Omicidio a Koh Tao: i dubbi restano

Dopo il silenzio della polizia thailandese sull’inchiesta dell’ omicidio a Koh Tao sui due cittadini britannici , Hanna e David, che ha visto l’incriminazione di due emigrati birmani, i dubbi restano e si sono intensificati, anche in relazione alle accuse di tortura rivolte contro la polizia.

REUTERS/Athit Perawongmetha

E’ Amnesty International ha chiedere un’indagine indipendente sulle accuse di tortura e cattivi trattamento da parte della polizia thai nelle indagini di omicidio a Koh Tao di due turisti britannici lo scorso mese.

Il gruppo londinese ha chiesto alle autorità Thai di “assicurare un’indagine indipendente e comleta nelle accuse crescenti di tortura e altri trattamenti malvagi da parte della polizia ed il rispetto del diritto ad un processo equo.”

La dichiarazione è giunta dopo rapporti che la polizia thai avrebbe fatto forti pressioni sui due emigranti birmani, Zaw Lin e Win Zaw Htun, che sono sospettati di aver ucciso Hannah Witheridge e David Miller alle prime ore del 15 settembre e che sono in carcere nell’isola di Koh Samui.

E’ stato riportato dal giornale Irrawaddy che uno dei due birmani in arresto avrebbe detto all’avvocato birmano Aung Myo Thant, parte del gruppo legale dell’ambasciata birmana a Bangkok che rappresenta i due accusati, di essere stato picchiato e aver subito scariche elettriche dopo aver rifiutato di confessare.

“La pressione che si esercita per risolvere un crimine efferato che ha generato notevole attenzione nel mondo non deve per questo comportare la violazione dei diritti come un processo equo, specialmente per delitti che possono portare a sentenze di morte”.

Su questi abusi commessi contro i due cittadini birmani, il giornale The Guardian detto che dei presunti abusi, come l’uso di acqua bollente durante l’interrogatorio di polizia, sono state consegnate prove fotografiche all’ambasciatore britannico a Bangkok.

Ovviamente la polizia ha negato con fermezza questi abusi e torture per bocca del generale di polizia Suwat Chaengyodsook ai giornali.

Nel frattempo il gruppo di legali birmani inviati sull’isola ha dichiarato che tra la popolazione emigrata birmana nell’isola c’è molta paura a incontrasi e a parlare apertamente anche perché a molti è stato consigliato di tenere la bocca chiusa.

“Quando arrivammo a Koh Tao non potemmo chiamare alcuni emigrati con cui abbiamo regolare contatto. Alcuni dicono che la Polizia ha confiscato i loro telefoni.” ha detto Aung Myo Thant che ha aggiunto: “E’ parso che tutti quelli che abbiamo incontrato avevano paura di parlare apertamente poiché le autorità locali ci accompagnavano. Sembrava che agissero come era stato loro ordinato”.

Gli avvocati hanno potuto incontrare un altro emigrato che secondo la Polizia sarebbe un testimone, Maung Maung. Secondo il gruppo legale l’uomo non ha mai assistito all’omicidio perché avrebbe lasciato gli accusati verso l’una di notte per andare a letto. “Ha detto che il suo amico Win Zaw Htun è tornato come al solito a dormire la mattina del 15 settembre. I suoi amici non sono dei tipi violenti e lui non crede che possano aver ucciso”.

Ad esprimere preoccupazione è anche Andy Hall, attivista dei diritti di stanza a Bangkok, che ha dato voce alle preoccupazioni per il trattamento della comunità bimana a Koh Tao dove alcuni emigrati hanno subito violenze da parte della polizia in relazione al caso, restando anche in carcere per una notte.

Si deve ricordar che all’indomani della scoperta dell’omicidio fu proprio la comunità birmana sull’isola ad essere incolpata ed inquisita per prima, per essere poi scagionata dai primi dati sul DNA. Giustamente dice Kyaw Thaung, Associazione Myanmar in Thailandia, che aiuta gli emigrati birmani. “Gli omicidi di Koh Tao portano direttamente all’immagine della Thailandia nel mondo. Credo che la polizia proverà a far vedere che non sono thai chi ha commesso l’omicidio poiché ciò danneggerà l’immagine del paese nel mondo.”

Irrawaddy Irrawaddy 

 

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