Richiesta di giustizia può unificare l’opposizione ai militari anche a Patani

Da oltre un decennio la Thailandia è scossa da due grandi battaglie: un conflitto nazionale che oppone un fronte democratico a gruppi di potere vicini ai militari ed una sanguinosa guerriglia separatista nel profondo meridione di etnia malay musulmana, dove oltre 7000 sono morti dal 2004.

L’uso della violenza da parte dell’insorgenza malay con bombe ed omicidi di thai buddisti ha reso elusiva la condivisione di richiesta di giustizia tra l’opposizione ai militari a livello nazionale e quella della regione di minoranza.

Ma qualcosa potrebbe cambiare. Una opposizione unita a livello locale e nazionale sulle questioni nella regione inquieta potrebbe avere implicazioni politiche grosse per il governo di coalizione dell’ex golpista e primo ministro Prayuth Chanocha.

Il profondo Meridione comprende le tre province più meridionali di Pattani, Narathiwat e Yala e quattro distretti della vicina provincia di Songkla, dove i separatisti malay musulmani combattono, ad intermittenza, da decenni contro lo stato thailandese centrato su Bangkok.

Due ultimi eventi hanno posto gli etnici thai all’avanguardia della richiesta di giustizia nella regione a maggioranza malay dove i militari sono largamente accusati delle detenzioni arbitrarie, di violenze contro i sospettati e di scomparse forzate.

Il 3 ottobre in un caso drammatico che ha conquistato i titoli nazionali un giudice thai si è sparato nel petto in un tribunale di Yala in protesta chiara contro i connaturati pregiudizi politici del sistema giudiziario contro presunti insorgenti malay.

Quello stesso giorno il comando regionale dell’esercito ha denunciato per sedizione un gruppo di studiosi e politici di opposizione tra i quali il capo del Future Forward, FFP, Thanatorn Juangroongruangkit, il capo del Puea Thai Sompong Amornwiwa ed il capo del Prachachat Party Wan Muhamad Noor Matha, un Malay conosciuto come “Wan Nor.”.

I militari hanno detto che i suoi critici provavano a creare disordini, in un forum pubblico, nella provincia di Pattani chiedendo emendamenti alla costituzione nazionale. La sedizione prevede pene fino a sette anni di carcere secondo la legge thai.

Una degli accusati è Chalita Banthuwong, docente dell’Università Kasesart di Bangkok, che ha proposto, come possibile percorso di risoluzione del conflitto, di emendare l’articolo 1 secondo cui il regno thai è “indivisibile”.

I nazionalisti conservatori temono che la decentralizzazione, e in particolare la autonomia completa, potrebbe portare alla disintegrazione del paese se non ad uno stato repubblicano, che è un anatema per l’elite monarchica conservatrice.

Nel referendum nazionale sulla costituzione dei militari nell’agosto 2016, i votanti malay musulmani rigettarono in massa la costituzione retrograda che formalizza un ruolo per i militari nella politica compreso un senato nominato e che, con gli articoli 67 e 70, dà priorità al buddismo Theravada, un passo indietro anche per le libertà di culto.

Le richieste di una riforma del governo nella regione a prevalenza musulmana non sono nuove. Persino sotto il governo del golpe di Prayuth, il suo capo negoziatore con i ribelli suggeriva che si dovessero prendere in considerazione una zona amministrativa speciale o misure di decentralizzazione.

Dai monarchici liberali come Prawase Wasi, all’ex comandante dell’esercito e primo ministro Chavalit Yongchaiyudh, che portò Wan Nor e il partito politico Wadah in politica alla fine degli anni 80, tutti gli attori politici hanno suggerito, negli anni, vari modelli di autonomia del Profondo Meridione.

Quando i militari presero il potere nel 2014 sospendendo democrazia e libertà civili, si posero da parte le richieste di riforma del governo regionale della società civile. Molti attivisti calmarono le loro critiche mentre il governo militare reprimeva con durezza il dissenso.

Così quando il giudice di Yala Khanakorn Pianchana si sparò dopo aver assolto i cinque malay musulmani accusati di omicidio, i media sociali scoppiarono di messaggi di sostegno a questo atto prossimo al martirio.

Khanakorn, nella sua dichiarazione scritta, affermò che i giudici superiori gli aveano fatto pressione per dare una sentenza di morte per i sospettati nonostante la mancanza di prove a sostegno della colpevolezza.

La dichiarazione di Khanakorn diceva che le pressioni esterne ed il pregiudizio politico nei tribunali non erano ristretto al profondo meridione ma prevalgono in tutto il paese. La Thailandia come tutti i paesi ha leggi dure sul disprezzo della corte che vietano la critica di giudici e delle sentenze.

Il giudice ha anche criticato le controverse leggi della sicurezza nella regione come il decreto dell’emergenza in vigore dal 2005 che secondo i gruppi dei diritti violano da sempre i fondamentali diritti umani.

Khanakorn ha riconosciuto in effetti le affermazioni secondo cui, dato le informazioni ottenute dai sospettati erano state prese vigente il decreto dell’emergenza, la prova non deve essere ammessa in tribunale. Il giudice registrò il proprio verdetto appassionato concludendo dicendo: “Ridate i verdetti ai giudici. Ridate la giustizia alla gente”.

I sostenitori del governo hanno subito sospettato che Khanakorn, originario della provincia di Chiang Mai dove è forte l’opposizione contro il pugno duro di Prayuth, si sarebbe sparato in combutta con il partito di opposizione Future Forward, che alle recenti elezioni di marzo ha superato le aspettative di giovane partito con una piattaforma contro i militari.

Il segretario del Future Forward Piyabutr Saengkanokkul ha detto di aver ricevuto informazioni dagli imputati che confermano le accuse di Khanakorn delle interferenze esterne nel caso bollente.

Sin da quando l’ex premier Thaksin Shinawatra fu cacciato dal golpe militare del 2006, i suoi sostenitori hanno sempre affermato di essere diventati obiettivo di denunce da parte dei tribunali.

Tra il 2008 ed il 2014 la corte costituzionale thailandese ha sciolto con tre sentenze i governi allineati con Thaksin a testimoniare, secondo i critici, il pregiudizio delle corti a favore del potere.

Quando il sei ottobre le 12 figure dell’opposizione accusati di sedizione fecero una contro denuncia verso i militari a Bangkok, si è presentato un piccolo gruppo di magliette rosse a sostegno.

In un post su Facebook, un simpatizzante delle magliette rosse ha parlato a lungo sulla sensazione condivisa delle rivendicazioni tra magliette rosse e malay musulmani. “Fratelli e sorelle di Patani delle tre province della frontiera siamo tutti dello stesso gruppo” perché vogliamo giustizia.

Le fondamenta della condivisione della richiesta di giustizia a livello regionale e nazionale tra gli alleati di Thaksin e i musulmani malay si approfondì in modo significativo durante l’amministrazione di Yingluck Shinawatra.

L’uomo di punta di Yingluck nella regione di frontiera, Tawee Sodsong, allora segretario dell’unità amministrativa SBPAC ed ora segretario del Prachachat, galvanizzò il sostegno dei malay musulmani quando fece riferimento alla petizione in sette punti del musulmano malayi Haji Sulong che voleva creare una regione autonoma alla fine degli anni 40.

Haji Sulong fu arrestato per sedizione e ucciso forse dalla polizia di Songkla nel 1954 diventando una icona nazionalista per i malay musulmani.

Alla luce del processo di dialogo di pace del Puea Thai e facilitato dalla Malesia nel 2013, gli attivisti della regione di frontiera iniziarono a tenere forum sui vari modelli di governo sia nel profondo meridione che in altre regioni.

Quello che distingue l’attuale periodo di sentimento contro i militari da quello precedente è l’ascesa di Thanathorn ed il suo partito progressista Future Forward.

Mentre il partito Prachacat legato alla regione ha vinto sette dei 14 seggi nelle elezioni di marzo nel profondo meridione, Future Forward emerge come principale rappresentante della antica e sempre rigettata richiesta di giustizia dei malay musulmani.

Pannika Wanich, portavoce del Future Forward ha visitato la regione varie volte e tenuto conferenze dopo la morte del presunto insorgente Abdullah Isamuso, caduto in coma nel campo militare di Inkhayut di Pattani e poi morto in ospedale.

L’attiva portavoce ha attaccato le leggi di sicurezza nella regione con accuse da verificare secondo cui sarebbero morte in custodia militare dopo il golpe del 2014, 54 persone in maggioranza malay musulmane.

Un diplomatico straniero attento alle questioni dei diritti umani sostiene che sarebbero quattro o cinque i malay musulmani morti in carcere dopo il golpe di Prayuth.

Gli sforzi del Future Forward di rappresentare le rivendicazioni di richiesta di giustizia dei malay musulmani potrebbe essere una strategia per accrescere un po’ le simpatie e il sostegno per il gruppo di minoranza da parte dei thailandesi buddisti che tradizionalmente non hanno sfiducia dei malay musulmani.

Mentre Wan Nor ed i suoi alleati Wadah hanno radici profonde nelle province di frontiera sono sempre stati sospettati sia dalla sicurezza che dai thailandesi buddisti di avere legami con il separatismo violento.

Future Forward, nel distogliere l’attenzione dai politici malay musulmani, alcuni dei quali sono legati a Thaksin, potrebbe avere più successo a livello nazionale nel far crescere il sostegno per le questioni della giustizia, incluso un numero sorprendente di gruppi anti Thaksin che un tempo sostenevano il potere. Alcuni sostenitori conosciuti di Thanathorn hanno radici antiThaksin, non solo a Bangkok, dove il partito è andato bene nelle ultime elezioni, ma nel meridione superiore dove è forte l’animosità contro Thaksin.

Questa potente combinazione di Magliette Rosse di Thaksin e di una generazione emergente di gente della città attiva politicamente farà scattare l’allarme tra i gruppi vicino ai militari e alla coalizione di Prayuth.

E se gli oppositori a livello nazionale di Prayuth riescono a fare fronte comune con i malay musulmani sulla questione della richiesta di giustizia e delle rivendicazioni contro gli abusi dei militari, avranno un potente nuovo alleato nel loro sforzo di scuotere le fondamenta dello stato thailandese dominato dai militari

Jason Johnson, Asiatimes.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ottimizzato da Optimole