Militanti politici in Thailandia e il prezzo della speranza

I giovani militanti politici, che non sono in esilio né in carcere e che restano in Thailandia, devono modificare la propria vita in base agli appuntamenti nei tribunali e a rassegnarsi a perdere la propria libertà.

La giovane Benjamaporn Nivas di 19 anni vende bubble tea a Vancouver in Canada mentre studia alla scuola per adulti e continuare i suoi studi interrotti.

Sono due anni da quando ha visto per l’ultima volta gli amici e la famiglia in Thailandia e sono quattro anni da quando fondò insieme ad altri un gruppo che chiedeva la riforma dell’istruzione in Thailandia.

Chiang Mai Anon Nampha

Le proteste di massa a cui contribuì mettevano in discussione lo status quo e chiedevano la riforma della potente monarchia thailandese.

Ha pagato però un prezzo per la sua militanza politica.

“Non avrei mai immaginato che sarei finita così lontano” ha detto a The Straits Times in una chiamata video dal Canada, dove ha ricevuto l’asilo politico dopo la fuga da una condanna possibile di lesa maestà nel 2022.

“Talvolta sono triste e mi manca casa. Sono al sicuro però. Ci sono delle cose che ho dovuto abbandonare in cambio di ciò ed è stato doloroso. Ma devo andare avanti”.

A quattro anni dalle proteste studentesche che scoppiarono nella seconda economia del Sudest Asiatico, sfidando il governo militare di allora e la figura di Re Vajiralongkorn, i giovani che portarono in piazza migliaia di manifestanti lottano contro le accuse che hanno spinto molti all’esilio, altri in carcere e molti di più nel silenzio.

Secondo i dati raccolti da TLHR, avvocati thai per i diritti umani, sono oltre 1900 le persone accusate, per aver preso parte ad assemblee pubbliche o per aver espresso opinioni pubbliche, da quando scoppiarono le prime proteste a luglio 2020.

Tra loro ci sono 272 persone accusate di lesa maestà, un reato che comporta una pena carceraria fino a 15 anni.

Almeno 126 dei 155 casi di lesa maestà che sono arrivati a sentenza hanno comportato il carcere. L’attivista, dirigente politico e avvocato Arnon Nampa sta scontando una pena di 14 anni per le accuse di insulto reale finora.

Arnon fu il primo militante nelle proteste a chiedere la discussione sul Re che controlla proprie unità militari oltre a miliardi di dollari di proprietà che prese per sé dall’Ufficio delle Proprietà della Corona, l’agenzia che gestiva le proprietà per conto del palazzo reale.

Per gli accusati di lesa maestà ancora da processare, è comune la detenzione pre-processo. La militante democratica Netiporn Sanesangkhom, che era accusato di lesa maestà ed altre accuse, è morto in carcere a maggio scorso all’età di 28 anni, dopo un mese di sciopero della fame per protesta contro il sistema giudiziario.

Alcuni dei giovani capi del movimento hanno deciso di filarsela. Panupong Jadnok è arrivato in Nuova Zelanda ad agosto dopo non essersi presentato al tribunale per rispondere di lesa maestà un mese prima.

Il giovane ventiseienne Parit Chiwarak, chiamato Penguin, ha subito 25 accuse di lesa maestà quando saltò un’udienza a giugno. Si pensa che abbia lasciato la Thailandia.

I giovani militanti che restano in Thailandia dicono di essere costretti a ristrutturare la propria vita in base agli appuntamenti nei tribunali e a rassegnarsi alla sempre presente possibilità di perdere la propria libertà.

anon nampa

La giovane Panusaya Sithijirawattanakul, Rung come è chiamata, studia moltissimo per una laurea in diritti umani mentre allo stesso tempo è presente alle varie udienze per le 31 accuse intentatele di cui 9 sono di lesa maestà.

Rung sbalordì i thailandesi ad agosto 2020 quando lesse una lista di dieci domande di riforma della monarchia davanti a migliaia di studenti alle porte di Bangkok.

Tra l’altro si chiedeva che fosse tolta al monarca l’immunità legale e che fosse ridotto il budget reale secondo le condizioni economiche. Si chiedeva che fosse abolita la lesa maestà.

Da studentessa di sociologia e antropologia presso la Thammasat Universiti a Pathum Thani, Rung salì sul palco per parlare in molte proteste facendo parte del gruppo chiamato United Front of Thammasat and Demonstration.

La successiva sorveglianza statale, le denunce e gli attacchi di derisioni per il suo aspetto fisico da parte dei conservatori la lasciarono “stressata e ansiosa”.

“Sono ancora una militante e mi batto per i diritti umani. Nel tempo che mi resta, lo userò per studiare i diritti umani e i processi di democratizzazione. Se finisco in carcere, avrò delle conoscenze o abilità per proteggere gli altri in carcere” racconta Rung in una intervista fatta vicino a casa sua a Nothamburi.

Altri giovani militanti, spaventati dalla pressione dello stato e della famiglia, hanno giurato di non partecipare più alle dimostrazioni.

“Tanti militanti hanno pagato il prezzo. Non sono differente. Anche se odio ammetterlo, credo che ora non è un prezzo che posso ancora pagare” dice Bunkueanun Paothong, studente di relazioni internazionali alla Mahidol University, ora del tutto concentrato sul suo lavoro nel consiglio degli studenti di cui è membro.

Lui ricorda di essere quasi impazzito per essere costantemente inseguito da persone che lui dice fossero poliziotti.

“Ho perso la capacità di camminare fiducioso e di fare cose senza essere sempre sotto sorveglianza”.

I nuovi sviluppi politici hanno distolto l’attenzione da questi giovani militanti.

Le proteste di strada sono diminuite quando la Thailandia è uscita dalla pandemia e ha tenuto le elezioni generali di maggio 2023.

Il capo golpista e allora primo ministro Prayuth Chanocha, oggetto di grandi ire pubbliche, è stato relegato nell’oscurità politica dopo il risultato disastroso del suo partito. Ora è nel consiglio della Corona.

Tanti che parteciparono alle manifestazione per le riforme nel 2020 poi riposero le loro speranze nel Move Forward Party che vinse le elezioni del 2023 ma che fu bloccato dal fare un governo dalle fazioni monarchiche in parlamento.

La corte costituzionale determinò che la campagna del MFP per emendare la lesa maestà era illegale e su queste basi dissolse il partito, rendendo ancora più impossibile emendare questa legge draconiana.

Nel frattempo il secondo partito classificatosi Pheu Thai Party si è unito ai partiti dello spettro politico per formare due coalizioni di governo.

Mentre il governo in carica è presieduto dalla giovane Paetongtarn Shinawatra, si pensa che sia controllato dal padre Thaksin Shinawatra, egli stesso ex premier che ha passato 15 anni in esilio per sfuggire ad accuse di corruzione. Nel 2023 è tornato in Thailandia con un presunto accordo politico per un trattamento più lieve.

Rivelatore è il suo prostrarsi davanti alla foto del Re e della Regina non appena ha messo piede in Thailandia.

Eppure nonostante l’essere scomparsi dalla coscienza pubblico, i giovani manifestanti hanno lasciato un marchio indelebile nella politica thai.

“L’eredità principale di questo movimento è il loro contributo ad un cambio ideologico in Thailandia. L’umore popolare in quei giorni, nel mezzo della pandemia, era di chi metteva in discussione lo status quo. C’era un reale risentimento per le ingiustizie e i privilegi dell’elite” dice Janjira Sombatpoonsiri, ricercatrice di Bangkok per German Institute for Global and Area Studies.

“Il movimento lo fece conoscere in pubblico ed iniziò a discutere delle istituzioni fondamentali che sostengono lo status quo”

“Questo ora non può essere invertito indipendentemente dalla repressione del movimento e dal fatto che non ci siano movimenti di massa contro l’elite” aggiunge la ricercatrice.

Alcuni giovani militanti politici dicono che possono attendere.

Patsaravalee Tanakitvibulpon si dibatte tra 15 accuse di partecipazione alle proteste di cui tre accuse di lesa maestà. Lei lavora su questioni delle risorse come terra e acqua che lei crede siano fortemente legati alla struttura di potere della Thailandia.

“Combatto ancora ma il metodo che ho scelto è appropriato con le circostanze attuali” racconta la militante. “Le discussioni sulla monarchia si hanno ancora online anche se non ci sono proteste”.

Sebbene ci siano stati tentativi di introdurre una legge di amnistia per le vittime di persecuzione politica, è improbabile che alle persone accusate di lesa maestà siano condonate le accuse, dice Janjira che è membro del parlamento che esamina questa legge.

Non esiste un sostegno sufficiente tra i legislatori o tra la gente per questa amnistia su una cosa così controversa.

Nonostante la minaccia del carcere Rung è ottimista sul cambiamento politico in Thailandia semplicemente perché i maggiori difensori dello status quo appartiene a generazioni più grandi.

“Loro sono più vecchi di noi. Moriranno prima di noi” dice realisticamente. “Se riusciamo a mantenere l’idea del cambiamento, l’idea di democrazia, di uguaglianza nella nostra generazione e in quelle che seguono, forse un giorno la Thailandia diventerà più diversa ed equa”.

Benjamaporn, dal canto suo, non si pente di nulla anche se è stata costretta all’esilio.

“Il sistema scolastico thai è gradualmente cambiato e gli studenti sono diventati più bravi e più coscienti dei loro diritti. Sono orgoglioso di quanto ho fatto. Se potessi riportare indietro le lancette dell’orologio, lo rifarei ancora” dice la militante in Canada.

Tan Hui Yee, The Straits Times

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