Nei tre mesi passati la sua presa sul potere si è fatta più visibile ed il sostegno popolare è restato forte, nonostante che molti militanti abbiano criticato il suo stile autoritario, la selezione di ministri poco qualificati e i risultati magri.
Gli analisti hanno cominciato a guardare in modo critico alle politiche governative, ai risultati e al processo di applicazione. Nonostante e forti speranze il momento politico è stagnante, mentre la gente comincia a comprendere le difficoltà che si affacciano.
Il governo ha scelto come la sua maggiore priorità la riconciliazione nazionale e la pace ed l’attenzione di Suu Kyi è stata finora sulle preparazioni per la prossima conferenza nazionale della pace prevista a fine agosto.
Questo evento è stato definito come la Conferenza di Panglong del XXI secolo in omaggio all’accordo di pace di Panglong del 1947, firmato dal padre di Suu Kyi e dai capi delle minoranze etniche all’alba della indipendenza birmana e molto considerato per lo spirito di inclusività e cooperazione etnica. L’eroe dell’indipendenza Generale Aung San di etnia birmana, era rispettato tantissimo ed ammirato da alcune minoranze etniche in quel tempo.
L’accordo originale prevedeva “l’autonomia completa nell’amministrazione interna” per le regioni etniche di frontiera. Come suo padre pochi hanno messo in dubbio la sincerità di Suu Kyi rispetto alla promessa di costruire un’unione federale in un paese diverso etnicamente.
Lei ha nella mente la pace e la propria eredità per tutto il periodo in carica. E’ lei deve portare avanti il lavoro incompiuto iniziato dal padre e la buona notizia è che questa amministrazione incontra meno sfiducia della precedente.
Gli scontri armati, comunque, continuano nella Birmania del nord. La Cina, uno degli attori importanti ed uno dei più grandi investitori ha giocato il dubbio ruolo nella protratta guerra civile, quando sostiene vari gruppi armati come il potente Esercito dello stato Wa nello stato Shan.
I gruppi armati etnici che rifiutarono di firmare l’accordo di cessate il fuoco col governo precedente hanno espresso l’interesse a partecipare alla conferenza di pace ma restano i dubbi di un accordo inclusivo di cessate il fuoco.
Resta ancora aperta la questione della partecipazione di tre gruppi armati etnici, come Ta’ang National Liberation Army, la Arakan Army e the Myanmar National Democratic Alliance Army, sebbene siano stati anche essi invitati ufficialmente. Il potente esercito birmano è ancora riluttante ad aprire loro la porta, perché sono tutti impegnati in ostilità con la Tatmadaw che però ultimamente ha mostrato segni di flessibilità verso la loro inclusione.
A parte Aung San Suu Kyi, i militari saranno degli attori chiave nel negoziato. La domanda è come riusciranno ad affiancarsi a Suu Kyi.
Questo è il primo governo eletto dal 1962 ma manca di un controllo completo. La costituzione del 2008 è ancora al suo posto ed il 25% dei seggi resta loro appannaggio, dando loro il potere di veto sugli emendamenti costituzionali. Le forze armate controllano tre ministeri importanti come gli interni, la difesa e le frontiere.
I critici sostengono che il nuovo governo è impreparato e i risultati sono finora ambigui. Non c’è ancora chiarezza rispetto alla politica economica dell’amministrazione che causa frustrazione tra uomini i affari ed investitori, sia birmani che stranieri.
Grazie alle riforme iniziate dall’ex presidente Thein Sein i lpaese continua a godere do una certa libertà e democrazia, sebbene debbano essere ancora conquistate la pace e la prosperità e sebbene restino ancora attivi alcuni gruppi religiosi radicali.
I cittadini birmani desiderano il meglio per la nuova amministrazione al suo primo mandato: raggiungere la pace e la prosperità e crescere per poter avere un ruolo attivo nella regione.