Il regista thai Apichatpong Weerasethakul ha vinto con ” Memoria ” il Premio della giuria all’ultimo festival di Cannes con un film ambientato in Colombia
Conosciuto per il suo gruppo di film riflessivi ambientati nel nordest thailandese, Apichatpong Weerasethakul, il più famoso regista thailandese, si è immerso nelle giungle dell’America Latina con la sua ultima spedizione cinematografica, trattando ancora gli episodi della memoria storica dolorosa dei suoi primi film.
“Il nuovo film è stato ispirato da una illuminazione che ho avuto” dice Apichatpong di “Memoria” nel suo attuale soggiorno francese. “Fare questo film è come un viaggio attorno al suo eco. Questo film tratta del guardare, ascoltare, una sorta di meditazione”
Per chi ama il cinema in tutto il mondo, l’ultima opera di Apichatpong è uno dei film più attesi del 2021. Coproduzione internazionale finanziata da decine di produttori ed agenzie internazionali, Memoria ha come protagonista Tilda Swinton nei panni di Jessica, una proprietaria straniera di una coltivazione di orchidee a Bogota che una mattina si sveglia spaventata da un boato misterioso.
Lo spettro di quel suono incredibile comporta una insonnia implacabile da far uscire Jessica dalla città verso un panorama rurale dalla cui profondità gemono le scimmie selvatiche e i fiumiciattoli lenti mormorano una ninna nanna infinita. E’ anche un panorama, come il film sembra suggerire, di memorie preistoriche che connettono Jessica a tutti e tutto attorno a lei.
Memoria è il settimo film vero e proprio di Apichatpong ed il primo ad essere totalmente girato fuori della Thailandia…
Dopo la cancellazione dello scorso anno dovuto alla pandemia, l’evento di Cannes quest’anno crepita di enormi attese.
Mentre cammina sul tappeto rosso il 15 luglio il regista ritorna in un luogo che lo aiutò moltissimo nella sua carriera quasi 20 anni fa.
Nel 2002 il suo film di svolta “Blissfully Yours” colpì i critici di Cannes e vinse il premio Un Certain Regard definendo l’allora sconosciuto regista thailandese come un talento genuino del formalismo cinematografico che con gentilezza ha aperto nuove possibilità della forma artistica.
Nel 2004 si laurea nella principale competizione del festival con “Tropical Malady”, la storia di amore di una piccola città che si trasforma in un racconto ipnotico della giungla che vinse il Premio della Giuria guidata dal regista Quentin Tarantino. Poi nel 2010, Apichatpong ha fatto la storia quando è diventato il primo regista del Sudestasiatico a vincere la Palma D’oro, il premio principale della manifestazione, con “Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti“, una favola del passato comunista nel nordest thailandese.
Questo traguardo un tempo impensabile ha confermato lo status di Apichatpong Weerasethakul come un nuovo maestro del cinema mondiale, nonostante la storiella attuale sul suo nome dalle tante sillabe difficile da pronunciare.Gli amanti del cinema spesso lo chiamano Joe, una versione inglese del suo nomignolo thai Joei.
Tra un film e l’altro, Apichatpong è stato attivo nel campo delle arti visuali esibendo le sue foto ed i suoi video nelle gallerie e nei musei più importanti di tutto il mondo come Tate Modern, Centre Pompidou e Tokyo Photographic Art Museum.
Si contano moltissimi libri e studi universitari sulla sua opera, un repertorio fertile ancorato nelle più disparate influenze dall’animismo, al folclore, all’horror thailandese, alla science fiction, all’arcano trascendentale e al concetto di reincarnazione e trasmigrazione spirituale, tutti letti in modo sottile sostenuti dal suo interesse nella storia politica thailandese.
Figlio di un medico che è cresciuto nella città del nordest thai di Khon Kaen, la fonte più profonda di ispirazione di Apichatpong sembra essere la sua regione di nascita, l’Isaan. Questo è molto chiaro nel suo film calmo e sovversivo “Syndromes and a Century” del 2007, girato in un ospedale, e nel Zio Boonme del tema della Guerra Fredda, in cui un anima di scimmia dagli occhi rossi torna a visitare il padre sofferente dopo aver passato molti anni nella foresta con la guerriglia comunista.
La lingua di quest’ultimo film è il dialetto dell’Isaan e persino gli spettatori di Bangkok furono costretti a leggere i sottotitoli inglesi per comprendere i dialoghi. I suoi vari film brevi e di media lunghezza che si diramano da Zio Boonmee si radicano anche nella storia turbolenta del nordest thailandese.
Nel suo film del 2015 “Cemetery of Splendor,” che fu premiato nella sezione Un Certain Regard a Cannes, un gruppo di soldati sdraiati in coma in un ospedale di Khon Kaen diventa una metafora sulla noncuranza storica e politica della Thailandia. Il film che Apichatpong non ha fatto uscire in Thailandia allude al governo dittatoriale del Maresciallo Sarit Thanarat negli anni 60, e lo si può leggere come una critica appena velata al golpe del 2014 che rovesciò il primo ministro eletto Yingluck Shinawatra sostituita dal generale Prayuth Chan-ocha.
“Credo che in Thailandia sempre di più vedremo dei film come quelli prodotti nell’Europa dell’Est degli anni 60 e 70, che hanno tantissimo simbolismo e che non attaccano direttamente il potere. Sono felice di testimoniarlo e di farne parte”
Sebbene siano radicati nei credi locali, i suoi film sono sempre immersi in una coscienza universale.
L’ascesa di Apichatpong nel circuito artistico internazionale nei due decenni passato gli ha portato un seguito fedele e robusto in tutto il mondo da Buenos Aires a Tokyo. In Thailandia però il regista all’inizio fu snobbato dagli spettatori che consideravano i suoi film troppo elusivi. All’inizio della sua carriera ha anche avuto problemi con la censura conservatrice in particolare per i suoi ritratti giocosi di monaci e dottori nel suo “Syndromes and a Century.”
L’ordine datogli di tagliare quattro scene da quel film portò ad una forte protesta contro la censura da parte dei professionisti del cinema Thai e alla fine all’introduzione di un sistema fallace di classificazione.
Ma dopo che Zio Boonmee vinse la Palma d’Oro l’accoglienza si è fatta più calda. Mentre si manifestava una nuova generazione di spettatori nello scorso decennio con una nuova sensibilità estetica aperta al mondo, Apichatpong è diventato l’icona dello sforzo artistico e della risolutezza, un visionario che esprime i propri messaggi forti e talvolta radicali con la più gentile delle voci e le immagini più belle.
Con Memoria il regista ha detto di volersi mettere alla prova in nuove condizioni di lavoro e di fare una pausa dal lavorare in Thailandia, un luogo dove “non è sempre possibile dire la verità direttamente come negli scorsi pochi anni”.
Il Film, in inglese e spagnolo, è anche un’opportunità di espandere il suo campo ed esplorare il modo in cui si possono condividere le storie da parte di persone differenti nel mondo.
“Memoria” è un prodotto della curiosità di Apichatpong per la cultura sudamericana e del suo parallelo con quella della Thailandia, dalla sua storia di conflitto al fascino primordiale della selvatichezza.
Iniziò un lungo periodo di gestazione quando scrisse a sua prima bozza del copione dopo che il film “Cemetery of Splendor” richiedette di dover imparare lo spagnolo. Ha vissuto mesi in giro per la Colombia per vivere il suo clima. Girò le scene nell’estate del 2019 con una troupe colombiana sostenuto dal thai Sayumbhu Mukdeeprom e assistente regista Sompot Chidkasornpongse.
Il duo Tilda Swinton-Apichatpong è da pesi massimi ed ha entusiasmato tutti sin da quando fu annunciato il progetto vari anni fa, e Memoria avrebbe dovuto inaugurare lo scorso anno il Festival Cinematografico di Cannes. Con l’arrivo della pandemia e la cancellazione del festival, Aichatpong e il gruppo di post-produzione ebbe tempo di rifinire i dettagli prima della ritardata apertura del festival.
“La parte più dura fu di immaginare di dover lavorare in un ambiente non familiare” ha detto delle riprese in Colombia. “La parte più facile furono proprio le riprese. Ho smesso di preoccuparmi e ho abbracciato l’esperienza. Ho amato lavorare in una lingua che non parlo in modo appropriato.”
“ E’ diventata musica” aggiunge. “Dipendevo totalmente dalla troupe particolarmente dai miei istruttori di lingua. Erano molto attenti a quello che ricercavo nei dialoghi. Studiarono i mie film vecchi per capirne il ritmo. Poi in ogni frase mi concentro sulle pause piuttosto che sulle parole dette”
Oltre a Memoria, Apichatpong ha anche un altro film in mostra a Cannes: un film breve come parte di una antologia “L’anno della tempesta perpetua” in cui si chiede a sette registi di sette paesi diversi di fare un film sulla pandemia.
In un’intervista dello scorso anno a Thai Film Archive, Apichatpong ha citato di aver passato il suo isolamento esplorando le colline ed i campi attorno alla casa nella periferia della città thailandese di montagna Chiang Mai, e di come la distruzione prolungata delle attività giornaliere pareva fargli dilatare il tempo.
“I due film di Cannes sono entrambi un tentativo di sincronizzarsi” dice. “Jessica in Memoria è nel processo di rifinire la sua esistenza, attivata dai ricordi degli altri. Nel film breve provavo a catturare il ritmo degli insetti a casa attirandoli nel mio letto durante la quarantena. Entrambi i film terminano con la pioggia”
Benché l’Isaan thailandese e la natura incontaminata colombiana siano molto lontani, Memoria è allo stesso tempo un allontanamento dal familiare e da un ritorno di tipo metaforico. Lotta, conflitto e ferite inferte dalla storia che si infettano nel tempo sembrano le cose che condividono Thailandia e Colombia, e vibrano per tutto il film il ricordo di questi dolori.
“La terra non è poi grande, ma ricca, come una persona che mantiene i ricordi nella propria testa” dice Apichatpong. “Siamo legati da una corrente globale che è ancora nella sua forma primitiva. Thailandia e Colombia vivono un tipo di governo autoritario che non si preoccupa di mascherarsi. Personalmente sento di condividere le ansie e i sogni di tanti colombiani”
Kong Rithdee, NAR
L’ultimo film del grande Apichatpong
Pronto a fare la sua terza apparizione al Festival di Cannes, Apichatpong Weerasethakul si chiede se sarà capace mai di fare un altro film alla stessa maniera.
E’ quello a cui siamo abituati e ciò vale anche per il nuovo capolavoro “Uncle Boonmee who can recall his past lives”. Ma lui si chiude in un angolo.
Sin dalla sua prima apparizione nel 2000, il documentario in bianco e nero, girato in 16 millimetri, “Mysterious object at noon”, Apichatpong, Joei per gli amici, ha affrontato la regia come una forma di arte con gli elementi che fluttuano in un’organica improvvisazione.
L’ispirazione del film “Past lives” è un libro scritto da un monaco nella natia Khon Kaen.
“Scrive di un uomo che andava a meditare al tempio e che sosteneva di poter ricordare le sue vite passate.” dice l’autore parlando del libro a cui ha già fatto qualche riferimento nel film del 2004 “Tropical Maladies”.
“Boonmee fu un punto di inizio, e pian piano il film ha preso la forma attuale dei suoi ricordi, ma è solo un’ispirazione poiché ho scritto da me le altre storie.”
“Un divenire per gradi” è parte del processo
“Il film è diventato qualcosa di più del ricordo di un vecchio cinema” dice “parla delle sensazioni del vivere lì e della ricchezza delle narrazioni, del credo nella regione, dell’umore. Così il film diviene qualcosa di molto antico. L’azione, la luce sono davvero in uno stile antico.”Parla anche dell’ Isaan, la regione del Nord est thailandese.
I suoi fans riconosceranno alcuni degli attori. I suoi soliti Jenjira Pongpas and Sakda Kaewbuadee “testimoniano la vita di quest’uomo, la sua vocazione e l’ambiente in cui vive. Il film li segue per due giorni nelle province.”
“Past lives” fa parte del progetto artistico multi-piattaforma “Primitive” che si concentra su Nabua a Nakon Phanom, dove nel 1965 i militari repressero brutalmente i comunisti. Il progetto artistico tratta questi ricordi, con l’estinzione e la trasformazione.
Il gruppo di lavoro entrò per caso in contatto con Nabua mentre giravano per l’Isaan in cerca di persone del posto per il film “come fare un film senza girarlo” come dice Aphichatpong. Nei viaggi di strada “lo viviamo insieme cosicché quando facciamo il film o l’installazione, l’ispirazione non viene soltanto da me ma da tutti”
“Nabua si impose per la sua storia, e specialmente come i giovani del posto convivono con una situazione politica del passato e con quello che ora fanno poiché alcuni di loro sono ancora attivisti. Ritornammo con la troupe e passammo lì alcuni mesi solo per passare del tempo e provare a capire qualcosa fare. Alla fine pensai che avremmo dovuto fare un progetto di costruzione, così facemmo una nave spaziale. Fu come una performance.”
“La nave spaziale” di legno a forma d’uovo è davvero “Primitiva”, ma ha condotto Apichatpong e Nabua in molti posti. “Primitiva” è stata esibita a Monaco, Liverpool e Parigi, e potrebbe essere portata in Giappone e negli Stati Uniti.
L’installazione di sette parti presenta vari scenari. Uno è un video musicale con Moderndog. Ci sono due corti: “A letter to Uncle Boonmee” che ha vinto dei premi in Germania e negli USA, e lo spettrale “Phantom of Nabua” che ha fatto vincere ad Apichatpong il suo primo Asia Art Award due settimane fa in Corea del Sud.
“Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives” va ancora più lontano benché ha ancora dei legami con Nabua.
“Ricorda altri lavori nella installazione “Primitive” che trattano la terra dell’Isaan con una storia brutale. Ma non sto facendo un film politico, rassomiglia più ad un diario personale.”
Il prossimo mese lo riporterà a Cannes dove nel 2002 vinse il premio “Un Certain Regard” con “Blissiful Yours” e poi il premio della giuria del 2004 con “tropical Maladies”, per poi sedere come giurato nel 2008
Vuole ritornarci particolarmente poiché potrà vedere il suo film su “uno dei sistemi migliori di proiezione e di suono al mondo”
Benché lodato dovunque, la sua opera è controversa in Thailandia. La sua opera del 2006 “Sybdromes and a century” fu censurata, e quando infine fu presentata commercialmente aveva rimpiazzato i tagli con silenziose sequenze nere.
Dice che non lascerà che i censori rivedano “Syndromes” anche se il nuovo criterio di censura lo potrebbe lasciare senza tagli.
“Perché farlo? Pagarli per vedere il film e ottenere il visto, giusto per una curiosità; non credo ne valga la pena, per farsi giudicare da questa gente, poiché alla fine non credo che voglia farlo vedere comunque. Credo sia più pratico andare a vanti e far vedere un nuovo film e vedere quello che succede.”
Mentre alcune autorità storcono il naso di fronte ad Apichatpong, altri vogliono sostenerlo. Dice di poter ottenere3,5 milioni di Baht dall’iniziativa di “economia creativa” Khem Kaeng del governo. Ma anche questo è controverso poiché metà del fondo do 200 milioni di Baht andrà al regista veterano Chatrichalerm Yukol per il fiml “The Legend of King Naresuan 3”.
Apichatpong ed altri registi indipendenti hanno gridato allo scandalo sostenendo che progetti più piccoli di talenti più giovani lo meritano di più.
“Benché sono nella lista di uno che lo avrà il sostegno, voglio che sia un indipendente a rivedere l’intera procedura” dice oppure lui non lo accetterà.
Nel frattempo la sua stella continua a salire. Lo scorso anno varie riviste hanno nominato “Syndromes and a Century” il miglior film del decennio. Gli altri due suoi film “Tropical Malady” e “Blissfully Yours” hanno già avuto la stessa menzione.
Il festival del cinema greco di Salonicco prova a celebrarlo con una retrospettiva completa. Ma la fama gli rende più difficile fargli fare il genere di film che vuole girare.
“La gente crede che per me diventi più facile, ma talvolta è anche più difficile, perché se tu chiedi un finanziamento ti rispondono “ma tu sei già famoso e ci sono registi più giovani che davvero hanno bisogno di sostegno”
Apichatpong compirà 40 a luglio.
“Anche io ho davvero bisogno di un sostegno. Sono un artista per vivere. Uando faccio un film mi indebito. Si è sempre in bilico economicamente.”
Abituato già a lavorare con molte produzioni, “Past lives” ha coinvolto compagnie di produzioni francesi, inglesi, spagnole e tedesche. Sta cercando di fare delle coproduzioni col supporto delle stelle più grandi tra le quali l’attrice vincitrice dell’ Oscar Tilda Swinton e l’attrice italo francese Chiara Mastroianni.
Il suo prossimo progetto è un documentario sul un famoso studioso del Giappone e esperto del cinema Donald Richie. C’è anche qualcosa sull’ Acqua, particolar modo l’oceano e il Mekong. “Sono davvero molto interessato alla situazione del livello del Mekong con i suoi bassi e le sue inondazioni.”
Soprattutto dice di voler continuare ad assumere sfide e ad incoraggiare i più giovani registi a “raffigurare la realtà”
“Che non ho fatto io prima, davvero” ammette.“Ma credo che è a questo punto che ti poni delle domande come regista. Quando si vedono registi a 40, 50 e 60 anni fare delle stupide commedie .. non voglio essere come loro. Credo che Boomee sarà l’ultimo film che posso fare così. Credo che sia buono perché davvero riassume tutto. I ricordi di vecchi film … è tempo di andare avanti con altri film”
Originale dal The Nation