Il presidente filippino Marcos Figlio è preso dal minimizzare i rischi di un conflitto aperto nel Mare Cinese Meridionale dopo un altro scontro pericoloso in cui le forze marittime cinesi hanno usato coltelli e asce che hanno ferito un soldato filippino che ha perso un dito.
“Non siamo qui per istigare guerre” ha detto il presidente alle truppe in una base militare sull’isola di Palawan che si affaccia sul Mare Cinese Meridionale.

“Ci rifiutiamo di giocare secondo la regola che ci costringe a schierarci in una competizione tra grandi potenze”.
Nel mese di giugno le forze marittime cinesi avevano disarmato marinai filippini in una missione di rifornimento diretta alla Barra di Second Thomas, portando in molti a chiedere a Manila di invocare il Trattato di Mutua Difesa con gli USA.
Turbati dal rischio di un possibile grande aggravamento, il governo filippino ha fatto di tutto per mantenere una posizione consistente. Il ministro della difesa Gilberto Teodoro ha rigettato l’affermazione del segretario esecutivo Lucas Bersamin secondo cui “è stato probabilmente una incomprensione o un incidente” ed ha affermato che “è stata un uso della forza aggressivo e illegale”.
Il presidente Marcos Figlio ha cercato una via di mezzo insistendo di voler essere fermo e di non cedere a qualunque potenza straniera in mezzo alla disputa marittima in corso.
Le dichiarazioni esitanti filippine sono comunque il riflesso di paure per un conflitto aperto non ricercato e sui dubbi su quanto siano disposti realmente gli USA a venire in soccorso delle Filippine.
Sia Washington che Manila si trovano sotto una forte pressione per migliorare la propria alleanza per impedire scenari peggiori ra cui una occupazione cinese della base militare filippina di fatto alla barra di Second Thomas.
Marcos nelle settimane precedenti aveva avvisato che l’uccisione di un filippino in una azione dolosa da parte di una potenza straniera nel Mare Cinese Meridionale sarebbe stata “una azione vicinissima a quella che noi definiamo un atto di guerra” che invocherebbe il trattato di mutua difesa con gli USA.
Il problema è che Washington ha una storia lunga di equivoci sui propri obblighi di difesa verso le Filippine. Agli inizi degli anni 70 il segretario di stato Henry Kissinger premeva per una politica di ambiguità strategica sollevando “dubbi sostanziali che un contingente militare filippino sull’isola nelle Spratly sarebbe finito all’interno della protezione” secondo il trattato.
Il trattato “può applicarsi nel caso di un attacco a forze filippine impiegate in paesi terzi”, chiarificò Kissinger, sebbene questo sarebbe “fondamentalmente differente dal caso dove l’impiego sia per allargare il territorio filippino”.
Lo stesso trattato del 1951 è pieno di ambiguità dal momento che obbliga Washington a venire in soccorso del suo alleato del Sudest Asiatico “per affrontare i pericoli comuni in accordo con i suoi processi costituzionali”.
In breve non c’è mai stata alcuna automaticità nell’impegno militare americano verso le Filippine nel Mare Cinese Meridionale, da cui il rifiuto sia di Clinton che di Obama ad intervenire per conto di Manila nelle crisi presso le Barre di Mischief e di Scarborough nel 1995 e 2012.
L’inaffidabilità americana ha iniziato ad alienare i filippini. Un sondaggio autorevole del 2016, poco dopo l’elezione del presidente amico della Cina Rodrigo Duterte mostrava che metà degli intervistati era o in disaccordo o indeciso sulla domanda se “le relazioni di difesa-sicurezza con gli USA siano stati di beneficio alle Filippine” nel contesto del Mare Cinese Meridionale.
Semmai, un numero significativo di intervistati ha appoggiato il tentativo di Duterte di rafforzare i legami di difesa con la Cina e la Russia.
In risposta sia le amministrazioni Trump che Biden hanno chiarito che qualunque attacco armato alle truppe filippine, a navi pubbliche e aerei nel Mare Cinese Meridionale sarebbe coperto dal trattato di mutua difesa.
Il problema è che le azioni grigie della Cina ricadono al di sotto della soglia di un attacco armato minando così l’effetto di deterrenza delle rassicurazioni americane.
Si deve dire che questa situazione è stata identificata sia dai rappresentanti americani che filippini. L’anno scorso, gli esperti legali del Comando Indo-Pacifico hanno raccomandato che il Trattato di mutua difesa si applichi anche all'”uso illegale della forza”, che “potrebbe includere anche attacchi non cinetici che causano morte, lesioni, danni o distruzione di persone o oggetti”.
Finora non ci sono segni che l’attuale amministrazione USA, che si avvia ad una dura contesa elettorale ed è distratta dai conflitti in Ucraina e Gaza, abbia rivisto i parametri e le linee guida del Trattato di Mutua Difesa. Nè gli USA hanno fornito alcun sistema moderno alle Filippine nello scorso decennio anche quando forniva decine di miliardi di dollari in aiuti alla difesa a Kiev e Tel Aviv.
Nel frattempo ci sono paure che la Cina possa usare misure più drastiche come cercare di occupare la nave arenata Sierra Madre che funziona da base militare di fatto delle Filippine a Second Thomas.

Per fare deterrenza su questo scenario, gli USA potrebbero essere costrette a chiarificare che il Trattato coprirà ogni eccessivo uso della forza che possa condurre a perdite di vite umane di soldati filippini nel Mare Cinese Meridionale. Sulla base di conversazioni con funzionari attuali ed ex, le truppe hanno l’ordine di usare munizioni vere, come ultima risorsa, per difendere la base assediata.
Washington potrebbe aver bisogno di prendere in considerazione il trasferimento di strumenti della difesa come mezzi da sbarco e imbarcazioni ad alta velocità per aumentare la capacità di pattugliamento e di rifornimento delle Filippine.
In ultima analisi, i due alleati potrebbero prendere in considerazione missioni congiunte di pattugliamento e rifornimento, con navi da guerra e droni statunitensi all’orizzonte.
Per ora quello che è chiaro è che la credibilità americana sia come alleato che come leader regionale è messa in dubbio grazie agli sforzi cinesi di alterare lo status quo per le rivendicazioni espansive in uno dei panorami di mare più importanti al mondo.
Richard Heydarian, SCMP