Durante la firma di una dichiarazione di intenti con gli USA lo scorso mese, il primo ministro thailandese Prayuth Chanocha, seduto al fianco del capo del Pentagono Mark Esper, promuoveva l’impegno del vecchio alleato in un “momento di coercizione e intimidazione esterna” in Asia, espressione vista da tutti come un chiaro riferimento alla Cina.
Meno di un’ora dopo, Prayuth che è stato comandante dell’esercito, firmò un accordo di cooperazione della stessa vaghezza con il ministro della difesa cinese Wei Fenghe, mentre prometteva sostegno alle politiche fondamentali di Pechino della BRI per finanziare progetti di investimento infrastrutturale attorno al mondo.
Mentre nessuna delle due dichiarazioni vincolavano la Thailandia a qualcosa di concreto, questo bilanciamento di Prayuth mostra fino a che punto la Cina si è fatta strada in una nazione che ha connessioni militari profonde di decenni con gli USA.
L’ex presidente americano George Bush nel 2003 definì la Thailandia “un grande alleato non NATO” che fu un fondamentale durante il conflitto del Vietnam quando i due paesi furono uniti nel fermare la diffusione del comunismo.
Le relazioni tra USA e Thailandia si inasprirono dopo il golpe del 2014 guidato da Prayuth con le nuove leggi che restrinsero i legami della difesa fino al ritorno della democrazia. La Cina riempì quel vuoto accrescendo le esercitazioni militari e firmando dieci grandi acquisti di armi tra i quali l’acquisto maggiore della difesa di sempre del valore di 1 miliardo di dollari per tre sottomarini e 48 carriarmati, secondo l’IPRI di Stoccolma.
“L’azzeramento nelle relazioni tra USA e Thailandia alla fine significa che la Thailandia si trova al centro di una competizione geostrategica tra USA e Cina nel Sudestasiatico” dice Paul Chambers direttore del Institute of South East Asian Affairs a Chiang Mai, autore nel settore della riforma, della sicurezza e democrazia.
Dopo le elezioni thailandesi di marzo che secondo molti gruppi dei diritti non furono né libere né eque, l’amministrazione del presidente USA Trump si è mossa in fretta per recuperare il terreno perso. Il segretario di stato Mike Pompeo esaltò la Thailandia “che torna tra le braccia della democrazia” nella sua visita a Bangkok ad agosto, mentre il suo ministero spinge la sua strategia di esportazione di armi “Compra americano”.
“Diversamente da quanto si fa a Pechino e Mosca, i nostri grandi accordi commerciali della difesa sono gestiti da un insieme di politiche chiare e trasparenti e con approvazioni che sono pubbliche” dice Jillian Bonnardeaux, portavoce della Ambasciata USA a Bangkok, la quale aggiunge come armi e programma di assistenza dei competitori “raramente sono all’altezza di quanto proclamato e lasciano invece il compratore in debito con sistemi che non sono operativi”.
La Thailandia ad agosto disse che per la fine dell’anno avrebbe ricevuti 70 veicoli corazzati Stryker secondo un programma di Vendite Militari Estere, e che pensa di acquistarne altri 50. Il mese successivo l’esercito thai disse che comprava 8 elicotteri AH-6i di riconoscimento d’attacco leggero per il valore di 138 milioni di dollari.
La competizione tra USA e Cina negli ultimi anni si è estesa anche alle esercitazioni militari, mentre la la Thailandia continua a ospitare le esercitazioni sostenute dagli USA Cobra Gold che sono le più grandi in Asia e che questo anno vedranno la partecipazione di 29 paesi con 4500 militari USA e alcune decine dalla Cina.
Allo stesso tempo la Thailandia partecipa a più esercitazioni combinate con la Cina che con altri paesi del ASEAN, secondo Ian Storey del ISEAS–Yusof Ishak Institute di Singapore.
Quello che cominciò come un’esercitazione di ripulitura di terreni minati e assistenza umanitaria nel 2005 è stato di recente espanso ad esercitazioni aereo-navali, scrisse a maggio.
L’orgia delle spese militari
“Si tratta di creare un bilancio, non si può scegliere da che parte stare, bisogna essere amici di tutti” dice Raksak Rojphimphun, direttore generale di pianificazione del ministero della difesa ai margini di una riunione dei ministri della difesa a Bangkok. “Siamo un piccolo paese e non possiamo scegliere i nostri amici”
Secondo i dati del SIPRI le vendite di armi convenzionali sono salite dai 644 milioni di dollari del 2008 ad oltre un miliardo del 2018, una cifra che complessivamente è nulla quando la si confronta con il valore medio di 9 miliardi anni di esportazione negli ultimi dieci anni. Nel solo 2018 gli USA hanno esportato 10,5 miliardi di dollari in armi ad eserciti stranieri.
Per la Thailandia, dove la spesa annuale della difesa è attorno ai 7.7 miliardi di dollari, La Cina può rappresentare un’alternativa più economica della statunitense per alcune armi.
La Cina che ora rappresenta il quinto paese al mondo come venditore di armi ha venduto principalmente ai vicini e l’Asia rappresenta il 75% delle sue vendite. I principali importatori sono Pakistan, Bangladesh e Birmania.
Il Sudestasiatico è un mercato in crescita per le spese della difesa, dove i paesi hanno più denaro da spendere e sentono un bisogno di reagire rispetto ai propri vicini, dice Siemon Wezeman, ricercatore del SIPRI in programmi di spesa militari e armi.
L’impegno ridotto in Asia degli USA “hanno aiutato a spingere verso la Cina gli altri attori” dice Wezeman. “Gli USA sono solo diventati un partner meno visibile e meno affidabile”
Philip Heijmans Bloomberg