Sono le parole pronunciate a tanti in Birmania, felici di vedere la loro icona della democrazia Aung San Suu Kyi dirigere di fatto il nuovo governo alla fine di marzo.
E’ il primo governo civile reale da oltre 50 anni, se si eccettuano i tre posti chiave ed il 25% dei seggi destinati ai militari dalla Costituzione. Sono emersi punti deboli e ci sono così tante sfide grandi dopo tanti decenni di cattivo governo.
Dopo il trasferimento di poteri, il governo ha emanato una tassa del 5% sui telefonini scontentando moltissimi tra i quali però è prevalso un senso di pazienza e tolleranza perché volevano vedere un governo civile forte.
Il precedente governo di Thein Sein aveva provato ad imporre questa tassa a giugno dello scorso anno, ma l’ondata di proteste che ne è seguita li ha convinti a spostare nel nuovo anno fiscale quando poi è entrato il nuovo governo.
Che i birmani abbiano accettato la tassa con poche lamentele sembra attribuibile alla grandissima popolarità di Suu Kyi specie se paragonata a quella di Thein Sein e dei suoi amici militari.
Da notare anche la risposta flebile ai blocchi di erogazione di corrente, estesi a Rangoon e oltre, nella stagione calda di quest’anno da marzo a maggio. Nel regime di Thein Sein, tagli meno evidenti avevano causato proteste diffuse.
Quanto sono giuste queste reazioni?
Thein Sein, indipendentemente dal fatto che era nel passato un sostenitore del regime militare, ha creato il percorso per la pace con vari gruppi etnici armati che ora Suu Kyi e il nuovo governo ha scelto largamente di seguire.
Il nuovo governo ha ereditato tutto del Myanmar Peace Center formatosi durante il governo Thein Sein per facilitare i negoziati di pace, ridefinendolo come National Reconciliation and Peace Center, con l’impiego di vari consiglieri usati dal precedente governo.
Suu Kyi ha adottato anche la struttura dei negoziati con i gruppi etnici preparata nell’accordo nazionale del cessate il fuoco, NCA, firmato ad ottobre dello scorso anno.
La Conferenza di pace dell’Unione prevista dal NCA è stata ridefinita come Conferenza di Panglong del XXI secolo, per riflettere l’accordo di Panglong sottoscritto dal padre della Suu Kyi, Aung Sa, e i capi delle minoranze birmane nel 1947.
“Dialogo politico”, uno delle pietre miliari del NCA in cui si discuterà di un accordo sul federalismo e diritti etnici, non è stato ribattezzato.
In tutto questo l’approccio della Suu Kyi e dei suoi colleghi è quello che governo sostenuto dai militari di Thein Sein.
Di recente i gruppi militari etnici hanno per lo più adottato un approccio attendista rispetto al processo di pace, eppure in molti vogliono sostenere l’iniziativa del nuovo governo, per lo meno a parole, per paura di un futuro ritorno dei militari.
Comunque la Suu Kyi deve ancora ottenere il sostegno pieno sui colloqui di pace da parte dei militari birmani che vogliono il disarmo per gruppi come Arakan Army, Ta’ang National Liberation Army e Myanmar Nationalities Democratic Alliance Army, prima di potervi partecipare. La Suu Kyi ha portato avanti una linea più inclusiva invitando tutti i gruppi al tavolo dei negoziati.
Nel suo processo di riforma la Suu Kyi è attenta con costanza ai militari senza il cui consenso non farebbe scelte forti.
Ma deve anche essere attenta alla comunità internazionale che potrebbe decidere di nn mantenere l’attuale tolleranza rispetto all’incapacità di affrontare la questione dei diritti umani abusati dai militari e da branche del governo.
Continuerà a dare un’immagine negativa del paese e del governo la questione della discriminazione contro i Rohingya a cui non si dà il diritto di cittadinanza.
In altre notizie il dipartimento di stato americano ha deciso di declassare la Birmania nel suo rapporto annuale sul traffico umano e schiavitù ponendola tra i paesi che più attaccano i diritti umani, perché non è stata capace di reprimere le pratiche di lavori forzati e il reclutamento di soldati bambino.
(Nello stesso rapporto le Filippine sono state promosse al primo livello e la Thailandia promossa al primo livello seppur con molte puntualizzazioni TSV)
Molti in Birmania non hanno considerazione di queste questioni come quella dei Rohingya, affermando l’urgenza maggiore del processo di pace.
Ma il nuovo governo deve fare azioni complete contro tutte le violazioni dei diritti umani se si vuole guadagnare la tolleranza della popolazione birmana e di quella mondiale. Altrimenti la tolleranza potrebbe andarsene al vento ed il paese vulnerabile a nuove forme di autoritarismo.
Lawi Weng, Irrawaddy.org