una commissione per lo stato Rakhine, presieduta dall’ex segretario dell’ONU Kofi Annan, alla ricerca della verità e di soluzioni possibili per lo stato Rakhine diviso per via religiose etnica tra una maggioranza buddista ed una minoranza Rohingya Musulmana. L’ala estremista buddista Rakhine si è opposta fermamente a questa commissione e alla presidenza di Kofi Annan.
Grande preoccupazione è stata espressa dalle organizzazioni musulmane per questo attacco alla polizia di frontiera che è stato definito “distruttivo” per la pace e la stabilità del paese.
“La frontiera è la sicurezza del paese. Un attacco terroristico su un tale luogo è totalmente inaccettabile poiché si è creata una commissione per discutere secondo la legge” ha detto U Kyaw Nyein dell’Associazione degli Avvocati Musulmani Birmani.
“Non accetto la violenza. Si deve dare un’aspra punizione a chi ha compiuto l’attacco” ha detto Al-Haj U Aye Lwin membro musulmano della Commissione di Avviso dello stato Arakan. “Nel farlo ci vorrà estrema cautela per assicurarsi che non siano toccate chi non è coinvolto nella violenza”.
Il lunedì successivo all’attacco, 14 organizzazioni di Rohingya in esilio hanno emesso una dichiarazione di condanna della violenza di stato contro gli abitanti dei villaggi nella loro caccia all’uomo lanciata dopo l’attacco ai posti di frontiera.
La situazione si è poi calmata a Maungdaw dove non si sono avuti più attacchi e/o scontri nonostante le continue ispezioni da parte delle forze di sicurezza.
Le linee di commercio con il Bangladesh sono state sospese indefinitamente e la costa è attentamente monitorata.
La consigliera di Stato Aung San Suu Kyi ha detto di voler sapere e conoscere le prove di quanto successo prima di lanciare accuse su individui o organizzazioni.
“Consideriamo la situazione molto seriamente e il nostro paese indagherà molto attentamente” ha detto la Suu Kyi ricordando che la situazione di violenza dura da oltre cinquantanni e che non si può eradicare in breve tempo. “La protezione dei diritti umani non è qualcosa che il governo può gestire da solo ma richiede il coinvolgimento di tutti”.