Anche ragazzi e ladyboy nel traffico sessuale in Thailandia

Ragazzi ed i Ladyboys, donne transgender, sono portati nella grande città con la promessa di lavorare nei ristoranti ma poi costretti a prostituirsi.

Dei ragazzi camminano in coppia la sera tardi nei pressi del popolare Phae Gate a Chiang Mai, oltrepassando dei turisti che fotografano il forte mentre la gente del posto va alla ricerca di ricordini.

Nessuno lega i giovani ragazzi ai più anziani uomini bianchi ed ad una coppia di cinesi quarantenni, seduti sotto l’albero, o al giovane con un telefonino appoggiato ad una moto parcheggiata.

Ma per Alezandra Russell che ha fondato Urban Light questa scena che si svolge ogni sera in uno dei più famosi centri turistici si aggiunge a tutto quello che non va nell’approccio thailandese al traffico e alla schiavitù.

“In Thailandia e nel mondo si parla molto di donne e ragazze perché la percezione generale è che i ragazzi siano grandi e forti e che possano vedersela da soli” dice Russell.

I ragazzi che vanno da 14 a 24 anni camminano in coppia per una maggiore sicurezza cercando il contatto con gli uomini che poi comunicano la loro scelta all’uomo appoggiato sulla moto col telefonino. Quando si fa l’accordo i ragazzi prescelti se ne vanno in una stradina dove attendono il loro cliente.

Se nessuno va bene, gli uomini si dirigono ad una dei tanti bar e sale di karaoke che offrono ragazzi per fare sesso. Il costo va da 2000 baht per un’ora a 5000 per un periodo più lungo, in una stanzetta sul retro o nell’albergo dei turisti, racconta la Russell. (1€=38,5 baht)

“Perché questo non sciocca o fa arrabbiare la gente come lo fa con le ragazze” si domanda Alezandra Russell il cui centro di ascolto è dedicato ai ragazzi dell’industria del sesso di CHiang Mai. “Non sono meno vulnerabili ed abusati delle ragazze trafficate nella prostituzione. Eppure è molto più nascosto e quindi c’è meno vicinanza e molte risorse in meno per i ragazzi” dice la Russell.

La Thailandia è una fonte, luogo di transito e di destinazione per bambini e ragazzi al fine dello sfruttamento sessuale.

Qui in Thailandia ci sono oltre 123 mila lavoratori del sesso secondo un rapporto del 2014 di UNAIDS, di cui almeno 40% hanno meno di 18 anni e di cui una parte significativa sono ragazzi.
I bambini trafficati arrivano dalla Cambogia, Laos, Birmania e Vietnam, ma transitano anche vittime del Bangladesh, Pakistan, Corea del Nord e Cina per finire negli USA, nell’Europa Occidentale e Russia.

“Siamo consci che ci sono anche ragazzi nella tratta del sesso” dice Krittat Uamson vice direttore della divisione del traffico umano a Bangkok. “Ma la maggioranza sono donne e ragazze e quindi l’attenzione principale va sulle donne”

Secondo UNICEF sono 2 milioni i bambini sfruttati sessualmente ogni anni, di cui un numero significativo sono ragazzi.

Nei paesi più poveri i ragazzi sono particolarmente vulnerabili, perché sono costretti a lavorare per sostenere la famiglia e finiscono per essere attratti nei posti turistici popolari.

Le sabbie bianche della Thailandia, i templi dorati e la cucina popolare thailandese hanno attirato 35 milioni di visitatori nel 2017, numero che crescerà a 38 milioni nel 2018 secondo dati governativi.

Sebbene la prostituzione sia illegale essa è tollerata. Bar a go-go, sale di Karaoke e sale che offrono massaggi saponosi o bagni con le bollicine che finiscono tutti in sesso li si possono trovare nella maggior pare delle città come Phuket o Pattaya.

Gli agenti del traffico sessuale catturano i ragazzi alle stazioni dei bus o li vanno a prendere nei villaggi. I ragazzi velocemente accumulano debiti con i gestori dei bar per il vestire, per la droga e qualcosa da mandare ai genitori costringendoli a restare nei bar, racconta Alezandra Russell.

Sono comuni la violenza e l’abuso e con essi se ne vengono l’abuso di sostanze e le infezioni trasmesse sessualmente tra cui AIDS e HIV secondo uno studio del 2013 sui ragazzi dell’industria sessuale di Chiang Mai.

I ragazzi spesso finiscono con tendenze suicide e autodistruttive, dice Russell che per istituire il centro Urban Light si è venduta gli anelli di matrimonio.

“Sono così esposti a tanta violenza ed abusi. Ho visto ragazzini che non riuscivano neanche a sedersi. Nessun ragazzino di 15 anni deve vivere queste cose” dice Russell che aggiunge: “Ma non dobbiamo concentrarci solo nel tenere fuori dalle strade i ragazzini poveri. Dobbiamo coinvolgere le famiglie, le comunità che li espongono ai rischi, e parlare loro di diritti del fanciullo e di migrazione sicura.”

L’Indice Globale della Schiavitù del 2016, compilato dalla Walk Free Foundation, stima che almeno 425500 persone vivono in condizioni di moderna schiavitù tra cui quella sessuale in Thailandia.

Il governo, nel tentativo di migliorare l’immagine del paese, insieme a compagnie aeree e organizzazioni di carità, ha messo in guardia sul traffico umano invitando a denunciare i presunti casi. Gestisce anche addestramento professionale per gruppi di persone a rischio e linee di pronto intervento con operatori attivi 24 ore su 24, ha detto il colonnello di polizia Krittat.

Ma questi sforzi puntano su ragazze e donne lasciando i ragazzi e giovani vulnerabili.

“C’è uno stigma maggiore sull’abuso sessuale di ragazzi in alcune culture tra le quali la Thailandia” dice Damian Kean di ECPAT International, una rete di ONG no-profit contro lo sfruttamento sessuale del bambini.

“Prove aneddotiche mostrano come sia molto meno denunciato l’abuso sessuale su ragazzi che quello su ragazze. E chi abusa non sono solo turisti occidentali ma anche gente locale e uomini asiatici”.

I bambini nel mondo è più probabile che siano preda dei residenti della propria nazione che da turisti stranieri che cercano sesso illecito, dicono gli esperti.

Lo scorso anno Urban Light ha lavorato con oltre 1000 ragazzi di Chiang Mai, un record secondo la Russell.

La povertà spinge migliaia delle aree rurali thailandesi e dai paesi vicini verso la grande capitale Bangkok

Ragazzi ed i Ladyboys, donne transgender, sono portati nella grande città con la promessa di lavorare nei ristoranti ma poi costretti a prostituirsi.

Ci sono almeno diecimila ladyboys che lavorano nell’industria del sesso, dice Celeste McGee di Dton Naam che lavora sui ragazzi e sulle donne transgender.

“C’è più stigma sociale verso i transgender che verso gli uomini omosessuali” sostiene la McGee. “Sono esposti a tanta violenza ed abusi da parte dei clienti ed hanno bisogno di un intevento differente per la riabilitazione.

Urban Light e Dton Naam offrono attività di assistenza psicologica, guida di lavoro, fondi per il completamento degli studi ed opportunità di lavoro.

A Chiang Mai molti autisti di tuk tuk guidano con l’aiuto di fondi, dice Alezandra Russell.

ladyboys lgbt

Uno di loro, Joe, entrò nella rete all’età di 15 anni e lavorò per sette anni, beccandosi l’HIV. Oggi guida un Tuk Tuk, triciclo a motore, e talvolta lo accompagna la sua ragazza, con un adesivo di Urban Light in bella mostra che dice “i ragazzi non possono essere soldi”.

“Mi piace questo lavoro ed essere padrone di me stesso” dice “Mi fa felice e mi dà fiducia”

Thomson Reuters Foundation

Pubblicità
Taggato su: ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ottimizzato da Optimole