Uno stato nello stato: militari e democrazia per Sulak Siravaksa

Non dobbiamo dimenticare che i militari sono uno stato dentro lo stato, è l’analisi dello storico Thailandese Sulak Siravaksa

Di seguito pubblichiamo un intervento di un critico famoso thailandese, di stampo buddista e socialista, ma anche vicino alla famiglia reale per qualche tempo, nel passato accusato anche di lesa maestà, Sulak Sivaraksa. In una pagina di Facebook si esprime così su questo golpe.

sulak sivaraksa

Ho suggerito che sarebbe meglio interessarsi della rivista PLAYBOY poiché pensavo che ora è il tempo di affidarsi all’umorismo più che al dolore, alla rabbia o all’odio. Non è bene essere attaccati ad un particolare sentimento. E il sogno che i militari non avrebbero lanciato un altro golpe si è dimostrato illusorio e vuol dire che, forse inconsciamente, abbiamo dato troppo rispetto ai soldati.

Non dobbiamo dimenticare che i militari sono uno stato dentro lo stato.

Se politici, eletti o meno, deviano troppo dalle linee disegnate dai militari, non lo accetteranno. Sfortunatamente i militari non hanno imparato molto dai loro precedenti errori. Vale a dire ogni golpe finora è stato un totale fallimento, ed i militari si devono assumere la loro piena responsabilità.

Come all’indomani del golpe precedente i militari potrebbero nominare una persona “neutrale” come primo ministro o chiedere per un premier nominato dal Re. In qualunque caso i militari non possono negare la responsabilità per le conseguenze di questa decisione.

Guardiamo i casi dei premier nominati dal Re come Sanya Dharmasakti, Thanin Kraivixien, e Anand Panyarachun. Sono tutti e tre individui buoni ed onesti. Il primo è buono come un bravo fedele. Il secondo è un estremista di destra. Ed il terzo è un neoliberale.

Il primo ministro di nomina reale del dopo golpe del 2006 è un generale fortemente disciplinato come anche un devoto buddista. Ci si deve chiedere una semplice domanda: Fino a che punto questi individui hanno avuto successo? Sono stati bravi per i poveri e gli esclusi dalla società?

Sarà capace il Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine, NCPO, che prese il potere il 22 maggio del 2014. a trovare un migliore cavaliere sul cavallo bianco di questi quattro individui?

Anche se la giunta non riesce a trovare un cavaliere bianco per risolvere le crisi multiple che il paese attraversa, chiunque tra loro comprende davvero l’ingiustizia strutturale della società Thailandese come anche l’ordine regionale asimmetrico nella zona Asia Pacifico?

Sono consci dei pericoli dell’imperialismo cinese o Americano, o del MNC, alcuni dei quali sono di proprietà Thailandese come CP e ThaiBev?

I due ultimi attori forse non saranno “cattivi” come Thaksin Shinawatra semplicemente perché si sono astenuti dall’entrare direttamente in politica. Ma hanno tratto benefici enormi dal potere dello stato in un modo che la stragrande maggioranza della popolazione non ha mai fatto. Se non si pone la giusta domanda, persino il cavaliere bianco non potrà dare la migliore domanda o soluzione. Saremo perciò imbottigliati in un circolo vizioso.

Affrontiamo ora qualche tema più specifico.

Lasciatemi ripetere una questione importante. Quando diciamo che vogliamo che il nostro paese sia una monarchia costituzionale, non dovremmo specificare anche il fatto che il monarca deve essere soggetto alla costituzione e quini non è un monarca divino?

Quindi il monarca non deve possedere diritti divini o privilegi celestiali. Le attività reali e la gestione della proprietà reale deve essere resa trasparente e con dei responsabili. Quindi per esempio, L’Ufficio delle Proprietà della Corona deve essere posto sotto il controllo dello stato e rispondere al pubblico scrutinio. Inoltre il noto articolo 112 del codice penale deve essere abolito (in accordo al desiderio del Re che è stato espresso numerose volte). Queste misure aiuteranno anche a rafforzare la stabilità della monarchia.

Tante magliette rosse non sono servi di Thaksin. Hanno lottato con spavalderia per la libertà dalla dominazione degli Ammarts, (la classe reale, le forze dell’assolutismo, gli ufficiali di stato che opprimono i cittadini comuni, gli abitanti affluenti della capitale che guardano con ribrezzo ai poveri e alla gente delle campagne).

Se non riusciamo a prendere questo punto importante non potremo affrontare il crescente antagonismo di classe nel paese. Allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che questa lotta si deve articolare in direzione della libertà dallo sfruttamento del capitale. Troppo spesso non siamo solo dominati ma sfruttati. E i dominati possono essere uno degli sfruttatori.

Il problema del dominio di una classe e della divisione città campagna lo si può far risalire almeno al regno di Re Chulalongkorn. Naturalmente Re Rama V iniziò tante riforme di cui ha beneficiato il paese. Allo stesso tempo molte riforme hanno avuto disastrose conseguenze che si possono percepire fino al presente.

Un caso specifico è la centralizzazione del potere a Bangkok. Questo ha portato alle relazioni asimmetriche ed oppressive politicamente, culturalmente ed economicamente tra Bangkok e le province, particolar modo Il meridione e le parti del nordest del regno. Il punto pertinente non può essere di far godere a tutti del privilegio e dei benefici dei ricchi, del dominante, dell’incluso o del potente, ma rendere l’ultimo rifiutare o lasciar andare i privilegi cosicché saranno alla pari con le persone ai margini o gli esclusi. Questa potrebbe essere la vera base per l’eguaglianza.

Deve esserci una grande riforma agraria nel paese che garantisca uguali diritti della terra a tutti. Deve essere fermata l’accaparramento della terra. Padroni non produttivi che ricavano rendite monopolistiche devono pagare tasse molto maggiori; o i poveri senza terra devono avere il diritto di usare bene le terre improduttive. L’ufficio delle proprietà della corona possiede circa il 30% dei suoli di Bangkok. ThaiBev possiede suoli grandi quando Chiang Mai. E’ accettabile? Questa questione deve essere politicizzata?

Quando si parla di democrazia, l’attenzione deve essere sul nocciolo di emancipazione, non sulla sua forma. Date un’occhiata ai parlamentari del periodo 1932-1947.

Nonostante l’occupazione giapponese e il primo ministro autocratico tanti di loro erano autonomi e possedevano coraggio morale. Si impegnavano in modo ammirevole al benessere dei loro cittadini e del paese come pure alla causa della democrazia e dell’indipendenza nazionale.

Molti di loro si unirono al Free Thai Movement che aiutarono a restaurare la sovranità nel paese del dopoguerra. Comunque dopo la seconda guerra mondiale tanti di loro furono assassinati come Tiang Sirikun di Sakon Nakhon, Chamlong Daoruang di Mahasarakham, Tawil Udul di Roi Et e Thong-in Phuripat di Ubon.

Sebbene Pridi Banomyong non fosse stato assassinato, la sua reputazione fu macchiata seriamente e dovette passare il resto della sua vita in esilio. Se non riusciamo a riconoscere le virtù di queste figure sarà difficile restaurare il coraggio morale in Parlamento.

La maggioranza dei nostri Parlamentari sarà semplicemente serva e leccapiedi del potere di turno. Molti in pubblico continueranno a venerare falsi eroi come le figure militariste che massacrarono le persone e bloccarono la democrazia come Phibunsongkram, Sarit Thanarat, Phao Sriyanond e, di recente, Chatichai Choonhavan.

Quindi non si riesce ad esagerare sull’importanza dell’istruzione. Quando Pridi Banamyong fondò l’università delle scienze morali e politiche, la Thammasat University, intendeva non solo coltivare la conoscenza ma anche il Dhamma che vedeva come un’arma potente per le cause di emancipazione e di potere della popolazione.

E le università comprendessero la sostanza di questa idea ripenserebbero e fermerebbero la tendenza verso la privatizzazione e spingerebbero l’istruzione nella direzione della formazione triplice. Basta dire che questo comporta usare la moralità, meditazione e la saggezza per l’emancipazione; cioè superare le forze dell’odio, della cupidigia e della delusione nel mondo contemporaneo.

Per esempio un’istruzione secondo la formazione triplice lavorerà per restringere o eliminare la differenza oscena tra il ricco ed il povero; prenderà la sostenibilità ambientale seriamente; vedrà i pericoli del capitalismo e del consumismo; ridurrà l’egoismo; coltiverà la verità, il bene e la bellezza e così via.

In ultimo i mass media più soliti hanno bisogno di una grande rivoluzione nella struttura e nei contenuti se devono essere un mezzo di emancipazione, se ci devono aiutare a vedere alternative all’ordine attuale. Come si realizzerà sarà il risultato di uno sforzo collettivo.

Ci sono alcune delle questioni cruciali da considerare per ringiovanire i potenziali emancipatori della democrazia. La mia scommessa è che la democrazia sarà ringiovanita solo passando attraverso un socialismo del dhamma.

Pridi Banomyong considerava la democraiza lungo le linee del Socialismo del Dhamma. Provò ad apprenderlo dal Buddhadasa Bhikku per adattarlo alla società thailandese. Fallì. Il colpo di stato del 1947 distrusse la vita politica di Pridi e distrusse i movimenti democratici nel paese. I potenziali di emancipazione della democrazia devono ancora essere reclamati. NCPO potrà avere successo nel rompere la schiena a Thaksin Shinawatra ma se non afferrano le raioni dette su non potrà mai trasformare la crisi in un nuovo inizio. In altre parole la giunta o qualunque governo di dopo golpe fallirà tanto disastrosamente come tutti i precedenti.

Considerate per favore queste parole come un avviso di cautela, non una maledizione o di severità poiché ho sempre provato ad essere un kalyanamitta, un compagno virtuoso di tutti. E come tale devo dire cose che la giunta non vorrà sentire. Se la giunta dubita della mia sincerità, allora uesto è il meglio di quanto posso fare per aiutarla.

Sulak Sivaraksa 23 May 2014 FACEBOOK

La rivoluzione siamese del 1932 per lo storico thai Sulak Sivaraksa

Sulak Sivaraksa è nato appena dopo la rivoluzione siamese del 1932 in cui intellettuali thai e membri della elite si unirono ad elemento dei militari delusi per fare un golpe incruento che mise fine a quasi sette secoli di governo assoluto della monarchia.

La rivoluzione siamese del 1932 lanciata prima dell’alba del 24 giugno non abolì l’istituzione monarchica trasformando il regno in una repubblica, ma la rese una monarchia costituzionale.

sulak sivaraksa e la rivoluzione siamese del 1932

La vita del rispettatissimo e chiaro studioso thailandese Sulak Siravaksa copre nove decenni da quel momento storico della Thailandia moderna che ha visto oltre 12 colpi di stato andati a segno dilazionare la richiesta del popolo thai di una democrazia completa.

“Prima del 1932 il monarca era al di sopra della legge, ed era l’unico. Dopo la rivoluzione del 1932 tutti divennero uguali, tutti sotto la legge, e quella fu la prima vittoria” ha detto Sulak, noto studioso thai, a Benarnews in un’intervista.

“In questi 90 anni siamo al momento nel punto più basso” dice Sulak Siravaksa che cammina usando il bastone che appartenne a Pridi Banomyong, il leader della rivoluzione siamese del 1932 e che scrisse la prima costituzione thailandese.

Pridi Banomyong Thammasat University

Nel frattempo la monarchia resta potente e profondamente radicata nella società thai protetta da una legge draconiana contro la diffamazione dei reali.

Sulak stesso è stato accusato e perseguito più volte secondo la legge di Lesa Maestà che può portare la gente in carcere per il più piccolo attacco percepito ai reali, come il condividere o “mi piace” per un articolo controverso sui Reali su Facebook.

Il governo del Premier Prayuth Chanocha, colui che guidò il golpe del 2014 rimanendo al potere sin da allora, ha usato questa legge per perseguire i giovani attivisti democratici.

“Il generale Prayuth afferma che questa è una democrazia, ma è una democrazia falsa perché lui è un soldato che non ha mai abbandonato il suo posto. E’ ancora al potere da nove anni e non vuole dimettersi” dice Sulak che ora ha 89 anni.

La rivoluzione siamese del 1932 diede inizio alla cosiddetta era costituzionale nel paese del Sud Est Asiatico, e per un breve brillante periodo la Thailandia ha avuto una “democrazia completa”, secondo Sulak.

Comunque entro il primo anno della rivoluzione il premier di allora Phraya Manopakorn Nititada fu cacciato da un golpe militare nel giugno 1933 appena dopo due mesi che prese il potere per sé stesso sciogliendo il parlamento.

Dopo un altro golpe nel 1947, “il capo golpista lodò il monarca, che ancora era soggetto alla costituzione. Loro trasformarono il monarca in una figura divina e al di sopra della costituzione perché credettero che solo il monarca avrebbe potuto combattere contro il comunismo” ricorda Sulak.

Da allora la monarchia è diventata irreprensibile. La rivoluzione del 1932 d’altro canto è raramente citata nei libri di storia e quella giornata è celebrata in tutta fretta e sopravvivono pochi monumenti celebrativi.

“La connessione tra monarchici e militari è una eredità di una transizione lunga e mai terminata dalla monarchia assoluta” scrisse Thongchai Winichakul, professore di storia del Sud Est Asiatico presso University of Wisconsin a Madison in un articolo del 2020 sul Nikkei.

“Non abbiamo mai conquistato la democrazia costituzionale genuina promessa dal Partito del Popolo che sostenne la rivoluzione del 1932 contro Re Prajadhipok”

Secondo Thongchai la monarchia “raggiunse una incontestabile autorità morale” negli anni 70. “Quella influenza fu trasformata poi in dominio politico che si prolunga fino ai giorni nostri”.

Nel 2017, scomparve una piccola placca in ottone che si trovava nel mezzo della strada nella Royal Plaza di Bangkok a commemorare la rivoluzione siamese del 1932 per essere sostituita da una simile che portava l’iscrizione in favore della monarchia.

La rivoluzione siamese “fu l’inizio di una richiesta di democrazia e l’inizio della lotta per essa. Era precaria perché chi fu coinvolto nella rivoluzione del 1932 rischiava la propria vita” dice il militante democratico Amon Nampa che all’età do 37 anni è accusato di Lesa Maestà. Nella loro lotta per una democrazia costituzionale completa lui e gli altri militanti hanno voluto rischiare la libertà o la vita, sostiene Amon Nampa.

La rivoluzione siamese del 1932 agli occhi dello storico Sulak

Sulak che nacque in una agiata famiglia Thai Cinese nel marzo 1933 ha studiato storia e letteratura negli anni 50 in Gran Bretagna tornando in patria nel 1961 ed ha insegnato nelle università di Bangkok.

E’ il fondatore della rivista thailandese Social Science Review che ebbe un ruolo di rilievo nella rivolta studentesca che rovesciò il governo militare del 1973.

Nel 1976 la Thailandia visse il suo golpe più sanguinoso in cui furono uccisi centinaia di studenti e migliaia furono incarcerati. I militari bruciarono tutti i libri della libreria di Sulak che era il centro per militanti e intellettuali ed emisero un mandato di arresto contro di lui che era in quel momento all’estero dove rimase in esilio per altri due anni.

Sulak ha aiutato a formare tante organizzazioni di base e ricevette per la sua militanza il premio Right Livelihood Award, conosciuto come il Premio Nobel Alternativo nel 1995.

Sulak si considera “un vero amico della monarchia” ma è stato in carcere quattro volte ed è stato cinque volte accusato di aver diffamato la monarchia thailandese.

La monarchia “è un soggetto molto pericoloso in questo paese. Sia che tu la odi o la ammiri ciecamente” ha detto Sulak in un gruppo di discussione al Foreign Correspondents’ Club of Thailand.

“Per me sono sbagliate entrambe le posizioni. La monarchia naturalmente è un’istituzione rappresentata dal re attuale e il re è un essere umano, con le sue debolezze, i suoi punti di forza, che dobbiamo provare a capire” dice Sulak.

“E con quella comprensione forse, si può umilmente suggerire di cambiare perché il re, sono abbastanza sicuro, ascolterà. E persino lui non può cambiare tutto” dice Sulak.

Re Maha Vajiralongkorn gli ha recentemente dato udienza privata per 90 minuti.

“E le sue principali preoccupazioni erano tre: sopravviverà la monarchia in questo paese, come opererà il buddismo in modo significativo e terza cosa se la democrazia si adatterà a questo paese” ha detto Sulak.

All’altro lato dello spettro sociale i giovani thai danno un briciolo di speranza a Sulak.

“Le giovani generazioni comprendono la Thailandia. La struttura è ingiusta e dà benefici solo ai ricchi e a chi ha potere e si avvantaggia dei poveri” ha detto nella sua casa a Bangrak.

“Per me la democrazia deve avere libertà di parola, di argomentare e di essere in disaccordo mentre si rispettano le opinioni differenti” dice lo storico sociale che ha scritto un centinaio di libri su Buddismo, monarchia thai e questioni sociali.

Nel 2020, quando apparvero nelle strade le grandi proteste giovanili contro il governo Prayuth, Sulak scioccò molti partecipando a molte manifestazioni.

“Sono solo un vecchio che cerca le generazioni più giovani. Ho visto i giovano che sono così forti nel combattere contro la dittatura” ha detto. “Spero che la Thailandia nel celebrare i cento anni di democrazia si muoverà in avanti e non all’indietro come fa in questi giorni”.

Subel Rai Bhandari e Wilawan Watcharasakwet BENARNEWS

Elefante nella stanza carica lo storico thai Sulak Sivaraksa

L’elefante non è semplicemente nella stanza, ma sta anche caricando con le sue zanne una persona anziana con il bastone, lo storico thailandese Sulak Sivaraksa.

Lo si è già detto molte volte: un nuovo giorno, un nuovo racconto di lesa maestà. Questa volta l’interpretazione della legge molto discussa ci riporta molto indietro nel tempo, al 1593 per esser precisi, in un polveroso e sperduto campo di battaglia prima che esistesse la stessa Thailandia.

Questa settimana la polizia ha proceduto ad accusare lo storico thailandese Sulak Sivaraksa per essersi chiesto a voce alta, tre anni fa, se la battaglia di elefanti tra Re Naresuan di Ayutthaya ed un principe birmano del XVI secolo fosse davvero accaduta.

Ad ottobre del 2014, in un seminario sulla decostruzione della storia, Sulak espresse la propria idea su quell’episodio storico, e immediatamente due militari di grado lo denunciarono alla Stazione di Polizia di Chanasongkram per aver diffamato la monarchia, una violazione dell’articolo 112.

Il fatto, allora, catturò i titoli di testa per la sua natura estrema, ma nessuno pensò che sarebbe continuato a vivere fino ad essere ripreso.

Lunedì, lo storico Sulak Sivaraksa ha incontrato l’accusa presso la Corte Marziale, certo quella militare, e la decisione finale se si andrà a processo o meno sarà data il 7 dicembre. Se vanno fino in fondo, come fatto in precedenza con molti altri, Sulak, all’età di 85 anni, rischia 15 anni di carcere.

I nuvoloni neri sono scesi così bassi che pensavamo non sarebbero potuti scendere di più. Si scopre che la Thailandia di questi anni ha un magazzino inossidabile di sorprese spiacevoli.

La vastità dell’interpretazione della legge 112 è stata una delle questioni centrali della politica thailandese moderna, e mentre ci sono stati casi da far alzare il sopracciglio e la temperatura corporea, come quello di Pai Dao Din per citarne uno, questa lettura lettura feroce della legge per includere un fatto di 400 anni fa rasenta la commedia nera.

Sulak, monarchico famoso molto determinato dalla verve pungente, non è affatto nuovo quando si parla di articolo 112. E’ stato accusato quattro volte prima di ora e l’ha fatta franca sempre. Quando è comparso con il suo onnipresente bastone, ha avuto una reazione di accettazione rassegnata, eppure c’è da essere sicuri che la strana applicazione della legge contro cui ha si è sempre opposto deve averlo fatto pensare.

Per noi il caso crea serie preoccupazioni. Possiamo permetterci di discutere di storia? Cosa è la Storia?

Il duello degli elefanti tra Re Naresuan e il principe reale Mingyi Swa è un capitolo che ogni studente legge nei testi di scuola ed ad essere onesto era una delle storie meno noiose. E’ una cronaca ricca di azione di coraggio principesco, guerra di pachidermi e da sciovinismo sanguigno, quando i due pachidermi si scontravano nel mezzo di un campo di battaglia. Ovviamente aiuta il fatto che vincemmo.

Direi che la nostra sfiducia intrinseca ed il senso di superiorità verso la Birmania, entrambe errate, hanno molto delle loro origini in quel capitolo della storia.

Come sappiamo, l’episodio è stato adattato per un film e per la televisione, La leggenda di Re Naresuan, apparsa tra il 2007 ed il 2015. Insieme al libro di testo, la ricca licenza d’azione che raggiunge il suo massimo con la battaglia degli elefanti, che persino Game of Throne infestata da dragoni non osa emulare, riesce a trapiantare la storia in immaginazione popolare, cementando il messaggio sciovinista e confermando l’indiscutibilità di tutto. Il film eguaglia la storia, e la storia eguaglia i film. Per tanta gente è un mondo facile in cui vivere.

L’importanza di quel duello di elefanti nella coscienza storica tradizionale è probabilmente una delle ragioni per cui i militari hanno accusato lo storico thailandese Sulak Sivaraksa.

Ma cosa è la storia se non possiamo scavare per esaminare la trama che si nasconde dentro? Ricordate la teoria delle Montagne Altai, il luogo da dove presumibilmente sarebbero partite le tribù Thai e che fu poi rigettata, ma che fu usata nei libri delle superiori. Oppure l’attuale dibattito, utile, necessario e arricchente, indipendentemente da quello che sarà il verdetto ufficiale, sulla Iscrizione su Pietra di Re Ramkhamhaeng di Sukhothai.

Ponendosi domande Sulak Sivaraksa fa un servigio alla storia thailandese, non la danneggia.

Altrimenti, come in molti casi dell’articolo 112, l’essenza delle presunte violazioni si mischia nel calderone dell’alchimia politica, agitato dall’effetto della paura. E qualcosa di cui non possiamo raggiungere o vedere il suo fondo.

Sulak Sivaraksa

Al momento c’è una campagna online per chiedere allo stato di far cadere l’accusa contro lo storico thailandese Sulak Sivaraksa, mentre varie agenzie di notizie internazionali hanno riportato il caso con un tono di profondo stupore. Times of London scrive: “Pensionato rischia il carcere perché ha dubbi sulla storia Thailandese”

Per quanta paura si abbia, c’è anche molto più imbarazzo. Ed è probabile che non sarà l’ultima volta.

Kong Rithdee, Bangkokpost.com

Lo storico Thai Sulak Sirivaksa e le accuse di lesa maestà

Di fronte al rischio potenziale di una condanna al carcere per aver messo in dubbio i resoconti storici sulla battaglia di elefanti di un antico Re Thailandese, l’anziano e rispettato critico sociale Sulak Sirivaksa si appellò al Re Maha Vajiralongkorn alla ricerca di un aiuto reale.

L’accusa, lanciata secondo la legge di lesa maestà alla fine del 2014 da due soldati, è stata presto lasciata cadere da un tribunale militare dopo anni di indagini prolungate. Sulak, che si proclama un monarchico radicale e critico feroce dei militari, afferma che il caso è stato lasciato cadere dopo l’intervento del Re presso il generale Prayuth Chanochoa sulla questione.

“Se il caso fosse andato nel tribunale militare, sarebbero stati costretti a mettermi in prigione senza alcuna legge, perché la legge non significa nulla per loro” ha detto Sulak in una intervista recente tenutasi nella sua casa tradizionale di legno nel centro di Bangkok, riferendosi all’accusa militare.

“Tantissime lettere, email di Amnesty International, Pen International, dai Premi Nobel di tutto il mondo, ma Prayuth non ha fatto nulla. E quando il re gli ha detto di far cadere il caso, ovviamente è stato il consiglio reale a funzionare”.

La giunta realista thailandese ha accresciuto il numero di accuse di lesa maestà contro i critici del palazzo, da quando prese il potere nel golpe del 2014, mentre i tribunali militari hanno inflitto alcune delle sentenze al carcere più lunghe mai viste secondo una legge considerata tra le più dure del genere in tutto il mondo da esperti di legge e militanti dei diritti.

La repressione giunse sullo sfondo di quello che era vista come una successione reale incerta da Re Bhumibol, scomparso il 13 ottobre 2016, al suo erede principe Vajiralongkorn.

La giunta si è giustificata in parte affermando che voleva eliminare disegni antimonarchici compreso uno presunto ad interferire durante i riti funebri sacri di Ottobre 2016. Più di recente il regime militare ha affermato di essersi infiltrato e distrutto un movimento repubblicano, che stava distribuendo magliette repubblicane, con legami ad un agitatore antimonarchico di base in Laos.

Ma mentre Re Vajiralongkorn consolida con forza e velocità il suo palazzo reale e i grandi generali sembrano destinati a cedere il potere alle prossime elezioni di restauro della democrazia all’inizio del prossimo anno, ci sono chiari segni nascenti che la temuta legge sarà usata con meno frequenza nel nuovo regno.

Sulak conosce questa legge che protegge in modo stringente il Re, la Regina ed il reggente da ogni critica nel nome della sicurezza nazionale.

Negli anni 80 e 90 Sulak si trovò di fronte ad accuse simili per la sua critica ad una generazione precedente di golpisti e le richieste di riforme reali che miravano a suo dire ad assicurare la sopravvivenza di lungo periodo alla sacra istituzione.

Sulak sostiene da molto tempo ormai che la legge di lesa maestà, che può dare pene di 15 anni di carcere con un tasso di condanne del 99% dei casi andati in tribunale, deve essere fondamentalmente riformata.

Sulak sostiene che il re Vajiralongkorn ha riconosciuto gli abusi passati di questa legge fatti a scopo politico durante una recente audizione personale avuta col Re in cui gli ha offerto il proprio consiglio su molte questioni.

“Dissi al re che suo padre lo aveva detto chiaramente, ed è scritto, che chiunque lanci un’accusa di lesa maestà lo danneggia personalmente e mina la monarchia” ha detto Sulak. “E puoi dirlo pubblicamente che il Re ha scritto personalmente alla Corte Suprema e all’Avvocatura dello Stato, e da allora non ci sono stati altri casi di articolo 112”

Questo è successo questo anno, come attestano avvocati e diplomatici che seguono le accuse secondo questa legge, sebbene pochi hanno pubblicamente parlato delle ragioni. Avvocati dei diritti umani di Bangkok che non vogliono essere citati notano come alcuni loro clienti, accusati secondo la legge, si sono visti prosciolti in modo inesplicabile dai loro accusatori di stato.

A fine settembre, con una sentenza senza precedenti, una corte d’appello thailandese ha ribaltato le accuse di lesa maestà contro sei persone tra i 18 e i 20 anni per aver incendiato i quadri dei Re Vajiralongkorn e Bhumibol. Invece sono stati condannati a condanne lunghe per danneggiamento della proprietà pubblica. Il tribunale non ha dato spiegazioni sulle ragioni delle mancate condanne di lesa maestà.

In un altro processo di lesa maestà, un sospettato che si era dichiarato in precedenza colpevole di lesa maestà ha visto il suo proscioglimento dopo che il giudice dichiarò che non esistevano prove a sufficienza per condannarlo.

I militanti notano che persino coloro che erano stati coinvolti in un presunto disegno repubblicano antimonarchico non erano stati detenuti o accusati secondo la lesa maestà.

Per Sulak queste accuse lasciate cadere sono indicative della “grazia” del nuovo re. Mentre la legge permette a chiunque di accusare qualcuno in difesa della corona, Sulak dice che è chiaro ora che i prossimi casi potranno andare avanti nelle indagini e nelle accuse con il consenso della famiglia reale. Questo segnerebbe un cambiamento da padre in figlio.

“Re Bhumibol si considerava un re costituzionale, e lui non interferiva” ha detto Sulak riferendosi alle accuse di lesa maestà fatte e perseguite nel regno di suo padre. “Usava una via indiretta, alla siamese, parlava ai giudici, alla accusa, ma molti ignoravano il suo avviso.”

Ma il re di oggi, in modo differente dal padre, non solo consiglia, ordina.” dice Sulak in riferimento alla diversa applicazione della legge. In Thailandese usa il Pradet, o potere reale, e Prakun, il perdono reale”.

Re Vajiralongkorn si è mosso alacremente e con scopo nel consolidare il suo regno che pochi diplomatici ed osservatori hanno previsto, quando accettò di salire al trono a fine 2016. Quello ha portato ad una nuova centralizzazione del potere reale che era cresciuto in modo diffuso in alcuni reami durante le ultime fasi del regno riverito da tutti Re Bhumibol.

Dicono che lo si vede negli emendamenti richiesti dalla famiglia reale e ricevuti nella costituzione fatta dai militari che riaffermava certe prerogative e poteri reali che non erano incluse nella versione approvata nel referendum di agosto 2016.

Lo si è visto nelle riforme guidate dal palazzo del Clero Buddista, Sangha, dove molti monaci anziani ribelli sono stati di recente sospesi a divinis.

Sulak, che ha offerto la propri opinione al re sulla riforma della Sangha, dice che i recenti cambiamenti al codice e struttura del clero non sarebbero stati possibili senza il sostegno morale del nuovo re.

Altri osservatori si domandano del pensiero di Re Vajiralongkorn sulla transizione incerta alla democrazia dopo quattro anni di governo militare. Il Re, che non ha mai parlato pubblicamente sulla questione, ha firmato le leggi elettorali ultime il 12 settembre scorso, il passo finale per far iniziare il processo legale per tenere nuove elezioni.

Alcuni danno importanza ad un recente manifesto distribuito alle missioni diplomatiche a Bangkok dove si indica che Re Vajiralongkorn presiederà la cerimonia d’apertura di un evento del King Prajadhipok Institute dal titolo “La democrazia Thailandese si muove” da farsi, forse in modo simbolico, il giorno 8 novembre alle Nazioni Unite a Bangkok.

L’ONU aveva espresso la propria grave preoccupazione sull’uso dell’articolo 112 di lesa maestà e l’impatto su quello che definiva “esercizio legittimo del diritto di espressione”.

Il governo militare rispondeva nella lettera come la legge “è in accordo alla tradizione e ai valori culturali thailandesi” e che la monarchia era “riverita da tutti i thailandesi”.

Quello scambio di lettere potrebbe essere in qualche modo datato perché l’uso della legge sembra essere molto meno pressante. Sembra sempre più chiaro che la cerimonia di incoronazione da prevedere di Re Vajiralongkorn avrà luogo dopo e non prima le elezioni e dopo che si instaura il governo democratico.

“La democrazia inizia con la libertà di espressione e di discussione” dice Sulak che echeggia una frase del suo libro “Fedeltà richiede il dissenso” dove racconta i suoi scorsi passati legali. Sulak crede ancora che la monarchia deve essere aperta al dissenso per sopravvivere e che il cambio di uso della legge è un passo nella giusta direzione.

Ma fino a quando gli accusati di lesa maestà sono ancora nelle corti marziali, i condannati languono senza perdono dietro le sbarre, e l’articolo 112 resta scritto allo stesso modo, Sulak dice:

“Avrò sempre i miei interrogativi se sia davvero possibile la critica aperta”

Shawn Crispin, Atimes.com

Pubblicità
Taggato su: , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ottimizzato da Optimole