Movimento di riforma della monarchia thailandese dopo due anni

Dove è finito il movimento di riforma della monarchia thailandese che per due anni ha tenuto grandi manifestazioni di massa che hanno scoperchiato uno dei tabù della società thai e che ha subito attacchi legali senza precedenti dallo stato?

movimento di riforma monarchia thai

Prima di provare a fare il punto a questa domanda seguendo quanto scritto su Prachatai.com, ricordiamo che alle ultime manifestazioni presso il triangolo di Din Daeng a Bangkok sono morte almeno due persone.

Il primo è un ragazzino di 15 anni, Warit Somnoi, che fu sparato il 16 agosto del 2021 con proiettili veri davanti alla stazione di polizia di Din Daeng e che rimase in coma per due mesi.

Il secondo è un uomo di 64 anni, Mana Hongthong che ha l’unica colpa di abitare nello stesso triangolo di Din Daeng e che colpito da un proiettile di gomma il 15 agosto 2021 che lo lascerà paralizzato.

Secondo l’autopsia della polizia Mana è morto di Covid-19 anche se non ha potuto incontrare nessuno e nessuno dei familiari è risultato positivo.

Anche per questa morte non esistono i responsabili, né esistono forme di risarcimento.

Dove è finito il movimento di riforma della monarchia thailandese che diede inizio a due anni di proteste di massa? Esiste ancora?

Secondo i militanti più noti esiste la difficoltà fondamentale di trasformare il sostegno crescente per la riforma della monarchia in azione concreta, anche perché i partiti politici sono ben attenti a non toccare la questione.

Come ricorda il Prachatai, il tutto ebbe inizio l’8agosto 2020 con un discorso di Anon Nampa ad una piccola manifestazione sul bisogno di riformare la monarchia thai per riportarla sotto i limiti della costituzione.

“Parlare di questo non significa rovesciare la monarchia ma permettere alla monarchia di esistere nella società thai nel modo giusto e legittimo come monarchia democratica e costituzionale” disse Anon Nampa in una manifestazione a tema di Harry Potter.

Quelle parole accesero tantissimi mesi di incredibili manifestazioni di massa che ora hanno lasciato il campo a tante denunce per lesa maestà, sedizione e tradimento, oltre che ad un silenzio che riporta il tema della riforma allo stato di tabù, intoccabile neanche nel parlamento.

“La tendenza è scemata in qualche modo, è la natura di queste cose” dice Anon a Prachatai, dopo essere stato rilasciato dal carcere su cauzione dopo alcuni mesi per l’accusa di lesa maestà.

Ovviamente per Anon Nampa, il sentimento di sostegno alla riforma non è scemato ma si è rafforzato e deve trovare nuove modalità per esprimersi.

“Non è morto” dice la militante Chontika Jaengrew. “Ha avuto un impatto chiaro e tangibile sulla società. E’ cambiato il modo di esprimersi del movimento”.

E che debba trovare nuove modalità è chiaro dal basso numero di manifestanti nelle manifestazioni del 30 gennaio e dell’8 febbraio.

Le ragioni di questo rallentamento sono abbastanza ovvie: da un lato la pandemia da COVID-19 che ora vede di nuovo un numero molto alto di infezioni; dall’altro l’uso continuo della forza da parte della polizia, le pesanti denunce per lesa maestà e le continue pressioni della polizia sulle famiglie dei giovani coinvolti.

Chontika ammette che il movimento non è ritornato più in piazza con la forza di prima ma che ci sono delle ragioni precise:

“C’è il Covid, i processi legali, la gente in prigione e le repressioni violente. Il tutto porta ad un ambiente che colpisce la fiducia della gente … Non è strano che le manifestazioni non riescano più a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati, con tutte le intimidazioni. Ma le nostre richieste non sono morte”.

Bisogna ricordare inoltre che la legge di emergenza per il Covid e l’uso sproporzionato della forza da parte della polizia hanno reso impossibile la libera espressione con l’uso continuo dei lacrimogeni, dei cannoni ad acqua, dei proiettili di gomma, delle violenze.

“Facevamo tantissime pressioni sul governo allora, ma ci è costato tantissimo come i manifestanti che erano feriti. E’ un costo che non vale la pena.” dice Anon.

Forse il peso maggiore lo ha avuto la rivalsa legale del governo che ha assunto forme sempre più di attacco indiscriminato.

Gli avvocati dei diritti umani thai, TLHR, che forniscono assistenza legale a chi è accusato di lesa maestà sostiene che sono state denunciate per lesa maestà 173 persone da novembre 2020, quando il governo Prayuth decise di ritornare ad usare la lesa maestà in risposta alle proteste.

Ci sono tra i 173 accusati anche 14 minorenni, mentre molti sono stati incriminati perché con i vestiti sembravano imitare persone della famiglia reale, o perché puntavano il piede contro il ritratto di Re RamaX.

“Proprio questo venerdì un tribunale ha condannato un uomo per lesa maestà a due anni di carcere per aver posto un adesivo su un ritratto gigante di Re Vajiralongkorn durante una protesta vicino al Palazzo Reale il 19 settembre 2020” scrive Prachatai.

L’accusa di lesa maestà è una questione di sicurezza nazionale e può essere fatta da chiunque vada a vedere i video o le foto sui media sociali. Gli accusati sono restati in prigione per mesi dopo aver assistito alla loro richiesta di libertà provvisoria rigettata più volte.

“Credo che sia stata una buona cosa che mi abbiano messo in carcere così che il movimento possa crescere di suo. Ne vale la pena. Il governo colpisce a caso. Non riescono più ad additare che è ancora attivo nel movimento” dice Anon che come altri è stato liberato dopo mesi con la condizione di non partecipare più a proteste e a “non causare più disordini”.

Se Anon ha parlato a Prachatai, la giovane militante Panusaya Sithijirawattanakul sceglie di non rispondere all’intervista per non andare in contrasto con le condizioni poste dal tribunale per il suo rilascio condizionale.

“Se parliamo di numeri non sembra crescere né diventare una tendenza nella società come lo è stato agli inizi, ma in termini di coscienza popolare la questione si sta facendo strada da sola. Non si è smesso di parlare e lo possiamo dedurre dalle interviste, dai lavori di studiosi dalle discussioni e dalle manifestazioni che ancora si svolgono” scrive Panusaya.

Non va neanche dimenticato che a novembre la corte costituzionale thai dichiaro che le richieste di riforma posta dai leader del movimento erano tentativi di abbattere l’istituzione reale, accusa che se portata in tribunale può comportare l’accusa di tradimento e la condanna a morte.

Non ci si deve quindi meravigliare se neanche in parlamento, dove l’opposizione conta su 208 seggi di 475 totali, è stata mai discussa seriamente la riforma della monarchia thai.

“Parlando con franchezza, sono delusa dai parlamentari che non si sono schierati apertamente abbracciando apertamente il coraggio di tanta gente comune che hanno lottato per strada e sono andati in carcere. I parlamentari del nostro paese non sono forti abbastanza da prendere posizione. Dovremmo avere una sorta di immunità per loro in parlamento” dice Chontika, candidata per Move Forward alle prossime elezioni.

Chontika ammette che non è abbastanza quello che i parlamentari del suo partito hanno fatto per contrastare l’influenza della monarchia sulla politica, sulle nomine di polizia e militari, sul budget garantito. “I partiti devono fare di più. Ma è un buon inizio”

Che la riforma della monarchia, con tutto quello che comporta, possa diventare uno dei punti delle prossime elezioni, è qualcosa di difficile.

“Se un partito includesse la riforma della monarchia nella propria piattaforma, sarà di sicuro punito, forse sciolto. Particolarmente dopo la sentenza della Corte Costituzionale” sostiene Anon Nampa.

Per Panusaya, che sostiene come ci debba essere una profonda unità tra elettori e loro parlamentari affinché questi ultimi possano porre in parlamento queste questioni, il movimento ha permesso di fare dei passi in avanti.

“Credo che il nostro grande successo è un potere culturale soffice, come il non alzarsi in piedi nei cinema o come discutere pubblicamente delle questioni sociali. La nostra società è cambiata tanto. La gente è più conscia dei propri diritti. Le persone più umili si fanno più grandi e sfidano chi è al potere. Si discute di tante cose con più franchezza. Le nuove generazioni si fanno avanti a difendere i diritti degli altri… Per me il fatto che molti vogliano lottare per i loro diritti è un successo”

Anche Chontika ammette che su molte questioni bisogna avere uno sguardo di una prospettiva di lunga durata.

“Se ci aspettiamo che le cose cambino in due anni è impossibile. Se ci diamo quelle aspettative finiamo disillusi e svuotati. Guardiamo al punto in cui eravamo nel 2014. E’ già un successo che abbiamo avuto scrivendo un nuovo capitolo nella storia. Dovremmo essere più generosi con noi stessi”

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