Vietare l’importazione di giada, perle e pietre preziose dal Myanmar per tagliare il sostentamento alla giunta militare birmana
Continuano inalterate e stupefacenti in tutto il Myanmar la resistenza e la lotta contro il sanguinoso regime militare birmano dopo dieci mesi dal golpe del primo febbraio, sostenute in qualche modo dalle sanzioni che i governi occidentali usano per tagliare la linfa economica al regime che sfrutta a pieno l’uso delle ricchezze naturali del paese, dal legname al gas naturale al petrolio alle gemme preziose.
La giunta birmana ha deciso di tenere un’esposizione internazionale di giada, perle e pietre preziose nei prossimi giorni a Nayy Pyi Daw per i commercianti locali a cui parteciperanno di certo commercianti stranieri, nonostante le già presenti sanzioni occidentali contro Myanmar Gems Enterprise (MGE) e Myanmar Pearl Enterprise (MPE).
“Il fatto stesso che la giunta ospiti una fiera internazionale nel mezzo del diffuso trambusto politico ed economico del paese mostra la disperazione che ha nel assicurarsi moneta commerciata internazionalmente. Questi fondi serviranno al regime per sostenersi e finanziare l’acquisto di armi usate per opprimere violentemente la popolazione del paese” ha detto Hanna Hindstrom di Global Witness.
Si era già tenuta un’altra fiera ad aprile che avrebbe fruttato vendite per 22 milioni di dollari.
Dal 2015 Global Witness ha documentato i legami che corrono tra l’industria della giada, i conflitti armati ed il controllo militare del paese persino durante gli anni della liberalizzazione che non ha mai troppo intaccato il cuore dei settori più ricchi di profitti.
Il settore delle pietre preziose tra cui rubini, zaffiri ed altre pietre colorate è anch’esso problematico come lo è il settore della giada.
Scrive GW:
“Per troppo tempo gioiellieri internazionali, case d’asta e rivenditori al dettaglio si sono nascosti dietro al mito secondo cui le problematicità del settore della giada non si applichino al settore dell’industria delle gemme birmane
La realtà è che proprio come l’industria della giada il commercio in pietre preziose del Myanmar è un racket militare corrotto gestito dal massimo generale Min Aung Hlaing e dai potenti gruppi armati. Le entrate da questo ricco commercio ha permesso al Tatmadaw di consolidare potere e risorse economiche e finanziare le atrocità golpe compreso”.
Secondo il rapporto di GW non esiste il rubino birmano ricavato in modo etico la cui catena di rifornimento è radicata nella corruzione e in abusi orrendi dei diritti umani.
Sebbene l’estrazione delle gemme sia stato ufficialmente dichiarato fuorilegge dopo che nel 2020 l’ultima licenza è scaduta, l’estrazione delle gemme ha avuto un boom dopo il golpe di febbraio dei militari ad opera di migliaia di minatori informati che sono sfruttati sia dai militari sia da gruppi armati non statali.
Il valore stimato dell’industria del rubino valeva tra 320 a 400 milioni di euro l’anno prima della scadenza delle licenze nel Myanmar che è il secondo paese esportatore ma anche con rubini di qualità migliore.
I rubini finiscono sui mercati di Bangkok, Hong Kong, New York e Londra e le compagnie si nascondono dietro la complessità della catena di rifornimento delle pietre preziose che oscura le origini delle pietre vendute sul mercato globale.
“Quando i rubini raggiungono la Thailandia, il centro globale di trattamento delle pietre preziose, in un processo oscuro che coinvolge i pagamenti ad agenti armati, la maggioranza dei compratori non sanno da quale miniera sono estratti.”
Questi rubini poi vengono venduti alle compagnie multinazionali di gioielleria Graff, Van Cleef & Arpels e Pragnell, Sotheby’s e Christie’s, oppure il commercio di massa di Walmart e Intercolor.
“Delle oltre 30 gioiellerie internazionali, case d’asta ed altri contattati la maggioranza non aveva misure di diligenza dovute per determinare le fonti delle pietre preziose che compravano. Solo quattro hanno affermato di non importare più gemme dal Myanmar”
“Non esiste per i rubini birmani la possibilità che il rubino sia estratto in modo etico” dice Clare Hammond di Global Witness. “Queste pietre preziose sono vendute come simbolo di legami ed affetto umani eppure la catena di rifornimento è radicata nella corruzione ed in orrendi abusi di diritti umani”.
Mentre una nota casa di gioielleria annuncia pubblicamente la propria decisione di non rifornirsi più di pietre preziose dal Myanmar per le problemi etici, monta la pressione sulle grandi case di gioielleria a fare altrettanto.
Fin dagli anni 90 i militari del Myanmar hanno consolidato il proprio potere sulle miniere di rubini del paese cacciando le popolazioni locali dai luoghi di estrazione e dando le licenze ai loro conglomerati Myanmar Economic Corporation (MEC) e Myanmar Economic Holdings Limited (MEHL) che sono entrambi controllati dall’architetto del golpe birmano Min Aung Hlaing.
Con i profitti ricavati i militari hanno comprato alcuni gruppi armati potenti come UWSA dello Stato Wa, Shan State Army-North ed altri dello stato Shan.
Una delle aree più importanti è proprio l’area di Mogok nella regione di Mandalay da cui si estrae il 90% delle pietre preziose birmane e dove i residenti estraggono le pietre a mano nelle stesse aree che erano sotto le due giganti corporazioni dei militari.
Nel 2015 un rubino da Mogok fu venduto per un milione di dollari a carato in un’asta da Sotheby’s
L’altra area importante è quella di Mong Hsu nello stato Shan oltre ad aree minori.
Il rapporto di GW chiede agli stati e alle agenzie internazionale di porre divieti di importazioni di giada e di pietre preziose dalla Birmania, rafforzando i controlli ed i regolamenti sulle fonti delle pietre preziose.
Mentre il governo deposto del NLD sospese il processo di licenze rendendo così illegale l’estrazione dei preziosi, ci sono rapporti che dicono che alcune imprese continuano ad estrarre ed ad avere accumuli importanti.
Il NUG, il governo di unità nazionale, ha detto che queste imprese e chiunque partecipi alla vendita di pietre preziose sarà posto in una blacklist e saranno intraprese azioni contro di loro.
“C’è bisogno di un’azione internazionale più forte per assicurare che i militari non possano fare delle risorse naturali una via di salvezza per il suo regime illegittimo. Questo deve includere il divieto di importazione della giada e delle pietre preziose dal Myanmar oltre a misure finanziarie e bancarie più dure per isolare la giunta birmana dal sistema finanziario internazionale” ha detto Hanna Hindstrom di GW.