Quando Rodrigo Duterte era ancora candidato presidenziale si descrisse come socialista e di sinistra nella sua campagna elettorale. Da allora questa affermazione non l’ha più fatta, e nonostante la sua nomina di due presunti personaggi della sinistra nel suo governo, non c’è alcuna ombra di pensiero o principio socialista sia nelle sue dichiarazioni che nelle sue politiche attive.
Quello che il paese intero ha avuto si da quando Duterte ha preso la presidenza, oltre alle solite bestemmie, è un’ossessione da mulo per le droghe, droghe e droghe. Come se il commercio di droghe illegali e l’abuso delle droghe fossero il solo problema del paese, e la sola cosa che definisce l’esistenza in queste 7000 isole di 100 milioni di persone.
Da notare è l’assenza di iniziative significative per realizzare la promessa di porre fine alla povertà e alla corruzione. La visita del ministro della salute alla Cuba socialista per osservare come il paese gestisce un sistema sanitario universale, invidia di tanti paesi, è passata senza un impatto visibile sulla riforma del sistema sanitario filippino orientato al profitto, gestito quasi del tutto dai privati, in cui se un individuo vive o muore dipende dalla propria capacità di pagare.
Né si è fatto nulla finora per dare sostanza ad una dichiarazione che il paese deve sviluppare un’industria dell’acciaio controllata dallo stato affinché il paese possa industrializzarsi come i vicini Taiwan, Corea, Giappone e Cina. Nonostante il suo irrefrenabile bisogno di invettiva sulle più piccole questioni, non è uscita una sola sillaba dalle labbra di Duterte sul bisogno di un programma di riforma agraria, libero dalle pastoie dei programmi scorsi, che hanno permesso quello che è stato descritto come il peggior sistema di affitti della terra sul pianeta.
Proprietà e controllo dello stato dei settori più cruciali dell’economia, la cui proprietà privata previene la loro attenzione all’affrontare la povertà e dare adeguati servizi sociali come la salute e l’istruzione, sono al centro di ogni tentativo di socialista di governo.
C’erano grandi speranze agli inizi di Duterte che la riesumazione dei colloqui di pace con NDF, se i colloqui dovevano continuare sulla discussione dei cambiamenti sociali e d economici, date le predisposizioni socialiste dichiarate da Duterte,avrebbero creato accordi sull’adozione di riforme semisocialiste come un sistema sanitario universale a basto costo e la istruzione superiore gratuita.
La dichiarazione di Duterte di perseguire una politica estera indipendente, che NDF sostiene ed è stata identificata con gli stati socialisti ma è la sola politica sensata nel mondo di oggi, era anche pensata per entrare in una nuova era nelle relazioni internazionali del paese.
Queste speranze si sono disperse per l’attenzione alla guerra alla droga e ed ai suoi costi attuali e futuri. Persino la “politica estera indipendente” di Duterte è naufragata sui numeri di quella guerra, la cui approvazione americana, ha implicato, forgerà le relazioni del paese con i vecchi colonizzatori, cosa che è di sicuro un apprezzamento confuso dello stato del mondo di oggi e di quali forze economiche e politiche foggiano le relazioni estere. Come Duterte anche il suo amico di telefono, presidente Trump, disdegna i diritti umani e ha dichiarato di approvare la tortura di nemici sospetti degli Stati Uniti.
Ma il costo più disturbante della guerra di Duterte è stato il numero di persone nelle operazioni di polizia e da presunti vigilanti: oltre 5000 e si continua a contare. Tra questi numeri ci sono gli innocenti come pure piccoli spacciatori e tossicomani che si erano arresi ed e avevano espresso il loro desiderio di riformarsi.
In modo tardivo ha promesso di indagare sugli omicidi extragiudiziali. Ma, piuttosto che ritenere la polizia responsabile, ha dichiarato ripetutamente che proteggerà la polizia dalla accusa penale. La sua ultima dichiarazione giunse ad assicurare i poliziotti, che potrebbero essere accusati di crimini in relazione alla campagna, che lui non permetterà loro di finire in prigione. Si implica che un poliziotto accusato in un tribunale per omicidi extragiudiziali di un presunto tossicomane, può essere sicuro che Duterte impedirà la sua condanna.
Il presidente delle Filippine dice praticamente che interferirà con la procedura dei tribunali usando la sua influenza pr assicurarsi che i colpevoli di omicidi extragiudiziali non siano imprigionati.
Duterte ha anche dichiarato che gli avvocati che difendono gli accusati di crimini di droga devono rispondere per accettare tali casi. Il diritto costituzionale dell’accusato alla difesa e l’obbligo dell’avvocato ad applicare quel diritto, negli occhi del regime, è offesa penale, allo stesso modo che Duterte stesso non solo ha accusato chi difende i diritti umani di proteggere i criminali, ma li ha persino minacciati.
Gli avvocati del regime, e probabilmente Duterte stesso, hanno chiaramente dimenticato, o mai capito, che i diritti umani sono chiamati così perché sono inerenti ad ogni essere umano e inalienabili, e sono stati così riconosciuti nelle società civili sin dall’Illuminismo, che è stato una parte dell’eredità umana universale per almeno tre secoli.
Il socialismo stesso è figlio dell’Illuminismo con la sua enfasi sul diritto umano alla giustizia sociale attraverso il controllo democratico dei mezzi di produzione in una società fondata sulla ragione. La ragione detta anche l’osservazione dei diritti umani che includono il diritto alla vita e la presunzione di innocenza.
Deve essere chiaro che quello di cui siamo testimoni è un regime della irrazionalità, e che il paese vive qualcosa lontano anni luce dal socialismo o dall’illuminismo, nonostante gli sforzi dei gruppi di estrema destra opposti sia a Duterte che alla sinistra di farlo sembrare come se Duterte stia facendo una cosa socialista se non comunista.
Come il diavolo che cita le sacre scritture, persino il più grande conservatore si sa che usa il vocabolario dei riformatori e dei rivoluzionari.
Agli inizi del 900 un politico italiano Benito Mussolini era un membro del Partito socialista Italiano. Ma si oppose alla posizione neutrale del partito sulla I guerra mondiale e fu di conseguenza espulso. Denuncio il PSI e fondò Il partito dei Fasci Nazionali con l’auspicio di prendere al più presto poteri dittatoriali.
Nel nome del progresso nazionale del popolo italiano Mussolini legò il proprio paese dalla parte del Giappone Imperiale e della Germania di Hitler nella seconda guerra mondiale. La resistenza italiana alla fine rovesciò il suo regime e lo passò per le armi, ma non prima della rovina dell’Italia.
In tempi più recenti un politico filippino eletto due volte alla presidenza, affermò la riforma della società con l’intento di stabilire una dittatura. Mentre “salvava la repubblica”, tra gli altri costi il paese aveva peso una generazione intera dei suoi figli migliori nelle prigioni, nelle camere di tortura e con le mitragliatrici, da cui la società deve ancora risollevarsi.
La lezione in entrambi i casi è la stessa: il politico che si traveste da riformista che vede solo i sintomi piuttosto che le radici dei mali sociali si può prontamente trasformare nell’esatto opposto di quello che afferma di essere. Le campane di allarme devono suonare a tutta forza in questo momento di pericolo nazionale.
Luis Teodoro, The regime of unreason