Sono circa 4,4 milioni di thailandesi, il 6,3% della popolazione, a vivere con un reddito inferiore alla soglia di povertà in Thailandia fissata a 74€ mensili, 2762 baht, nel paese del sorriso, ed a dirlo è il segretario del National Economic and Social Development Council, Danucha Pichayan.
Nel 2019 prima che il paese fosse investito dalla pandemia erano 4,3 milioni a vivere sotto la linea della povertà in Thailandia che divennero 4,7 milioni nel 2020 nel picco della pandemia in Thailandia, quando l’economia thai si contrasse del 6,2% e 650 mila persone persero il lavoro.
Quando si osservano i dati regionali, il meridione thailandese è la regione ad essere colpita di più con 1,1 milioni di persone che vivono sotto la soglia della povertà in Thailandia, 11,6% della popolazione.
Al secondo posto troviamo il nordest con 11,5% della popolazione che vive in abietta povertà seguiti dalla regione centrale con 6,8%, Nord 3,2% e Bangkok 0,5%.
I dati de NESDC mostrano anche che le persone delle aree rurali hanno visto un salto più alto in entrate rispetto alle aree urbane.
Le entrate medie mensili dei residenti delle aree rurali sono cresciute dai 7588 baht del 2019 ai 8130 baht del 2021, mentre nelle aree urbane guadagnavano 12018 baht nel 2021 contro 11,712 di due anni prima, una crescita del 2,6%.
Rispetto al periodo pre-pandemia del 2019 è cresciuta la differenza tra ricchi e poveri con la crescita dell’indice Gini che era 0,43 nel 2021 contro 0,429 nel 2019. L’indice di Gini varia tra 0 ed 1, dove 0 indica l’assenza di diseguaglianze, mentre 1 indica la diseguaglianza massima.
Nel 2019 la Banca Mondiale diceva che la Thailandia aveva il maggior tasso di diseguaglianza di entrate nell’Asia Orientale e nella regione del Pacifico, quando 1% della popolazione più ricca aveva il 21% delle entrate nazionali, mentre le entrate della popolazione più povera rappresentava il 14% della ricchezza.
Povertà in Thailandia e trappola del reddito medio
La seconda maggiore economia ed un tempo la più dinamica del Sud Est Asiatico si dibatte tra invecchiamento della popolazione, la scuola che peggiora ed un’agricoltura a bassa resa di riso.
La Thailandia sembra presa nella trappola delle entrate medie, incapace a diventare ricca stretta tra un Vietnam più giovane e dinamico ed l’Indonesia che è più vasta.
L’uscita da questo solco non sarà facile ma devono essere prioritari l’investimento nell’istruzione e in un capitale umano di maggiore qualità e la riforma dell’agricoltura e del governo.
La Thailandia ha il tasso di fertilità più basso del Sud Est Asiatico tranne Singapore. La sua demografia è di certo peggiore di quella della Corea del Sud che ha un tasso di fertilità vicino allo 0,8% e la cui popolazione tra i 20 e i 24 anni è scesa del 15% tra il 2020 e il 2021.
Per la Thailandia questo declino è stato del 20% meglio del 27% del Giappone. Ma Giappone e Corea del Sud generano però un PIL che è 4 volte quello thailandese ed hanno maggiori risorse per la popolazione anziana mentre attirano immigrati qualificati per rafforzare la loro forza lavoro che invecchia.
Come accaduto in altri paesi il Covid-19 ha esasperato l’invecchiamento del paese. Tra il 2020 e il 2021 è decresciuto del 8% il numero di bambini thailandesi. Le famiglie delle classi media e lavoratrice a causa del debito, inflazione e cattive prospettive di impiego, hanno poca voglia di avere figli. Durante la pandemia il debito delle famiglie è giunto al 90% del PIL.
Negli anni 2000 la Thailandia fece meglio dei suoi vicini regionali secondo molte metriche dell’istruzione. Quasi tutti i bambini frequentavano le scuole primarie ed un’alta parte dei giovani entrava nella secondaria inferiore. Nel 2006 la maggioranza dei lavoratori thai al massimo aveva un’istruzione primaria, mentre nel 2019 la maggioranza aveva un qualche livello superiore alla elementare.
Questi guadagni nel campo dell’istruzione e delle abilità possono aiutare a migliorare gli effetti del rapido invecchiamento, ma per uscire dalla trappola delle entrate medie e per una migliore formazione del capitale umano sono la crescita e la qualità dell’istruzione superiore. Nel decennio scorso il declino dell’iscrizione all’università ha iniziato a distanziare il declino demografico nel numero di giovani.
Il tasso lordo di iscrizioni terziarie della Thailandia, il numero di iscritti nell’istruzione universitaria diviso per la fascia di età del livello terziario principale, è arrivato attorno al 50% all’inizio del decennio scorso per cadere attorno al 40-45% negli ultimi anni. I programmi tecnici o professionali sono andati meglio ma la maggioranza dei programmi generali dell’università hanno perso molti studenti. Tra il 2015 e il 2019 il numero di iscritti all’università è caduto di un netto 18%.
I problemi delle università thailandesi sono legati a qualità, lavori e finanze familiari. Con meno iscrizioni, le università hanno meno risorse ed incentivi ad investire nel miglioramento della qualità nel modo che hanno fatto le università cinesi e di Singapore. A sua volta, si indeboliscono le prospettive di impiego dei laureati. I migliori salari dell’istruzione terziaria thai sono caduti dagli inizi del 2010 con molti laureati impreparati per il lavoro.
Durante la pandemia, il numero di lavoratori con istruzione superiore disoccupati si è più che raddoppiato perché per famiglie distrutte dai debiti potrebbero non essere degni di valore gli anni di istruzione universitaria in più. Molte università thai si trovano di fronte alla scelta di eliminare dei corsi o chiudere del tutto.
L’agricoltura che è una colonna grande dell’economia thai è un’altra preoccupazione perché il settore produce un decimo del PIL del paese impiegando un terzo della sua forza lavoro. Mentre il settore si è diversificato introducendo la frutta e gli allevamenti zootecnici il riso resta un raccolto fondamentale, dato che le aziende agricole thailandesi rappresentano il 14% del commercio internazionale del riso.
Eppure le aziende agricole thai del riso non sono molto produttive o efficienti. La resa media è ora inferiore a quella di Vietnam, Cambogia e Laos. L’azienda risicola thai è troppo piccola e i contadini troppo poveri o vecchi per investire in equipaggiamenti o infrastrutture per migliorare la produttività.
Queste criticità hanno spinto i politici a puntare sull’affidarsi alla nuova tecnologia industriale per risuscitare la crescita economica. Per esempio i capi politici sognano di puntare sulla produzione di veicoli elettrici e a maggio 2022 il premier Prayuth Chanocha espresse la speranza che il paese diventerà il centro maggiore di veicoli elettrici al mondo.
Ma una strategia nazionale che punti solo ai veicoli elettrici sarebbe una scommessa costosa in una regione in cui sono pochi i consumatori che possono permettersi questa tecnologia.
La Thailandia e la sua industria dell’auto in particolare, beneficia degli investimenti cinesi e giapponesi. Le esportazione sono andate bene dal 2020 con vendite di veicoli crescenti verso il Giappone e esportazioni agricole in Cina. Il commercio tirato dall’investimento straniero ha dato una spinta economica forte aprendo opportunità per cambiamenti strutturali.
Ma l’investimento straniero è scoraggiato da un ambiente legale e politico incerto, dalla corruzione, oligopoli nazionali potenti e restrizioni alla proprietà di stranieri. Il corridoio economico orientale EEC e le zone economiche speciali create dagli ultimi governi devono ancora diffondersi o intensificare gli investimenti in Thailandia.
Il ringiovanimento dell’istruzione superiore richiede la riforma del suo finanziamento, il consolidamento e l’internazionalizzazione delle sue università.
Alleviare la stagnazione nell’agricoltura richiede di spostare il sostegno dal prezzo dei prodotti alla meccanizzazione, all’investimento nell’irrigazione e consolidamento delle aziende.
Le criticità della demografia, della scuola e dell’agricoltura sembrano sintomatiche di un’economia diseguale che concentra risorse e potere verso i grandi conglomerati e i ricchi.
Una simile struttura economica limita le richieste della classe media e accresce il flusso dei capitali all’estero verso paesi come il Vietnam, anche quando la Thailandia ha pochissimi investimenti nazionali privati. In modo simile ci sono troppi incentivi a studenti o coltivatori a migliorare le proprie capacità e pochi incentivi alle famiglie ad avere bambini.
Cambiare direzione è essenzialmente un problema politico e di governo. Molte proposte della Thailandia 4.0, come per investimenti più equilibrato a livello regionale e partenariato congiunto per spingere le risorse nell’istruzione universitaria, mostrano che non c’è mancanza di buone idee che provengono dai funzionari pubblici e dagli studiosi thai su quello che serve. Ma applicarle è cosa differente.
Richard Yarrow, Asiatimes