Lo stato del conflitto nel Meridione Thai di Patani preoccupa per gli attacchi verso persone non combattenti anche se l’intensità totale resta bassa
Nel ventesimo anniversario della ripresa del conflitto nel meridione thai di Pattani nel 2023, si devono registrare secondo DSW, Deep South Watch, oltre 22100 incidenti violenti in cui dal 2004 sono morti 7520 persone e sono state ferite altre 13900.
Sin dal lancio dei negoziati formali di pace nel 2013, sono diminuiti in modo significativo gli incidenti e le morti violente ed nei pochi anni scorsi il livello di violenza è rimasto stazionario.
Nei primi otto mesi del 2023, ci sono stati 351 incidenti violenti con 89 morti e 157 feriti. La media mensile dii violenza e perdite sono in linea con il 2022 quando ci furono 488 incidenti violenti con 117 morti e 227 feriti.
Nei primi otto mesi del 2023 da una analisi delle vittime distinte tra combattenti armati e civili disarmati si ricava che le cifre delle perdite umane è maggiore tra i civili disarmati con 62 uccisi e 78 feriti. Tra i combattenti armati invece 27 sono i morti e 79 i feriti.
Ci sono tre grosse osservazioni delle operazioni militari in corso dell’insorgenza nel Profondo Meridione.
La prima è che mentre le operazioni militari del BRN si sono concentrate più sui combattenti, sono avvenuti anche attacchi indiscriminati che hanno colpito i civili. Ci sono state 69 bombe contro le 129 del 2022. In uno degli incidenti più catastrofici ultimi, una bomba su un veicolo è esplosa in una struttura di case della polizia nel distretto Muang di Narathiwat il 22 novembre 2022 che ha ucciso un poliziotto e ferito altri 31, tra cui anche 18 civili di cui tre bambini.
Il BRN ha detto che tali bombe servono come “comunicazione politica” della sua lotta per “l’indipendenza e l’autogoverno di Patani”.
La seconda è che continuano gli attacchi coordinati tra province che attestano la capacità militare del BRN. Sono operazioni intese come manifestazione di forza militare più che un tentativo di massimizzare il numero dei morti.
Una ventina di insorti, per esempio, attaccarono il 9 aprile 2023 un posto di sicurezza nel distretto centrale di Yala con bombe a tubo, granate e fucili automatici senza però fare morti nella sicurezza. Il giorno 11 maggio successivo ci furono attacchi incendiari in 3 posti di tre province diverse che prendevano di mira antenne di telefonini e pali elettrici. Gli attacchi coordinati sono spesso usati per esaltare il morale dei combattenti e dimostrare la loro presenza in campo.
Il conflitto nel meridione thai resta un’eccezione, caratterizzata dalla sospensione del regime di leggi normali, che insieme all’uso di leggi speciali, quella marziale e il decreto di emergenza, permette alle forze di sicurezza di operare con pochissimi controlli legali.
Dal golpe del 2006 la legge marziale è di continuo applicata nelle province di Pattani Yala e Narathiwat e permette ai militari di arrestare sospettati senza mandato del tribunale tenendoli fino a 7 giorni in detenzione.
A settembre 2023, il governo di Srettha Thavisin ha esteso lo stato di emergenza in 22 dei 33 distretti delle tre province per un mese invece dei soliti tre mesi.
Il decreto di emergenza permette alla sicurezza di detenere i sospettati fino a 30 giorni senza formulazione di accusa. La sicurezza così si è avvantaggiata di queste due leggi speciali aumentando il periodo di detenzione senza accusa formale fino a 37 giorni.
Un mese dopo il governo revocò il decreto di emergenza in tre distretti reimponendo la legge speciale nel distretto lontano di Srisakhon a Narathiwat.
Il governo ha detto che questa estensione si basava su indicazioni di varie parti a cui si chiedeva però di identificarsi in una indagine del ministero, cosa che fa sorgere dubbi sulla genuinità delle risposte.
Il 22 febbraio 2023 è entrata in vigore la legge di Prevenzione e Soppressione della Tortura e delle Scomparse forzate che dovrebbe migliorare la prevenzione degli abusi dei diritti e della tortura di persone sotto la custodia dello stato. La legge obbliga la sicurezza a tenere registrazioni audio e video dell’arresto e del rilascio del sospettato, e garantisce ai parenti e agli avvocati il diritto di accesso alle informazioni sul sospettato. Questa legge potrebbe esser una buona contromisura anche quando i militari difendono ancora il bisogno delle leggi speciali nel profondo meridione.
Un sondaggio d’opinione su un possibile referendum per l’indipendenza ha suscitato una forte reazione da parte delle forze conservatrici e delle agenzie di sicurezza in Thailandia.
Il 7 giugno 2023, l’organizzazione studentesca Pelaja Bangsa ha condotto un sondaggio durante un seminario all’Università Prince of Songkla di Pattani sul “diritto all’autodeterminazione”, chiedendo a decine di partecipanti se “il popolo di Patani deve avere il diritto di tenere un referendum legittimo sull’indipendenza”.
Questa campagna è stata percepita come una violazione della Sezione 1 della Costituzione del 2017, che afferma che la Thailandia è un regno indivisibile. Il Comando per le operazioni di sicurezza interna (ISOC), guidato dai militari, ha successivamente intentato una causa contro tre attivisti e un attivista diventato politico coinvolti nel sondaggio, accusandoli di tradimento e sedizione.
Questa controversia suggerisce che, secondo Bangkok, l’indipendenza rimarrà off limits quando si tratterà di trovare soluzioni politiche al conflitto.
Il dialogo di pace secondo il governo di Srettha Thavisin
E’ ripreso il dialogo di pace con il nuovo governo eletto di Srettha Thavisin anche se non si riesce a capire fino a che punto potrà fare dei progressi sostanziali. Srettha, magnate immobiliare diventato politico, è diventato primo ministro della Thailandia dopo che il Partito Pheu Thai è riuscito a formare una coalizione di 11 partiti, che include due partiti filo-militari affiliati ai leader del colpo di Stato del 2014.
Nei colloqui con il suo omologo malese Anwar Ibrahim a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2023, Srettha si è impegnato a proseguire il processo di pace nel sud della Thailandia e ha accolto con favore il ruolo di facilitatore della Malaysia.
Il processo di pace fu iniziato dal governo civile del Pheu Thai nel 2013 ma è stato portato avanti da governi dominati da militari fino al 2023. Il lancio del processo di pace fu una pietra miliare nel conflitto. Si deve notare che il livello di violenza è decresciuto nettamente, mentre l’organizzazione clandestina del BRN ha iniziato a comunicare pubblicamente su vari media sociali come Youtube.
Dopo il golpe del 2014 il BRN rifiutò di partecipare a colloqui tenuti dal governo del golpe a cui l’organizzazione ombrello di MARA Patani prese il suo posto. Dopo le elezioni del 2019 che videro Prayuth Chanocha mantenere il potere, il BRN decise di tornare al tavolo del dialogo.
Questo decennale dialogo di pace è un viaggio lento e tormentato. Lo scoglio maggiore resta la paura di internazionalizzazione del conflitto e il coinvolgimento di attori internazionali.
Il pannello thai del dialogo ha rifiutato di firmare tutti gli accordi con MARA Patani e BRN creando così sfiducia e dubbi sulla serietà del governo thai nel voler trovare una soluzione al conflitto. Bangkok teme che il BRN possa usare accordi firmati per lanciare una campagna internazionale di secessione.
Quando, nel marzo 2022, il gruppo di dialogo di pace thailandese ha raggiunto un accordo con BRN sui Principi generali del processo di dialogo di pace, è stato chiesto agli osservatori internazionali di firmare l’accordo.
I Principi generali, basati su Iniziativa di Berlino (colloqui indiretti facilitati dal Centro per il dialogo umanitario nel 2018-19), rappresentano una svolta significativa in quanto definiscono un quadro per il processo di pace, comprendente tre questioni sostanziali: 1- riduzione della violenza/cessazione delle ostilità; 2- consultazione pubblica; 3- soluzioni politiche.
In precedenza, i colloqui di pace si erano concentrati solo su questioni procedurali e misure di rafforzamento della fiducia.
Quando Anwar Ibrahim divenne premier in Malaysia alla fine del 2022, fu nominato nuovo facilitatore del processo di pace nel sud della Thailandia il generale Zulkifli Zainal Abidin, ex capo militare.
Nel primo incontro facilitato da Zulkifli a fine febbraio 2023, il gruppo di dialogo di pace thailandese e BRN hanno concordato il “Piano globale congiunto per la pace” (JCPP), della durata di due anni.
Il JCPP, che si basa sui Principi Generali,contiene due componenti: la riduzione della violenza e la consultazione pubblica che porterebbe a soluzioni politiche.
La consultazione pubblica deve coprire almeno 5 aree chiave: 1- forma di governo; 2-riconoscimento della comunità, identità e cultura di Patani; 3- diritti umani giustizia e questioni legali; 4- sviluppo economico e 5- istruzione.
Sebbene il JCPP sembrasse una passo positivo in avanti, il BRN decise di non presentarsi all’incontro seguente del gruppo tecnico di marzo 2023 affermando di attendere che si formasse il nuovo governo thai prima di tornare al negoziato.
Il BRN rigettò l’offerta del capo negoziatore Wanlop Rugsanaoh di firmare l’accordo del JCPP se completato.
Alle elezioni di maggio 2023 il Pheu Thai vinse 141 seggi secondo solo al MFP e strinse un accordo con due partiti dei militari di formare una coalizione con altri. Nel processo di nomina Srettha Thavisin ha avuto voti a sufficienza nel senato, derivanti da senatori fedeli a Prayuth Chanocha, per essere eletto primo ministro.
Restano dubbi se la coalizione di governo che ha pochi punti condivisi sarà capace di portare avanti politiche importanti. Rispetto al meridione thailandese il nuovo governo non ha mostrato una forte guida politica.
Con grande sorpresa di molti, compresi alcuni partiti della coalizione, nella dichiarazione politica non è stata fatta alcuna menzione diretta di come il governo avrebbe affrontato il conflitto violento, al contrario dei predecessori, compresi i governi Prayut e Yingluck Shinawatra. Non è stato nemmeno assegnato un vice primo ministro che si occupi degli affari di sicurezza, sollevando ulteriori dubbi sull’uniformità delle politiche. Srettha, anche ministro delle Finanze, dovrebbe assumersi la responsabilità del dialogo di pace, ma non è certo che abbia il tempo di dedicarsi a questo compito.
Non è inoltre chiaro fino a che punto il governo prenderà l’iniziativa di guidare la direzione del processo di pace e di sfidare l’influenza dei militari sull’insurrezione del Profondo Sud. Il ministro della Giustizia Thawee Sodsong, leader del partito Prachachat, sarebbe una delle persone più adatte a supervisionare i colloqui di pace. Fu uno dei principali artefici dell’avvio del dialogo di pace nel 2013, quando guidava il Centro amministrativo delle province di confine meridionali (SBPAC). Inizialmente l’esercito non era favorevole ai colloqui di pace. La tensione tra Thawee, all’epoca vicino al Pheu Thai Party, e i militari era così alta che è stato rimosso subito dopo il colpo di Stato del 2014.
Thawee, che è popolare tra i musulmani malesi del profondo Sud, come altri politici malesi-musulmani veterani, ha poi formato il Prachachat Party, che è probabilmente l’attuale partito regionale più forte che rappresenta gli interessi dei musulmani malesi a livello nazionale. Alle elezioni generali del maggio 2023, ha vinto sette circoscrizioni su 13 e ha ottenuto la vittoria nel voto di lista nelle tre province più meridionali.
Tuttavia, sebbene il Prachachat Party faccia parte della coalizione di governo, resta da vedere fino a che punto con i suoi nove deputati possa svolgere un ruolo di primo piano nella risoluzione del conflitto meridionale.
Tuttavia, dato il suo ruolo precedente e il fatto che il Profondo Sud è la principale circoscrizione elettorale del Partito Prachachat, Thawee dovrebbe essere in grado di dirigere le politiche del governo sul conflitto meridionale. Tuttavia, non ci sono indicazioni che Thawee sia incaricato di guidare questi sforzi.
Di contro Srettha ha addolcito la propria posizione verso i capi golpisti e i militari appena dopo essere diventato premier. Ha detto per esempio che invece di una riforma dei militari preferirebbe uno sviluppo congiunto dell’esercito. Questo suggerisce che potrebbe cercare di evitare di offendere i militari e le forze conservatrici radicate a Bangkok. La devoluzione del potere e l’autonomia sarebbero tra le questioni più contestate.
Da parte sua il BRN ha mostrato la propria volontà a perseguire colloqui di pace con il nuovo governo. C’è la possibilità che il BRN cambi il proprio presidente del pannello del dialogo per migliorare il proprio lavoro di difesa e diplomatico sostituendolo con Nikmatullah che lavora sul fronte diplomatico.
Il BRN insiste su tre richieste chiave: 1- l’approvazione parlamentare del processo di pace; 2- la firma dei documenti concordati al tavolo del dialogo; 3- l’immunità per i rappresentanti del BRN all’estero che entrano in Thailandia per consultazioni pubbliche.
Rimane una certa tensione tra l’ala militare e quella politica del BRN, con la prima che mantiene una posizione più dura. L’ala militare ha sollevato dubbi sulla possibilità di tenere colloqui “nel quadro della Costituzione thailandese”, che di fatto esclude l’obiettivo finale del BRN di ottenere l’indipendenza. Al contrario, gli elementi moderati del BRN hanno sostenuto la strategia della vittoria incrementale, sfruttando il processo di dialogo per portare avanti la propria agenda politica.
Prospettive del conflitto nel meridione thai
Restano poco chiari sia l’impegno che la visione del governo di Srettha sulla risoluzione del conflitto come anche la traiettoria del processo di pace stesso.
Dato il dominio dei militari sulla politica del paese da un decennio, il ritorno di un governo civile potrebbe avere conseguenze importanti sul conflitto nel meridione.
Si deve notare che il parlamentare Suthin Klangsang è il primo civile a guidare il ministero della difesa senza essere premier. Restano dubbi su quanto potrà governare sui militari. Dato che le vecchie leve coinvolte nel processo di pace nel 2013 sono ancora associate al governo Srettha in un modo o nell’altro, i colloqui potrebbero potenzialmente fare notevoli progressi – a patto che ci sia la volontà politica.
Ci sono almeno tre sfide chiave da affrontare se il governo vuole portare avanti il processo di pace. La prima, e forse la più significativa, è quella di sfatare il timore a lungo nutrito dalle agenzie governative circa l’internazionalizzazione del conflitto meridionale e l’impegno di attori internazionali.
Se si guarda ai conflitti separatisti in altre parti del mondo, l’impegno delle terze parti, sia a livello nazionale che internazionale, potrebbe migliorare il successo del processo di pace. Il sostegno internazionale è stato finora limitato a causa dei dubbi delle autorità thailandesi sull’impegno delle organizzazioni straniere.
In prospettiva, sarebbe necessario un meccanismo indipendente per il monitoraggio del cessate il fuoco, poiché sia il governo thailandese che BRN sono parti in causa nel conflitto e non sarebbe legittimo che svolgessero questo compito.
Le organizzazioni terze locali, in particolare quelle della società civile, potrebbero svolgere questo ruolo, ma necessiterebbero di un rafforzamento delle capacità. Le competenze delle organizzazioni internazionali potrebbero metterle in grado di lavorare in modo più professionale, efficace e trasparente.
Inoltre, quando si raggiunge un accordo importante al tavolo del dialogo, la firma dell’accordo contribuirebbe a rafforzare la fiducia nel processo di pace.
Le preoccupazioni delle agenzie governative competenti riguardo alla firma di accordi con il BRN si sono in qualche modo attenuate, come dimostra il fatto che il generale Wanlop si è detto disposto a firmare il documento del JCPP. Questo gesto positivo deve essere portato avanti.
La seconda sfida riguarda la necessità di garantire l’inclusività del processo di pace.
Ai rappresentanti del BRN che partecipano alle consultazioni pubbliche deve essere concessa l’immunità per tornare in Thailandia. Inoltre, il processo di pace non dovrebbe essere solo una questione tra lo Stato e i gruppi armati. È necessario mettere in atto un processo e dei meccanismi adeguati per articolare le voci di persone provenienti da contesti etnici, religiosi e culturali diversi. Tra questi, i buddisti thailandesi, i cinesi e le altre minoranze presenti nell’area del conflitto.
Anche il sostegno internazionale sarebbe estremamente utile per condurre un processo di consultazione pubblica inclusivo.
L’ultima sfida è la necessità di un’agenzia permanente con le risorse e gli uomini necessari per lavorare esclusivamente sul processo di pace, se si vuole che questo diventi davvero un’agenda nazionale come hanno affermato le autorità.
Quando il governo filippino fu impegnato nel processo di pace con i ribelli musulmani che lottavano per l’indipendenza nella parte meridionale del Paese, il presidente emise un ordine esecutivo per istituire un Ufficio del Consigliere Presidenziale sul Processo di Pace per portare avanti il processo di pace.
L’istituzione di un’unità permanente simile potrebbe servire a cristallizzare l’impegno del governo thailandese per la risoluzione pacifica del conflitto nella regione più meridionale.
Rungrawee Chalermsripinyorat, RSIS