Il presidente Duterte ha vietato a due giornaliste filippine, Pia Ranada e Maria Ressa, del sito di notizie Rappler di non mettere piede nel palazzo presidenziale per seguire gli eventi di palazzo.
E’ stato un ordine diretto del presidente Duterte, dato alla guardia presidenziale la sera stessa, dopo che il presidente ha seguito le audizioni al Senato Filippino.
Al Senato è sotto inchiesta un contratto milionario di acquisto di una fregata per la marina filippina e si cercava di comprendere qual’era stato il ruolo dei vari personaggi presidenziali.
Il consigliere di Duterte, Christopher Bong Go, tentando di districarsi da questa vicenda delicata e volendo negare le accuse rivoltegli di aver fatto pressioni per alcune scelte fatte, ha accusato due media filippini, Rappler e Inquirer.net, di diffondere notizie false.
All’inizio questo divieto nei confronti di Pia Ranada e Maria Ressa, che hanno sempre l’abitudine di non accontentarsi della facile giaculatoria del presidente e di porre domande durante le conferenze stampa, non era stato neanche comunicato al portavoce Herry Roque.
Su Rappler pende un ordine della Commissione Finanziaria delle Filippine, SEC, in cui si ritira la licenza giornalistica al sito di notizie Rappler per la partecipazione economica di una entità straniera. Finora tale ordine non è stato eseguito perché Rappler ha fatto opposizione alla Corte Suprema Filippina.
Come hanno fatto notare in molti questo divieto nei confronti di Pia Ranada e Maria Ressa di seguire gli eventi del Palazzo Presidenziale è accaduto prima solo durante la dittatura del Presidente Marcos, di cui Duterte si è sempre dichiarato ammiratore.
“Si vergogni il presidente Rodrigo Duterte per mettere in mostra questa estrema meschinità nell’aver ordinato che la reporter Pia Ranada non possa accedere al palazzo Presidenziale” ha scritto il NUJP, associazione nazionale dei giornalisti filippini.
“Quando la più alta autorità nella nazione sceglie di lanciare una vendetta personale contro un individuo, o un giornalista o un media, manda un chiaro segnale raggelante che dice che sarebbe meglio che tutti raccontino solo quello che lui vuole” per non subire conseguenze, ha aggiunto il NUJP. “La cosa migliore che si possa dire è che è una scomunica della democrazia. Ed ancora, non si è apertamente vantato di essere o voler essere un dittatore?”
E’ una guerra lanciata da Duterte, non solo contro Pia Ranada e Maria Ressa e tutto Rappler, ma anche contro l’idea stessa di libertà di stampa, del ruolo di una stampa libera in uno stato democratico e dell’importanza di avere una stampa libera che fa le pulci al potere di turno e chiede spiegazioni puntando il dito.
“Non capisce il concetto di pesi e contrappesi e mette in luce il suo stile di guida autocratico” ha dichiarato tra l’altro ad Al Jazeera Marites Vitug di Rappler.
Questa allergia di Duterte e di molti suoi uomini è iniziata immediatamente quando fu costretto a dimettersi il primo ministro degli esteri filippino per essere stato cittadino americano. E’ continuata per le tante inchieste di Rappler sulla sanguinosa guerra alla droga di Duterte e per aver posto domande sui presunti conti bancari milionari di Duterte e dei suoi familiari.
Non va dimenticato che Pia Randa e Maria Ressa, come tante altre giornaliste, sono oggetto anche di minacce di violenza e stupro da parte dei fan di Duterte.
Il Palazzo Presidenziale, Malacanang, ha risposto dicendo che il divieto nei confronti di Pia Ranada e Maria Ressa non è un attacco alla libertà di stampa. Il portavoce presidenziale Harry Roque, ex avvocato dei diritti umani, sostiene che ci sono due questioni con Rappler: diffonde notizie false e hanno commesso una violazione delle regole della proprietà dei media.
“Rappler pubblica notizie false (fake news) e sono anche dei falsi filippini. Devono rimediare a queste due questioni prima di gridare all’attacco della libertà di stampa” ha detto Roque.
Traduciamo la risposta completa di Rappler al Harry Roque:
No, Signor Roque. Si tratta della libertà di stampa.
Non spetta al governo dire chi può seguire un argomento, né quando né dove. C’è una chiara linea di demarcazione tra i rappresentanti del paese e la stampa il cui lavoro è che i cittadini, attraverso l’informazione, possano chiedere loro conto delle loro azioni.
Nient’altro che il SEC aveva dichiarato di non eseguire la propria decisione finché non divenisse finale ed eseguibile. Non abbiamo chiesto alla Corte Costituzionale un TRO, ordinanza di fermo temporaneo, fidandoci della buona fede dei rappresentanti pubblici, ed ora lo usate a vostro piacere per sopprimere la libertà.
A giudicare dall’operato di questa amministrazione, troverete un altro modo per impedirci di fare il nostro lavoro anche se otteniamo un TRO. E’ un assalto spudorato al diritto di tutti i giornalisti di fare il loro lavoro. Il tuo pazzo arrampicarsi sugli specchi durante la conferenza stampa per giustificare il divieto di Ranada con affermazioni contraddittorie tradisce la verità: che l’amministrazione vede la stampa libera come una minaccia alla propria sicurezza ed impunità.
Come hai tu stesso ammesso in un’intervista alla radio dzMM riferendoti a Ranada: “ Bwisit sa kanya ang Presidente”, “il presidente è irritato con lei”.
Sembri fare eco al coro tra i sostenitori online del presidente secondo cui la libertà di stampa non è la questione, ma questo è un chiaro caso di intimidazione.
Signor Roque, ti possiamo ricordare le tue radici di avvocato dei diritti umani. L’articolo 32 del codice civile è chiarissimo. “Ogni pubblico ufficiale o impiegato o individuo privato che direttamente o indirettamente impedisce, osteggi, violi o in ogni modo impedisca o danneggi” diritti e libertà che includano libertà di espressione e la “libertà di scrivere per la stampa o a mantenere una pubblicazione periodica” dovrà rispondere dei danni.
Tu e l’amministrazione individuate Rapper come un esempio per le altre agenzie critiche di notizie di quello che potrebbe succedere se continuano a porre questioni difficili, questioni a cui non dare risposte appropriate.
Il governo ha creato un precedente, e mentre noi forse siamo qualcosa che dà fastdio qualcun altro potrà essere il prossimo.