Pare che sia passato un secolo, per quanto era solo febbraio scorso, che la UE decise di rimuovere in parte i privilegi commerciali cambogiani sotto il progetto EBA, Tutto tranne che le armi, ma tanto è accaduto da allora.
Bruxelles aveva tutti i diritti di ritirare i privilegi commerciali cambogiani in risposta a varie azioni repressive, quali lo discioglimento dell’unico reale partito di opposizione CNRP sulla base di accuse pretestuose di un complotto orchestrato dagli USA e all’arresto del suo presidente Kem Sokha per tradimento.
Il problema è che al momento gli effetti del ritiro dei privilegi commerciali cambogiani EBA saranno difficile da verificare alla luce degli effetti che la pandemia ha avuto sull’economia cambogiana che alla luce delle predizioni della ADB si contrarrà fino al 5.5% per il 2020.
Il senso delle misure punitive della UE, con le quali si reintroducono sia le tariffe che le quote su alcuni prodotti di esportazione era di dare un colpo all’economia del paese in modo che Phnom Penh capisse di dover negoziare ed introdurre riforme politiche.
Questo ora non sarà possibile. Alcuni dei privilegi commerciali cambogiani dovrebbero essere rescissi ad Agosto e sarà quasi impossibile a settembre dire quanto di questo periodo negativo per il settore manifatturiero sia dovuto alla pandemia o alla revoca dei privilegi commerciali. E senza poter dire quanto abbia influito questo ritiro dei privilegi commerciali sulle condizioni economiche, sarà facile per il governo cambogiano scaricarsi delle responsabilità.
Il premier Hun Sen potrà trascurare del tutto il ritiro dei privilegi ad agosto ed affermare che il collasso della manifattura è stato causato dalla pandemia per la quale non era responsabile ma che comunque gli ha portato solo lodi.
Allo stesso tempo il partito del governo cambogiano potrà dirigere molta della rabbia generale contro la UE che ferisce ancora di più un’economia già in sofferenza. E’ come prendere a calci un uomo che è per terra, sarà la retorica usata da Phnom Penh che già lavora con i suoi media compiacenti a questo scenario.
E’ certo che gli effetti saranno duri, come hanno detto tre gruppi di pressione all’inizio del mese.
“Se la Commissione Europea permette che ad agosto entri in azione il ritiro dei privilegi EBA, si potrebbe avere il collasso quasi totale delle industrie di abbigliamento, scarpe e beni di viaggio”.
I 3 gruppi hanno chiesto un ritardo di dodici mesi nell’applicazione del ritiro sebbene il NAR abbia fatto sapere qualche settimana fa che la UE non cambierà la data se prima non ci saranno “progressi significativi” sulle riforme politiche da parte di Phnom Penh.
E’ abbastanza interessante che Ken Loo, segretario generale dell’associazione manifatturiera cambogiana ed uno dei tre gruppi di pressione, abbia detto che il settore privato “non sta facendo pressioni sul governo reale perché negozi con la UE” ad indicare che Phnom Penh non vuole più sentire nulla su questo fronte.
Pandemia o no, le sanzioni UE non avrebbero forse funzionato come inteso. Se la storia recente delle sanzioni recenti contro Corea del Nord, Iran e Russia ci dicono qualcosa, è che le sanzioni devono essere imposte con quattro condizioni.
La prima è che devono essere imposte velocemente ed anche in modo poco prevedibile affinché il governo ricevente non abbia tempo di prepararsi.
La seconda è che si deve esercitare la massima pressione dall’inizio e che, terza condizione, deve rimanere in vigore finché non ci sia la riforma reale. Per quarta cosa deve essere imposta da varie parti.
Bruxelles è stata coerente dagli inizi. Vuole la riforma giuridica, il rilascio di Kem Sokha dal carcere ed il ritorno del CNRP alle elezioni come un partito legale. La UE cominciò a ragionare sulla possibilità di un ritiro dell’EBA nel 2017 ma la missione di accertamento dei fatti iniziò a lavorare fino a luglio 2018, mentre il processo più formale iniziò solo nel febbraio 2019 mentre la decisione finale giunse un anno dopo. Invece di azioni immediate, per esempio a novembre 2017 all’indomani dello scioglimento del CNRP, la UE perseguì un confronto serrato con Phnom Penh quando era chiarissimo alla maggioranza degli intervistatori che Hun Sen non avrebbe fermato il suo assalto politico a causa della minaccia di future sanzioni.
Questo ritardo inoltre permise ad Hun Sen di consolidare il potere. Tra la missione di accertamento e la decisione di febbraio 2020, il partito al governo vinse tutti i seggi nelle elezioni generali del 2018, riempì i militari di militari fedeli a Hun Sen compreso Hun Manet, il figlio più grande del leader cambogiano e suo erede, come capo di fatto; fece arrestare decine di militanti di base del CNRP; chiuse altri media e organizzazioni della società civile; si riprese tutte le posizioni elette localmente; introdusse altre leggi più repressive e chiuse tutte le speranze di un ritorno in patria di Sam Rainsy a cui fu bloccato il rientro lo scorso anno.
Infatti mentre la UE esitava il CPP consolidava il suo potere fino al punto di un non ritorno, vale a dire che la politica cambogiana non può tornare ai giorni precedenti il 2017 come essenzialmente richiede la UE: uno status quo ante è da tempo sorpassato.
La maggioranza degli esperti forse ha ragione quando dice che Kem Sokha sarà condannato alla ripresa del suo processo, ma sarà perdonato velocemente da Hun Sen a condizione che non rientri in politica. La UE vedrà questo suo probabile rilascio come una vittoria che però ha più a che fare con le politiche interne. Perdonare Kem Sokha dividerebbe in modo irrevocabile il CNRP, toglierebbe una figura importante dell’opposizione dalla politica e proverebbe che Hun Sen aveva ragione sugli istinti golpisti del partito.
Inoltre se si volesse che le sanzioni cambiassero davvero la politica cambogiana, si sarebbe dovuto usarle con maggior forza come il taglio di tutti i privilegi di commercio secondo il progetto EBA.
Le sanzioni invece la sospensione parziale decisa dalla Commissione Europea a febbraio copre appena un quinto delle esportazioni cambogiane verso il maggior partner commerciale, per un valore di un miliardo di dollari USA. E sarebbe necessario che le imponessero insieme UE ed USA.
Washington invece ha cercato la distensione con Hun Sen con l’arrivo del nuovo ambasciatore americano a Phnom Penh, Patrick Murphy lo scorso anno, dopo che gli USA avevano imposto sanzioni limitate sulla Cambogia nel 2018. Se le misure europee fossero arrivate prima, avrebbero potuto influenzare la politica USA.
E’ difficile oggi comprendere quale possa essere l’impatto della revoca dei privilegi EBA. Fosse stato fatto in modo differente, vale a dire prima con più forza e in modo congiunto, sarebbe stato possibile ottenere qualche riforma politica da Hun Sen. Il condizionale è d’obbligo.
Come hanno notato tutti gli analisti, la fonte principale di legittimazione, sebbene non l’unica, del CPP è lo sviluppo economico che ha visto salire il PIL cambogiano dai 2,5 miliardi di dollari del 1993 ai 24,5 miliardi del 2018. Altri esempi includono le radici storiche del partito come l’unico che rovesciò il regime dei Khmer Rossi, la fine della lunga guerra civile ed il culto della personalità di Hun Sen e naturalmente la paura.
Comunque vale la pena di ricordare che, mentre l’economia importa, il Partito del Popolo Cambogiano CPP non sacrificherà il proprio potere per un miliardo di dollari in commercio, né per il destino di qualche centinaia di migliaia di lavoratori. E non ora che l’economia è già in uno stato pietoso.
Per alcuni le misure della UE dopo la pandemia sono un uno-due, mentre per il partito al governo non potevano giungere in un momento migliore.
David Hutt TheDiplomat