Il prolungato silenzio con cui il Vietnam raccoglie una lettera di protesta malese per una discussa espansione in un atollo nel Mare Cinese Meridionale riflette una strategia diplomatica attenta per evitare di mettere in pericolo le proprie relazioni con il vicino malese, secondo un analista, dal momento che le divisioni nell’ASEAN danno alla Cina un vantaggio nel bloccare gli accordi regionali.
In settimana sono emerse le notizie della lettera di protesta malese al Vietnam, inviata agli inizi di ottobre, per i lavori di espansione su una caratteristica di mare reclamata da entrambi i paesi, in uno scontro bilaterale molto raro che non coinvolge la Cina.
A maggio un istituto cinese, Grandview Institution, affermò che il Vietnam aveva reclamato più suolo nel Mare Cinese Meridionale nei tre anni passati di quanto fatto in quarantanni, un’azione che “complica ed espande” le dispute in mare, aggiungendo 3 chilometri quadri di nuovo suolo agli originali 0,7.
Secondo lo studioso Abdul Rahman Yaacob del Lowy Institute, ci sono vari fattori di questo ritardo di risposta del Vietnam ed una ragione potrebbe essere di voler attendere cosa produrrà la visita di Anwar Ibrahim in Cina.
“Potrebbe anche essere il processo burocratico di Hanoi che vuole dare una risposta attenta perché la Malesia appartiene all’Asean, e il Vietnam non vuole mettere in pericolo le proprie relazioni bilaterali con Putrajaya”.
La visita di quattro giorni di Anwar Ibrahim in Cina vuole attrarre principalmente investitori per accrescere l’economia del paese.
Mentre la lettera di protesta malese al Vietnam potrebbe apparire in linea con la posizione di Pechino, Rahman nota che Anwar aveva già detto che la Malesia avrebbe continuato le attività petrolifere nella propria zona esclusiva contestata dalla Cina.
“Quindi la protesta verso il Vietnam potrebbe essere la strategia malese per dire alla Cina che la Malesia è equa nel trattare le questioni relative alle acque contese nel Mare Cinese Meridionale”.
A settembre Anwar ha ribadito che l’ente di stato malese, Petronas, continuerà nella Zono Economica Esclusiva nonostante le obiezioni cinesi le proprie attività di esplorazione, tra cui quelle a Kasawari a largo della costa del Sarawak, senza però chiudere la porta su discussioni con qualunque paese”.
L’analista malese Oh Ei Sun ha definito il silenzio vietnamita come “un gesto diplomatico sfumato” e che una replica formale in cui Hanoi ribadisce la posizione sulla disputa, potrebbe inasprire temporaneamente i legami con la Malesia.
“Quindi un’assenza di risposta o una rimandata indefinitamente mentre ci sono i lavori in corso è probabilmente considerato un’azione”.
E’ improbabile che la tempistica della lettera di protesta malese sia indicativo del tentativo di ingraziarsi la Cina dato il viaggio di Anwar di questa settimana, ha detto Oh, il quale nota che così potrebbe essere una spada a doppia lama dato che Putrajaya e Pechino hanno dispute bilaterali di sovranità in parti del Mare Cinese Meridionale.
La Cina reclama la sovranità su quasi l’intero spazio di mare e ha mandato una flotta di imbarcazioni di guardia costiera in tutti gli angoli della regione come le zone economiche esclusive malese, filippina, vietnamita, indonesiana e del Brunei.
Per Vincenti Kyle Parada, già analista per la Marina Filippina, il silenzio vietnamita è una risposta di per sé che indica la posizione di chi si ritiene nel diritto di esercitare la propria autorità per la propria caratteristica di mare come meglio crede.
“Chiaramente il Vietnam non vuole attirare altra attenzione sulla questione”.
Il disaccordo nell’ASEAN sulla disputa nel Mare Cinese Meridionale potrebbe essere un fattore del prolungato silenzio del Vietnam, dicono gli analisti, e notano che la mancanza di un fronte unito ha contribuito al ritardo del negoziato del codice di condotta tra ASEAN e Cina per mitigare il conflitto nella via d’acqua contesa.
Rahman ha affermato che i disaccordi tra i membri dell’Asean sulle aree di responsabilità coperte dal codice hanno permesso alla Cina di “sfruttare” le divisioni per “perseguire i propri interessi e ritardare i negoziati”.
Il segretario generale ASEAN Kao Kim Hourn ha detto che i negoziati con la Cina saranno accelerati e forse chiusi nel 2026.
Tali discussioni, secondo Oh, però “restano per lo meno di ispirazione nel breve” dato che “le difficoltà annuali nel firmare le dichiarazioni dei summit ASEAN” su una posizione comune sul codice di condotta.
Parada ha osservato che i disaccordi che si sono verificati nel corso degli anni – come nel 2012 sotto la presidenza della Cambogia, quando la Cina bloccò qualsiasi menzione della controversia nella dichiarazione congiunta dell’Asean – hanno minato qualsiasi tentativo di risposta coesa per “respingere l’avventurismo unilaterale della Cina nel Mar Cinese Meridionale”.
Questo è anche uno dei motivi per cui Paesi come le Filippine lavorano alla internazionalizzare della disputa collaborando con attori extra-regionali come Australia, Giappone e Stati Uniti
A luglio, Manila ha firmato un importante patto di difesa con il Giappone per consentire l’invio di truppe per l’addestramento al combattimento congiunto nei rispettivi Paesi. I piloti di caccia filippini hanno anche partecipato all’esercitazione biennale Pitch Black, condotta dall’Australia a Darwin.
Il mese scorso, le Filippine e i principali alleati hanno condotto esercitazioni congiunte su larga scala in diverse aree del Paese, comprese quelle che si affacciano su Taiwan e sul Mar Cinese Meridionale.
“Hanno funzionato efficacemente come contrappeso all’influenza sproporzionata della Cina nel sud-est asiatico”, ha aggiunto Parada.
Maria Siow, SCMP