Il governo thailandese sperava di poter raggiungere un cessate il fuoco con i ribelli separatisti malesi di Patani per il Ramadan 2025, ma dopo due settimane dal suo inizio le parti devono ancora trovare un punto in comune.
Peggio ancora la violenza non solo ha avuto un balzo, ma i recenti attacchi sono stati estremamente audaci..
L’otto marzo 2025 un gruppo di 10 combattenti ha attaccato una struttura dell’Ufficio Distrettuale di Sungai Kolok a Narathiwat appena prima della mezzanotte uccidendo due e ferendo altri sette del personale della sicurezza in un breve ma intenso scontro a fuoco.

I combattenti sono giunti su due veicoli, uno dei quali pieno di esplosivo, hanno parcheggiato vicino al complesso del distretto. Appena si sono allontanati il veicolo è stato fatto esplodere.
Quella stessa sera nel distretto di Sai Buri a Pattani, un’esplosione più piccola attira i Ranger Paramilitari sul posto, dove sono stati colpiti da una bomba più potente a cui segue il fuoco dei militanti immediatamente dopo l’esplosione che uccidono sul posto tre ranger.
Non si tratta di incidenti isolati. In precedenza nella settimana presunti insorgenti hanno lanciato una bomba artigianale contro la sicurezza vicino alla stazione ferroviaria a Yala che però ferisce alcune persone lì presenti.
La mattina del 17 marzo, un ufficiale del ministro degli interni è scampato ad una bomba nascosta sotto la sua auto che è scoppiata quando l’ufficiale andava al lavoro.
Sono circolate voci per qualche mese sui ribelli che invitavano il personale dei volontari della difesa ad abbandonare il loro lavoro evitando anche di spiare o lavorare per l’apparato della sicurezza thai.
Questi incidenti, ripresi dalle camere di sicurezza, hanno rafforzato l’idea che l’insorgenza sia una forma di azione comunicativa in cui gli attori non statali usano la violenza per mandare messaggi politici all’apparato statale della sicurezza.
Infatti il BRN non è contento del ritardo del governo thai nei negoziati di pace.
A dicembre 2024, il capo del gruppo tecnico del BRN, Nikmatullah Bin Seri, ha fatto una dichiarazione pubblica in cui afferma che il gruppo era preparato a lasciare il processo di negoziato e di non negoziare più nel quadro della costituzione thai se Bangkok non mostra serietà nei colloqui. Il negoziato sarebbe dovuto riprendere una volta che fosse salito al potere un nuovo governo dopo le elezioni generali del 2023.
Il mese seguente il ministro della difesa Phumtham Wechhayachai invitò tutte le agenzie importanti a stendere una bozza di una soluzione perseguibile per la risoluzione del conflitto.
Giorni dopo il premier Paetongtarn fece la sua prima visita nel Meridione recandosi incidentalmente alla scuola Thamvithya Mulnithi dove varie figure politiche del BRN, tra cui il compianto capo spirituale Sapae-ing Basor, avevano lavorato come insegnanti prima di fuggire dalla Thailandia per evitare gli arresti.
Contrariamente all’apparenza la direttiva di Phumtham e la visita di Paetongtarn fissavano dei termini più rigidi per i colloqui futuri con il BRN piuttosto che una concessione alle richieste del BRN.
Secondo una fonte governativa, il ministro chiedeva al BRN di ridurre la loro violenza prima che lui nominasse il gruppo del negoziato. Inoltre pensava di liberarsi della mediazione straniera e ai contatti medianti canali segreti, e di tagliare la posizione di cinque esperti internazionali dei conflitti che fanno da osservatori per colloqui di alto livello.
La Malesia, già facilitatore dei colloqui, inoltre sarebbe l’unico mediatore per i colloqui secondo una fonte anonima.
Non si sa se Phumtham cancellerà il JCPP, piano congiunto comprensivo verso la Pace, la roadmap verso la pace.
Thailandia e BRN, con l’aiuto di ONG e della Malesia che lavoravano su percorsi separati e spesso in competizione, hanno speso tre anni sul JCPP ed hanno identificato tre grandi punti da mettere sul tavolo del negoziato: riduzione della violenza, consultazione pubblica e soluzione politica al conflitto. I dettagli sarebbero stati discussi in una fase successiva.
Il BRN fece trapelare la bozza del JCPP all’inizio dello scorso anno per capire la situazione causando una grande agitazione tra rappresentanti della sicurezza del governo e i militari. Questi ultimi non hanno mai apprezzato l’idea di parlare ai ribelli e che credono che l’opzione militare sia la via migliore per andare avanti.
A causa delle tantissime critiche anche da parte dei consiglieri del governo, il gruppo dei negoziatori thailandesi si trovò del tutto isolato, accusato di aver fatto troppe concessioni al BRN.
Quello che Phumtham non comprende è che per il BRN il processo di pace è l’inizio di un viaggio lunghissimo che non si fermerà finché il movimento non ottiene l’indipendenza o una qualche forma di “autogoverno”.
Secondo questa seconda opzione, la sovranità resta a Bangkok ma il parlamento regionale legifera su questa regione storicamente contesa.
Secondo un rapporto di The Patani sul processo di pace, il BRN sosteneva che persino sotto un autogoverno la gente di Patani debba mantenere il diritto alla secessione.
Si tratta di una impresa difficile se si considera che dopo due decenni di iniziative di pace alternanti la Thailandia non ha mai permesso ai colloqui di andare al di là delle misure di costruzione della fiducia.
Persino con l’impegno del BRN, il gruppo che controlla l’insorgenza sul terreno, Phumtham continua a sfornare la solita manfrina. Questo suggerisce che il governo dubita ancora nel lavorare con il BRN o se il BRN è davvero la parte con cui lavorare.
Mentre ciò fa dire che il governo voglia ancora verificare di parlare con la gente giusta, tale verifica non serve a nulla vista l’altissima sfiducia nel BRN.
Negoziati fermi e Ramadan 2025
In accordo con le pratiche precedenti la parte thailandese, i resti del defunto Panello del Dialogo di Pace, ha provato a spingere per un cessate il fuoco per il Ramadan 2025 iniziato il primo marzo.
Il facilitatore malese, Mohd Rabin Basir ha provato con forza ad aiutare la parte thai a realizzare questa richiesta senza però riuscirci. La causa è che il BRN non ha voluto cedere sulla propria richiesta che il cessate il fuoco includesse un meccanismo di monitoraggio con esperti di conflitti internazionali e che la società civile locale avesse un ruolo di osservatore del processo.
Altre richieste chiedevano il rilascio di prigionieri del BRN e la nomina di un gruppo di negoziatori per i colloqui di pace.
Gli osservatori del processo non si sono detti sorpresi per il rifiuto del BRN alle richieste del governo di cessate il fuoco separato durante il Ramadan 2025.
Come dice Artef Sokho di The Patani, il governo thai ci prova sempre ad usare la riduzione della violenza per guadagni politici a breve:
“Il BRN riesce a capire cosa vuole la Thailandia ed è questa la ragione per cui questa volta si sono rifiutati”
Il BRN ricorda ancora come l’esercito thailandese trattò con disprezzo il cessate il fuoco unilaterale durante il Covid-19. Fu un’opportunità mancata perché la Thailandia avrebbe potuto reciprocare il gesto di buona volontà del BRN e lavorare a partire da lì.
L’esercito thailandese, invece, lanciò nel meridione thai operazioni di ricerca e distruggi eliminando in scontri diseguali i combattenti che avevano assunto un basso profilo ed erano nei loro villaggi.
Molti ufficiali della sicurezza rimasero allibiti dal fatto che, nonostante i militanti fossero in fortissima inferiorità numerica, accettarono quasi tutti tranne un solo militante di combattere fino alla morte invece di arrendersi anche se le possibilità di scappare vivi erano quasi nulle.
60 combattenti del BRN furono uccisi negli scontri durante questo cessate il fuoco unilaterale.
Nonostante questa grave delusione per il rifiuto dell’esercito thai di partecipare al cessate il fuoco, il BRN concesse il beneficio del dubbio. L‘accordo per il Ramadan 2022 fu alquanto diretto. I militari thai promisero di non inseguire i membri del BRN mentre il BRN accettava di non fare attacchi nel Ramadan e nel giorno del Visakha Bucha il 15 di maggio.
Un grande atto di fede fu di dichiarare tutte le moschee della regione un santuario in cui i combattenti potevano incontrare le famiglie negli ultimi dieci giorni del Ramadan che finì il primo maggio.
Non si tratta solo di religione
I militanti locali che osservano il conflitto si oppongono a portare la religione nella questione per evitare di complicare le cose dal momento che le cause radicali del conflitto sono di natura politica: il rigetto dei malesi del profondo meridione del progetto di assimilazione thailandese che porterebbe alla distruzione della loro identità etno-religiosa.
Per i musulmani di questa regione storicamente contesa, fa venire il voltastomaco il solo fatto che lo stato a maggioranza buddista usi il Ramadan per i propri guadagni politici
Accade di frequente che si convocano i capi religiosi islamici perché emettano la fatwa per condannare i ribelli in base alla religione, cosa che pone i religiosi musulmani in grandissimo disagio perché li metterebbe in opposizione con i combattenti separatisti.
Inoltre l’insorgenza non ha il sostegno dei musulmani thailandesi che vivono fuori dal profondo meridione thailandese.
E’ la narrazione storica culturale dei malesi di Patani e non la religione che continua a produrre generazioni diverse di combattenti. Mentre la bandiera della lotta è radicata nel nazionalismo malese, le azioni e i termini sono espressi spesso in termini religiosi. Per esempio tutti i combattenti sono seppelliti come martiri, Shahid.
Per i malesi di Patani identità e religione sono le due facce di una stessa medaglia, per cui quando la Thailandia spinse per la propria politica di assimilazione, che richiede ai malesi di negare la propria identità per assumere quella thai, essi la rigettarono violentemente.
Oggi la battaglia delle narrazioni tra i militanti malesi e l’esercito è giunto in tribunale.
Gli attivisti malesi di Patani sentono che dovrebbero poter parlare in pubbliche discussioni di referendum di autodeterminazione, mentre l’esercito insiste che queste discussioni non sono negoziabili.
Secondo Artef, è triste che l’esercito sembra avere il sostegno dei cosiddetti movimenti democratici in Thailandia quando si tratta del nazionalismo thai.
Mentre molti potrebbero sostenere l’idea di uno stato separato malese musulmano, nessuno lo dice apertamente perché implicherebbe una vendetta perniciosa del governo. Finora oltre 40 giovani sono stati accusati dalla polizia, su richiesta dell’Esercito Thai, di istigazione al separatismo perché avevano usato i termini Bangsa Patani, referendum e shahid in relazione alla risoluzione del conflitto e ai combattenti uccisi in scontri a fuoco con le forze di sicurezza.
Nel contesto locale Bangsa può significare comunità, nazione o persino narrazione.
La storia fa ancora male
Mentre il Ramadan ha un significato religioso per i musulmani di tutto il mondo, i malesi di Patani ricordano il massacro di Tak Bai dell’ottobre 2004.
Tuttavia, appena un mese prima della scadenza dei 20 anni di prescrizione, un tribunale di Narathiwat decise di processare 14 uomini legati alla morte dei manifestanti disarmati con l’accusa di omicidio. Ma nessuno è stato mai portato in tribunale e la prescrizione è subentrata.
Per alcuni era l’ultimo tentativo di ottenere giustizia. Per altri, era un’opportunità per una sorta di chiusura con la speranza che il Paese potesse andare avanti come nazione. Ovviamente, ciò non è avvenuto.
Don Pathan, Stratsea