Le autorità indonesiane continuano a sostenere la decisione di riaprire Bali al turismo internazionale nonostante la crescita forte dei casi di COVID-19 perché rafforzerà l’economia nazionale e farà da esempio al paese nel come convivere con la malattia.
La decisione di Giacarta di riaprire Bali ai voli internazionali diretti a partire dal 4 febbraio è stata presa nel mezzo di una terza ondata di infezioni da variante Omicron.
Nell’arcipelago ci sono stati martedì 37492 nuove infezioni, la crescita giornaliera maggiore da agosto, mentre l’occupazione dei posti letto negli ospedali di Giacarta ha raggiunto il 63% dal 45% del mese scorso.
Lunedì il governo a posto Giacarta Metropolitana, Bali, Yogyakarta e Bandung al secondo più alto livello di restrizioni che costringe centri commerciali e ristoranti ad operare al 60% della propria capacità e i luoghi di culto al 50%.
Le autorità hanno comunque ripetutamente fatto capire che non applicheranno altre restrizioni a Giava, Bali e le altre isole perché il paese sarebbe molto più preparato di quanto lo fosse stato l’estate scorsa, quando la variante Delta si diffuse nell’arcipelago mettendo in ginocchio il sistema sanitario.
Sempre lunedì il governo ha ritratto una sua precedente dichiarazione secondo cui ai turisti stranieri non sarebbe permesso di atterrare l’aeroporto di Giacarta Soekarno-Hatta. Ha chiarito che i turisti possono entrare nel paese sia dagli aeroporti di Giacarta o Bali come anche di Batam e Tanjung Pinang nelle isole Riau dove è operativa una bolla di viaggio con Singapore.
“Non abbiate paura, per favore, se vedete salire di molto le infezioni, la cosa più importante è l’ospedalizzazione e il tasso di fatalità è inferiore e resta sotto controllo” ha detto il ministro della sanità Budi Gunadi Sadikin.
Inizialmente l’Indonesia permise a turisti di 19 paesi di visitare Bali a metà ottobre richiedendo ai visitatori di sottostare alla quarantena nella capitale. Comunque da allora gli arrivi sono stati pochi. Tra il 15 ottobre e 28 gennaio solo 273 visti elettronici, e-visa, sono stati emessi per turisti a Bali e le isole Riau.
Lo scorso anno hanno visitato Bali appena 1,6 milioni di turisti quando nel 2019 furono ben 6,2 milioni di visitatori stranieri a recarvisi.
Nia Niscaya del Ministero del Turismo e dell’Economia Creativa descrive l’apertura di Bali come “una specie di progetto pilota”.
“Dobbiamo costruire la fiducia, dobbiamo cominciare a riaprire Bali ai turisti stranieri, oppure non sapremo cosa possiamo raggiungere o cosa c’è da migliorare durante la pandemia per far ripartire il turismo a Bali”.
Nia ha anche risposto alla domanda sulle ragioni che hanno spinto il governo a permettere voli internazionali diretti a Bali nella terza ondata di Omicron:
“Viviamo insieme al Covid-19. Dobbiamo provare mentre si applicano protocolli sanitari severi. Se aspettiamo che sparisca il Covid-19, non sapremo mai quando si potrà riaprire Bali. Questo è il modo per spingere l’economia nazionale, e dobbiamo provare prima per poi fare le valutazioni”.
Nia ha detto che per attirare turisti l’Indonesia commercializza i cinque giorni di quarantena come una “vacanza di riscaldamento” in cui i turisti possono lasciare le loro stanze in uno dei cinque hotel approvati per socializzare dentro i gruppi con cui arrivano o partecipare alle attività in una area bolla dedicata.
Tre degli hotel scelti si trovano nell’area dei grandi hotel di Nusa Dua dove ci sono attività offerte di Yoga, pittura, meditazione e lezioni di cucina. I turisti possono passare la quarantena nelle ville dove sono liberi di fare ciò che vogliono finché non mettono piede fuori del complesso. Il costo varia dai 650 ai 1000 euro per quattro notti.
“Ci sono 66 hotel pronti per il programma da vacanza di riscaldamento, ma solo cinque sono stati approvati finora. Perché un hotel possa essere incluso nel programma devono avere un’area dedicata per la bolla e il loro personale deve vivere nell’hotel per non dover interagire con altra gente che non siano i turisti”.
Rischio elevato di riaprire Bali
Nia ha risposto anche alla domanda se saranno introdotte altre restrizioni nel caso in cui il numero di infezioni continuasse a salire, dicendo che il governo si fida dei rigidi protocolli sanitari e l’alto tasso di vaccinazione sull’isola per prevenire la diffusione del virus.
Bali che ha una popolazione di 4,2 milioni di abitanti vanta un tasso di vaccinazione di oltre il 100% ad indicare anche stranieri non residenti con visti temporanei, il secondo tasso di vaccinazione dopo quello di Giacarta.
Per l’epidemiologo Dicky Budiman della Università australiana di Griffith, comunque, questa apertura di Bali al turismo internazionale è ad alto rischio.
“Bali ha un tasso di vaccinazione davvero buono, ma dobbiamo anche valutare la sua capacità pubblica ad aderire ai protocolli sanitari, oltre che alla capacità delle autorità locali a trovare e tracciare i casi e dei loro mezzi di sorveglianza. Se non ci sono queste cose, questa apertura delle frontiere potrebbe essere rischiosa”.
Lo stesso ministro Luhut Pandjaitan, responsabile della risposta al COVID-19, ha detto che Giacarta, Bali, Yogyakarta e Bandung sono stati posti al secondo livello delle restrizioni “non per il numero dei casi ma per la loro capacità bassa di tracciamento”.
Dicky Budiman prevede che la terza ondata potrebbe raggiungere il picco tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo a Giava e Bali, ma ha detto anche che il sistema sanitario indonesiano è a rischio moderato di essere sopraffatto anche se la variante Omicron ha un basso grado di ospedalizzazione.
“Nella seconda ondata Delta, il 20% dei pazienti fu ospedalizzata ed il 5% posto in terapia intensiva. Per Omicron si prevede che sarà ospedalizzato il 10% dei pazienti mentre il resto è probabile che sarà asintomatico o paucisintomatico” ha detto l’epidemiologo. “Ma il 10% degli indonesiani è un numero grande. Se consideriamo il basso rapporto pazienti medici, anche il 5% della popolazione in ospedale potrebbe far crollare il nostro sistema sanitario”.
Non c’è un momento buono
Ma l’industria turistica di Bali ha salutato la riapertura come un rafforzamento di una economia molto colpita dalla pandemia nei due anni scorsi.
Prima della pandemia il turismo ha contribuito per il 66% all’economia dell’isola dando un milione di posti di lavoro ai residenti.
Lo scorso anno l’economia di Bali si è contratta del 2,47% e del 9,33% nel 2020.
“Il governo non ha paura di fare questa apertura e noi balinesi lo apprezziamo. Le nostre imprese soffrono da due anni per l’assenza di turismo” dice I Putu Winastra, presidente dell’Associazione delle agenzie turistiche di Bali. “La cosa più importante da fare ora è di mantenere i protocolli e tenere la pandemia sotto controllo. Esiste un momento opportuno per riaprire Bali? Non esiste. Possiamo guardare alla Thailandia che ha aperto Phuket quando il tasso di vaccinazione era solo del 60%, ma hanno osato aprirla ai turisti stranieri”
Mentre l’associazione saluta l’iniziativa del governo della vacanza di riscaldamento, Winastra spera che l’obbligo della quarantena sarà rimosso presto per incoraggiare altri turisti a visitare l’isola.
“Il governo ha bisogno di valutare questa politica di quarantena e metterla da parte del tutto. I turisti che vogliono venire a Bali devono essere in primo luogo del tutto vaccinati, e devono avere un test molecolare prima di arrivare qui ed un altro all’arrivo. Se le regole per fare la vacanza sono troppo complicate, sarà impossibile far arrivare più persone a Bali”.
Resty Woro Yuniar SCMP