L’esercito di liberazione di Papua Occidentale Libera ha reclamato la morte di molti indonesiani, lavoratori delle costruzioni, sulle alture di Papua.
Mentre le cifre variano, finora sono state recuperate 16 salme dalla provincia di Nduga dall’esercito indonesiano, TNI, che ha iniziato le operazioni di controguerriglia.
Il portavoce del TNI Mohammed Aidi ha detto che se Esercito di Liberazione di Papua Occidentale non si arrende immediatamente corre il rischio di essere sterminato.
Il portavoce Mohammed Aidi ha negato l’uso di bombardamenti aerei sulle roccaforti dei separatisti. Il TNI ha occupato Yigi e Mbua della provincia di Nduga ritenendole il luogo dove si nascondono i separatisti a cui il portavoce si riferisce come un gruppo criminale armato.
Human Rights Watch Australia ha prima invitato i militanti papuani a non fare omicidi illegali di civili e poi chiesto una indagine su questi scontri.
Alle forze di sicurezza ha detto che devono essere trasparenti e non commettere abusi per vendetta.
“La situazione a Nduga è poco chiara in gran parte perché nessun giornalista può indagare in modo indipendente intervistando testimoni e verificando quanto realmente successo” ha dichiarato Elaine Pearson. “Con investigatori indipendenti si possono verificare gli abusi commessi da forze di sicurezza e militanti e a beneficiarne sarebbero tutti i papuani”
La portavoce del OHCHR Ravina Shamdasani ha definito la violenza inaccettabile, ma ha anche detto che questo conflitto e le cause sottostanti non sono ben comprese né affrontate a Giacarta.
“Ci sono tanti problemi e si è visto cosa succede in tante parti del mondo quando questi problemi non sono affrontati, o c’è la soppressione del dissenso. La gente poi assume il compito di farsi giustizia con le proprie mani perché sentono di non essere ascoltati. E’ questo che sta succedendo a Papua ora ad un livello molto basso”
La portavoce ha detto che, sebbene questi progetti infrastrutturali siano importanti per la regione, non hanno vissuto il coinvolgimento dei Papuani con delle consultazioni.
“Se non possiamo ascoltare le loro preoccupazioni e se non partecipano alle decisioni, lo sviluppo che si avrà non necessariamente porta ad un miglioramento delle condizioni perché non affronta i problemi che hanno.”
Shamdasani ha anche espresso la preoccupazione di molti arresti fati in manifestazioni pacifiche fatte dagli studenti papuani in Indonesia per commemorare il primo dicembre la giornata dell’indipendenza di Papua Occidentale.
Sarebbero almeno 500 gli arresti fatti e le perquisizioni nei dormitori degli studenti Papuani, mentre la sicurezza ha impedito quando possibile lo svolgimento di manifestazioni pacifiche.
Gli arrestati sono stati poi tutti rilasciati senza accuse mosse.
La rappresentante dell’ONU ha poi chiesto alle autorità indonesiane di assicurare che le forze di sicurezza si contengano durante le manifestazioni pacifiche e che sia assicurata la libertà di espressione e di organizzazioni di manifestazioni pacifiche. (https://www.radionz.co.nz)
“Questo conflitto separatista è una delle insorgenze più antiche del mondo in cui non si riesce a vederne la fine. Questi omicidi segnano un salto notevole dopo decenni di scontri sporadici tra una guerriglia poco armata e disorganizzata contro il potente esercito indonesiano spesso accusato di violazioni notevoli dei diritti umani.
16 impiegati di un’impresa sono stati assassinati in un campo di lavoro nella giungla remota ed altri tre lavoratori mancano all’appello…
“Non c’è mai stato un attacco di questo tipo e di scala da parte della guerriglia” ha detto Damien Kingsbury della Deakin University australiana. “Atti di violenza di massa sono stati fatti dai militari indonesiani.”
Papua Occidentale è stata colonia olandese fino agli inizi degli anni 60, ben dopo che l’Indonesia è diventata indipendente avvenuta nel 1949.
L’Olanda, dopo aver devoluto l’Indonesia ad un governo repubblicano, iniziò a devolvere il potere a Papua Occidentale ed iniziò a creare una struttura di autogoverno. Fu un’operazione lasciata a metà per le pressioni USA e per la paura di una diffusione della guerriglia comunista.
Nel 1962 Papua fu posta sotto l’amministrazione temporanea dell’ONU e poi con un referendum molto discusso fu ceduta all’Indonesia.
Mentre la parte orientale dell’isola di Papua è lo stato indipendente di Papua Nuova Guinea, la parte occidentale è reclamata dall’Indonesia proprio in base a questo referendum strappato sotto la minaccia della violenza.
Da notare che Papua occidentale, ricca di risorse minerarie notevoli come la grande miniera di rame ed oro della americana Freeport McRoRan, è etnicamente e culturalmente diversa dall’Indonesia con cui non ha quasi nulla in comune.
Proprio le ricchezze minerarie e gli investimenti posti in esse sono all’origine del rifiuto indonesiano di considerare l’indipendenza vera della provincia di Papua, o Irian Jaya in indonesiano.
“Se Papua fa parte dell’Indonesia la si sarebbe dovuta costruire allo stesso modo delle altre province” dice Adriana Elisabeth, esperta di Papua del Indonesian Institute of Sciences.
Lo scorso anno 1.8 milioni di papuani hanno firmato una petizione all’ONU che non ha avuto successo per riconoscere un voto all’autodeterminazione. E’ stato un momento di profondo sconforto per Papua.
“La maggioranza delle vittime del massacro avevano le mani legate e segni di colpo d’arma da fuoco, di coltello e forza bruta, secondo le autorità. Un lavoratore è stato quasi decapitato.
A reclamare l’atrocità è stata la fazione del National Liberation Army of West Papua (TPNPB) che è uno dei gruppi militanti dell’indipendenza. E’ un atto che secondo l’IPAC di Giacarta potrebbe accendere una risposta militare mortale.
Se a prima vista si potrebbe trattare di un salto della strategia dei separatisti, l’azione di questo gruppo locale segna una lotta armata segnata da rivalità di clan, di interessi in competizione e della mancanza di una struttura di comando.
E’ comunque un’azione che potrebbe alienare al movimento dell’indipendenza l’attenzione dificile della comunità internazionale.
OPM, organizzazione della Papua occidentale libera con i suoi gruppi armati e politici indipendentisti, non ha molto sostegno a livello internazionale se non poche nazioni delle isole del pacifico. Non ha finanziamenti o sostegno armato importante dall’estero
“L’Indipendenza non ha ricevuto molto sostegno per il ruolo internazionale attivo dell’Indonesia verso alcuni paesi amici” dice Damien Kingsbury, della australiana Deakin University.
Il poverissimo movimento armato non è una minaccia al grande paese indonesiano che però finora non è riuscita a cancellare l’insorgenza che si dichiara impegnata nell’indipendenza.
L’Indonesia invece non ha interesse a sedersi al tavolo di un negoziato che non vogliono.
“Hanno investito troppo a Papua” dice Elisabeth of the Indonesian Institute of Sciences.