L’isola di Rempang nelle isole Riau in Indonesia è scossa da forti manifestazioni contro i piani governativi di spostare migliaia di cittadini per fare spazio ad un progetto cinese miliardario che prevede una fabbrica del vetro ed una Eco City.
Il contenzioso dura da mesi dopo che il governo annunciò che i 7500 cittadini di Rempang si sarebbero dovuti spostare su un’isoletta vicina di Galang, quando a loro avviso c’era abbastanza spazio sull’isola di Rempang anche per loro.
Il progetto di Rempang Eco City dovrebbe occupare solo il 10% dell’isola di Rempang.
La municipalità di Batam copre Batam, Rempang, Galang ed altre isolette della provincia di Riau. Batam è il centro urbano e industrializzato mentre Rempang e Galang sono molto più rurali con una popolazione a bassa densità.
Ma molti di loro che vivono a Rempang si guadagnano da vivere nel mare vendendo il pescato fatto di pesce, frutti di mare e granchi.
Man mano che arrivava la data fatidica dell’esproprio sono cresciute le proteste, fino agli scontri con la polizia ed i militari in vari punti delle isole Riau come Rempang e Batam, la città più grande di questo arcipelago ad un tiro di schioppo da Singapore.
La polizia ha impiegato cannoni ad acqua e lacrimogeni arrestando decine di persone e in un video comparso online delle proteste di Rempang vicino a due scuole, si possono vedere i bambini nelle divise della scuola correre per trovare qualche riparo.
Secondo una donna, le proteste sono iniziate pacificamente sfociando negli scontri solo dopo che la polizia ha fatto uso dei lacrimogeni, senza dare alcun preavviso.
“Ho pensato subito ai miei nipotini e mi sono precipitata lungo la strada per assicurarmi che fossero al sicuro” ha detto una donna ad Al Jazeera.
Il nipote dodicenne era nella scuola a studiare inglese quando hanno sentito i colpi sparati e immediatamente studenti ed insegnanti sono scappati dalla scuola per rifugiarsi nella boscaglia vicino la scuola.
“Pensavamo che la polizia stava arrivando a scuola e ci avrebbe sparato. Credevo che usassero proiettili veri. Alcuni di noi sono svenuti per i lacrimogeni ed era comunque difficile respirare”
A far scattare le proteste è il piano di costruire una fabbrica di vetro cinese per soddisfare la crescente domanda di vetro per pannelli solari.
L’impianto deve essere il fulcro di un centro economico denominato Rempang Eco-City, un progetto congiunto tra l’Autorità della Zona Franca di Batam (BP Batam) e un’azienda locale, PT Makmur Elok Graha (MEG), che sta lavorando in collaborazione con la cinese Xinyi Glass, il più grande produttore di vetro e pannelli solari del mondo.
Il progetto Rempang Eco-City è il risultato di un summit tra Xi Jinpeng e Joko Widodo di luglio a cui parteciparono diversi investitori cinesi tra cui Xinyi Group, che è uno dei maggiori produttori al mondo di vetro e pannelli solari.
Xinji Glass ha promesso di investire un miliardo di euro per l’impianto di produzione di vetro e pannelli solari che sarà il secondo maggiore impianto al mondo che secondo il ministro degli investimenti darà lavoro a 35mila persone attraendo oltre 20 miliardi di euro di altri investimenti entro il 2080.
Gli espropri forzati in Indonesia sono una pratica oltremodo comune di cui anche quelli di Rempang sono un esempio, un modo strutturalmente violento di gestire la gente.
Comunque la gente è venuta a sapere solo all’inizio di settembre che sarebbe stata ricollocata entro lo stesso mese in altri luoghi nell’entroterra, facendo scoppiare una nuova ondata di proteste.
Dopo che è apparso il video, la polizia si è giustificata dicendo di non aver sparato verso la scuola dove il vento ha poi portato i fumi.
I genitori poi si sono precipitati verso l’asilo per prendere i bambini che erano finiti nel panico totale ed alcuni sono stati portati in un centro sanitario vicino per somministrare l’ossigeno e farli riprendere a respirare.
Qualche giorno dopo c’è stata una manifestazione di residenti e gruppi di popolazioni indigene malesi di tutta l’Indonesia a Batam con successivi scontri vicino al palazzo della BP Batam con l’uso di lacrimogeni. Sono seguiti gli arresti di 43 persone
“Chi vuole sviluppare l’isola deve prima comprendere la storia, impararla ed imparare la cultura e il modo di vivere delle comunità locali” ha detto ai manifestanti un oratore Raja Zainudin della Malay Culture of Riau Islands, un gruppo di popolazioni malesi che vivono da secoli alle Riau e che si guadagnano da vivere sul mare e sulla terra.
Il ministro degli affari di sicurezza Mahfud MD ha detto che la situazione richiede una gestione attenta e che le forze di sicurezza avrebbero dovuto comunicare chiaramente alla gente del progetto del governo locale di costruire le case a Batam per le famiglie da ricollocare, dopo che c’era l’accordo tra governo locale, imprese e il parlamento regionale il sei settembre.
Ma comunque voler spostare le popolazioni locali dai luoghi dove si guadagnano da vivere, che per loro sono strategiche, significa non comprendere la natura delle comunità indigene.
In questo modo si rafforzano la povertà e le situazioni di svantaggio, si rompono quel complesso di relazioni sociali ed il governo è incapace o non vuole di comprendere tutto questo.
“La causa dei disordini è più profonda e complicata di quanto Giacarta pensi. Non si tratta di risarcimenti, perché gli abitanti vivono sull’isola da generazioni, anche prima dell’indipendenza dell’Indonesia, ma non hanno documenti formali per dimostrare la loro proprietà della terra, che è stata drammaticamente colpita dalla costruzione di un centro industriale integrato del vetro a Rempang Eco City. Sono stati trattati come abusivi e non come cittadini.
I disordini a Rempang ci danno un’ulteriore prova del fatto che la mentalità militarista si è ben mantenuta dalla pianificazione all’esecuzione dei progetti nazionali classificati strategici. Il modo oppressivo con cui il personale di sicurezza, tra cui la polizia, i militari e l’Agenzia per l’ordine pubblico, hanno represso i manifestanti ci ricorda il tipico uso della violenza per mettere a tacere i critici e l’opposizione alle politiche del governo durante i 32 anni di dittatura di Soeharto. Noi, come molte altre persone, ci chiediamo solo perché il personale di sicurezza sia stato così crudele nei confronti delle persone disarmate, venute a manifestare i propri diritti” scrive il JakartaPost