Uno studio sulla migrazione cambogiana e delle sue peculiarità di una popolazione di 1,3 milioni di lavoratori
Come ci si sente a svegliarsi in una terra straniera con una sua cultura, lingua e tradizioni totalmente differenti?
Come ci si sente lontani da casa e incapaci a comunicare decentemente? Questa è la realtà che vivono centinaia di migliaia di cambogiani che lavorano all’estero ogni giorno. Tuttavia questo contesto delle loro vite non è stato studiano o affrontato molto.
Ci sono pochi studi qualitativi, articoli e resoconti fatti sul contesto culturale dei lavoratori della migrazione cambogiana e sui modi che considerano con cui mantengono la loro identità cambogiana.
Questi argomenti sono di rato toccati nonostante siano una parte essenziale della vita e qualcosa che unisce i cambogiani.
Migrazione cambogiana ridotta a forza lavoro
Ci sono circa 1,3 milioni di lavoratori della migrazione cambogiana in sette paesi agli inizi del 2022, secondo le stime del governo. Le tre destinazioni principali per i lavoratori cambogiani sono Thailandia con 1,2 milioni di cambogiani, Corea del Sud con 460 mila e Malesia con 23mila lavoratori.
Sebbene l’emigrazione contribuisca a scambi di coltura, di razze ed etnie, i lavoratori della emigrazione vivono un campo molto vasto di stress per la perdita di norme culturali, usi religiosi e il loro sistema sociale di sostegno. Adeguarsi al nuovo ambiente circostante può avere il suo costo sulla salute mentale dei lavoratori e il loro benessere.
La ricerca sulle vite di lavoratori della migrazione da altri paesi o altre circostanze ha permesso di illuminare questioni complesse causate da alterità culturali e lotte per il senso di appartenenza.
Uno studio sulle vite dei lavoratori della migrazione temporanei in Canada ha trovato che le percezioni e le attitudini del paese ospitante possono far sentire i lavoratori esclusi, indegni, solitari ed isolati. I lavoratori in Canada hanno anche denunciato “esperienze di essere ridotti solo a forza lavoro”.
Cambogianità
Il senso di cambogianità di una persona può andare da quello che mangiano al modo di vedere il mondo come cambogiano. E’ un senso di appartenenza e connessione che i cambogiani hanno verso il loro paese natio e le loro comunità.
Questo senso di appartenenza alla Cambogia influenza il modo in cui i lavoratori della migrazione cambogiana vivono quando migrano all’estero.
Uno studio del 2015 trovava che la maggior parte dei lavoratori della migrazione si spostano all’estero la loro famiglia, genitori spose e figli, o con altri parenti o amici dello stesso villaggio.
I lavoratori della Migrazione Cambogiana tendono a migrare insieme a persone che conoscono e queste relazioni di migrazione possono andare da cinque a cinquanta persone. Quindi, arrivati nel paese di destinazione, vivono insieme o all’interno di un vicinato. Mantengono una propria comunità di lavoratori dell’emigrazione con cui socializzano e interagiscono.
Cultura, identità e religione sono inestricabilmente legati. Nel 2018 l’Ambasciata Cambogiana in Corea del Sud annunciò che si stava costruendo la prima pagoda buddista per i lavoratori della migrazione cambogiana in Corea del Sud, richiesta esplicitamente proprio da loro.
In assenza di una pagoda cambogiana dove recarsi, i cambogiani che vivevano a Seul frequentavano templi improvvisati gestiti in appartamenti presi in affitto. Studi su questo genere di sforzi di base per mantenere un senso di appartenenza hanno le potenzialità di aggiungere valore alla nostra comprensione della vita dei lavoratori della migrazione.
Una migliore comprensione
L’identità culturale è una parte enorme dell’essere di una persona ed è anche una qualità che distingue una comunità dall’altra, ed una migliore comprensione potrebbe aiutare i migranti in tre modi.
In primo luogo può aiutare chi scrive le leggi a sviluppare ed implementare politiche più efficaci e ben orchestrate. Avendo una migliore comprensione degli aspetti culturali dei lavoratori della migrazione potremmo avere una comprensione migliore come le politiche possano influenzare il loro modo di vivere all’estero.
Ci sono alcuni scenari dove sarebbero utili altri studi. Per esempio come si prendono le decisioni all’interno delle comunità della migrazione. Poiché la cultura cambogiana è tradizionalmente patriarcale in tanti suoi valori, questo ha un’influenza sull’autonomia di lavoratrici donne o cambiano il loro modo di decidere? Come si promuovono unità e solidarietà? Fino a che punto la celebrazione religiosa connette le persone all’interno di varie comunità della migrazione?
Comprendere le dinamiche di una improvvisata pagoda in appartamento per esempio potrebbe aiutare chi fa le politiche a raggiungere queste comunità con messaggi pubblici in un modo più efficace.
In secondo luogo, maggiori ricerche su questo argomento potrebbero anche aggiungere coscienza a quanto importante siano i gruppi di sostegno o di comunità, grazie alla loro abilità di dare ai cambogiani all’estero un senso di appartenenza. Essere lontano da casa può avere un impatto sulla sanità mentale o psicologica specialmente quando si vive uno shock culturale, la solitudine o la lontananza.
I lavoratori della migrazione sono più soggetti a questioni di salute mentale come la depressione e l’ansia a causa della natura del proprio lavoro e delle sfide socioeconomiche che vivono. Questa vulnerabilità intrinseca è esaltata dalla mancanza di sostegno, perdita di reti sociali, barriere linguistiche e altre questioni.
Infine un’altra potenzialità di questo tipo di ricerca sarebbe di incoraggiare un cambiamento di comportamenti verso i lavoratori della migrazione.
Il rapporto dell’ILO del 2019 trovava che la maggioranza dei loro intervistati percepita che i lavoratori della migrazione minacciano la cultura del paese.
L’indagine era stata condotta intervistando 4099 persone giapponesi, malesi, Singaporeani e Thai. 41% dei giapponesi, 68% malesi, 58% thai e 53% dei Singaporeani intervistati sentivano che i lavoratori della migrazione sono una minaccia alla loro cultura e storia.
I lavoratori della migrazione dovrebbero sentirsi accolti e sicuri di poter praticare la loro cultura dovunque essi si trovino.
Ricerche che considerano i lavoratori migranti come qualcosa di più di semplici lavoratori e che incorporano la loro cultura, le sensazioni di appartenenza e le loro credenze, aiutano a illuminare la gente di queste comunità in un modo più complesso e ricco che meritano.
Thong Sariputta, VOD