Nuova capitale indonesiana: impresa colossale costosissima per il Borneo

Lo spostamento della capitale indonesiana nel Kalimantan Orientale nel giro di cinque anni, come previsto dal progetto di Joko Widodo, è una impresa colossale costosissima e per nulla sostenibile che avrà un grande costo ambientale per il Borneo e tutta l’Indonesia.

Il progetto di Joko Widodo prevede, come abbiamo scritto altrove, di spostare un milione e mezzo di impiegati governativi entro cinque anni a mille chilometri di distanza nel Borneo, in un luogo poco servito da infrastrutture generali.

E’ vero che lo sviluppo abnorme di Giacarta costringe la capitale a sprofondare per il fenomeno della subsidenza a causa delle forte aspirazioni di acqua dalla falda perché il fabbisogno idrico di questo sviluppo non è mai stato soddisfatto da un sistema idrico adeguato.

Dalle famiglie ai grandi centri commerciali quasi tutti prendono acqua dal sottosuolo causando una depressione che porta ad un abbassamento dei livelli del suolo da 20 centimetri l’anno, tanto da lasciare il 90% di nord Giacarta sotto l’acqua per il 2050. Già ora durante le forti stagioni monsoniche gran parte di Giacarta si ritrova inondata.

I fiumi che attraversano Giacarta sono fiumi di rifiuti su cui è possibile camminare e per cui si stanno avviando procedure di risanamento ambientale.

Ovviamente con questo sviluppo caotico e concentrato si concentrano le problematiche del traffico e dell’inquinamento atmosferico causato dal traffico veicolare e dalla dipendenza del paese dai combustibili fossili, come petrolio e carbone.

E’ anche vero che il 65% dell’economia del paese è concentrato sull’isola di Giava dove esiste una gran parte della popolazione indonesiana e dove si è concentrato da decenni lo sviluppo indonesiano. Aprire altri centri aiuterebbe altre aree periferiche in nuove opportunità di sviluppo.

Il progetto di Joko Widodo per la nuova capitale indonesiana nel Kalimantan Orientale nel Borneo indonesiano occuperà 180 mila ettari di aree e richiederà oltre 30 miliardi di dollari. Si prevede l’inizio della costruzione nel 2021 e terminerà, se non ci sono intoppi politici in parlamento, quando finisce il mandato presidenziale di Joko Widodo nel 2024.

La prima domanda che ci si deve porre, però, è se davvero il governo indonesiano ha imparato dagli errori commessi nel passato che hanno reso Giacarta inospitale grazie anche alla mancanza di una pianificazione dello sviluppo della città e al rapido inurbamento.

Il governo attuale parla di uno sviluppo della nuova capitale sostenibile e legato all’ambiente, una città intelligente di foresta, che non arrecherà danni all’ambiente.

Ma la prima cosa che salta agli occhi è che le aree prescelte ricadono tutte in un’area protetta con foreste vergini, anche se il governo si ripromette di ripristinare le foreste nelle aree e proteggere l’ecosistema unico del Kalimantan orientale del Borneo.

A tal scopo il governo sta conducendo uno studio ambientale strategico che terminerà a novembre per assicurare che la costruzione della nuova capitale non comporti la distruzione delle foreste vergini. Come il governo riuscirà a fare ciò non è ancora dato di sapere.

Basta questo per definire la nuova capitale verde?

Secondo alcuni esperti è ancora presto per dirlo perché le domande a cui deve rispondere il governo sono molte. Non si tratta solo di grattacieli ma anche di reti stradale e ferroviaria da costruire in una zona ricca di foreste pluviali che comporterà una grande frammentazione delle foreste attuali e riduzione degli habitat accessibili da parte di tantissime specie protette.

“Il Borneo Indonesiano sostiene 37 milioni di ettari di foresta tropicale originale. Sono pianificati o in essere numerosi progetti infrastrutturali di larga scala mirate a promuover attività di sviluppo fondiario. Si sa comunque poco degli impatti potenziali di queste infrastrutture di sviluppi stradali e ferroviari sulle foreste o la biodiversità del Borneo. Abbiamo trovato che questi sviluppi stradali e ferroviari avranno effetti ambientali negativi come la frammentazione di vaste espansioni di foreste ora intatte.

Volendo assumere che i progetti stradali e ferroviari influenzeranno solo un chilometro di spazio tampone dalle due parti, la connettività del paesaggio nella regione scenderà drasticamente dal 89% al 55% se si procede con tutti questi piani. Si avranno grandi impatti su specie rare come rinoceronti, orangutan ed elefanti. Saranno toccate 42 aree protette minando gli sforzi del paese per raggiungere gli obiettivi della Convenzione sulla diversità biologica. Si espanderanno nelle regioni intatte o di frontiera il diboscamento legale ed illegale e la colonizzazione del suolo oltre alle miniere illegali e la caccia di frodo.

I rischi netti ambientali, sociali, finanziari ed economici dei vari progetti imminenti, quali le strade di frontiera paralleli nel Kalimatan centrale e settentrionale, i nuovi progetti di strada del Transkalimantan e le linee ferroviarie di quello orientale, potrebbero superare i loro benefici complessivi. Si devono riconsiderare tali progetti alla luce di un quadro rigoroso costi benefici”

Nature

Un altro studio della ONG Forest Watch Indonesia (FWI) sostiene che ci sono, nei luoghi dove si vuol spostare la nuova capitale indonesiana senza nome, 1370 ettari di foreste naturali e tutto intorno ci sono tantissime concessioni per l’estrazione mineraria, la produzione di olio di palma e di legname pregiato.

Che fine faranno queste concessioni già rilasciate?

C’è anche una domanda sul destino di un ambiente di un panorama di rocce carsiche Sangkulirang-Mangkalihat a East Kutai, a 400 chilometri dalla nuova capitale, che potrebbero essere la fonte possibile del cemento da utilizzare per la nuova capitale.

Dice Hendro Sangkoyo della School of Democratic Economics al Indipendent

“Con la presenza della nuova capitale ha senso sfruttare il cemento da rocce carsiche perché è abbondante ed il costo sarà il più basso perché è la fonte di cemento più vicino”

Le rocce carsiche del Sangkulirang-Mangkalihat erano state indicate una volta per diventare Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO per la scoperta di arte muraria preistorica e di antiche vestigia umane rsalenti a 35 mila anni fa. La stessa zona ospita particolari specie che vivono negli ambienti calcarei e rappresenta un rifugio per gli orangutan che si riparano dai fuochi delle foreste nei periodi secchi.

Come potrà il governo proteggere questo ecosistema fragile dalle pressioni che deriveranno dallo sviluppo della nuova capitale?

Ovviamente per costruire la nuova capitale ci vuole energia e ce ne vorrà ancora di più per mantenere una popolazione di almeno un milione e mezzo di persone.

Al momento attuale sono il carbone ed il diesel i combustibili fossili prevalenti nel Kalimantan Orientale dove sarà costruita la nuova capitale e in esso esistono dei centri per il petrolio ed il carbone. Proprio del carbone il Kalimantan è il maggiore produttore indonesiano.

Di energia rinnovabile ovviamente non ce ne sarà e quindi si continuerà ad estrarre carbone, come sostiene Hendro Sangkoyo.

Tutte queste grandi domande devono trovare una risposta del governo che però pone troppa fretta nella redazione del piano rendendo problematico l’adesione del progetto di sviluppo ad un modello ambientale sostenibile ed ecologico.

Bisognerebbe poi considerare che nel processo di ricollocazione della nuova capitale i processi di pianificazione e di valutazione di impatto ambientale non sono aperti al monitoraggio o alla partecipazione pubblica.

Se aggiungiamo la corruzione rampante e le problematiche ambientali generali delle foreste pluviali indonesiane, il rischio di ripetere gli errori del passato che hanno portato alla Giacarta di oggi non è poi molto lontano o irreale.

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