Il monaco buddista Luang Paw Nan, quarantanni fa, lanciò una campagna nella provincia thailandese di Surin per ridurre la povertà tra i contadini incoraggiandoli a crescere il riso jasmine biologico.
Il riso Jasmine è una varietà fragrante che cresce nel nordest del paese conosciuto come Isan.
Il monaco trovò cento famiglie che invitò ad aderire in modo stretto alla regola buddista e poter contenere le spese. Oggi Surin è famosa per il suo riso Jasmine biologico sia in Thailandia che nel mondo.
La Banca Mondiale, di recente, citò la provincia come un esempio di riduzione forte della povertà per il buon coordinamento di lavoro tra governo, contadini e società civile nell’applicazione della coltivazione biologica del riso
In un suo rapporto recente sulla Thailandia, la Banca Mondiale cerca di identificare le politiche necessarie per ridurre la povertà nel cosiddetto 40% di fondo della popolazione, 14 milioni di thailandesi che vivono con meno di 6.20 dollari al giorno.
Da paese caratterizzato da entrate medio alte, la Thailandia ha un insolito numero vasto di persone impiegato in agricoltura, circa 14.6 milioni di persone, il 40% della forza lavoro. Molti sono poveri, alcuni disperati.
Per eliminare la povertà e salire nello status elusivo di paese ad entrate maggiori, la Thailandia ha bisogno di fare qualcosa per aumentare la sua produttività e profitto nel settore agricolo, oppure far uscire gente dall’agricoltura verso altri settori produttivi.
Il governo uscito dal golpe del 2014 del generale Prayuth, benché abbia fatto della riduzione della povertà una sua priorità, deve ancora fare qualcosa sulla riforma dell’agricoltura. Finora ha seguito le precedenti politiche del passato dando via soldi ahgli agricoltori quando il prezzo dei raccolti del riso, cassava, mais e caucciù crollavano per il crollo dei prezzi internazionali.
Il governo cacciato dal golpe di Yingluck Shinawatra aveva fatto del ricco sussidio al prezzo del riso la sua piattaforma per la riduzione della povertà, pagando ai contadini il 40% in più del prezzo di mercato per i loro raccolti, finché il progetto non esaurì i suoi soldi ed il governo non entrò in conflitto con le proteste di strada.
Il programma di spreco lasciò la Thailandia con 18 milioni di tonnellate di surplus di riso che, sebbene sceso a circa 8 milioni, ha contribuito a mantenere basso i prezzi del riso thai sul mercato mondiale. Lo scorso anno la Thailandia ha esportato 9.5 milioni di tonnellate di riso, un po’ al di sotto delle esportazioni dell’India, leader mondiale. Una nuova legge, ancora sotto scrutinio reale, renderà più difficile applicare queste politiche populiste nel futuro.
La Thailandia per tanto tempo si è vantata di essere il maggiore paese esportatore del sudestasiatico, ed è attualmente tra i primi dieci. Lo status le è servito nel ridurre la povertà tra il 2001 al 2011, quando i prezzi agricoli globali crebbero circa del 70% secondo le statistiche della Banca Mondiale. Di aiuto furono anche le politiche populiste disegnate per accrescere le entrate rurali.
Tra il 2011 ed il 2016 i prezzi globali sono crollati del 27% guidati dal rezzo del petrolio e non mostrano segni di un prossimo ritorno forte. La Banca Mondiale stima che molti thai che sono usciti dalla povertà sono a rischio di ricadere sotto la linea a causa dei prezzi globali testardamente bassi delle merci.
Surin, una delle province più povere della Thailandia, riuscì bene a ridurre la povertà tra il 2000 e il 2010, quando la percentuale di poveri cadde dal 73.8 al 15.7 secondo le cifre del NESDB.
Ma non tutte le province fecero altrettanto bene nello stesso decennio: la vicina Sisaket, con popolazione simile, vide nello stesso periodo una riduzione di povertà modesta dal 62% al 56%.
Come mai questa differenza? La Banca Mondiale citando uno studio accademico sulla riduzione della povertà sulle due province, sostiene che la chiave del successo di Surin potrebbe essere il miglior coordinamento tra governo società civile e contadini nella provincia.
“A Surin furono coinvolti molto di più nei programmi società civile e attori non governativi” ha detto Ulrich Zachau della Banca Mondiale. La produzione di riso biologico era uno di quei programmi.
La Banca Mondiale aveva ragione nell’affermare il ruolo della società civile nel successo del riso Jasmine biologico ma meno per il coinvolgimento del governo. A Surin i contadini ricevono 15 baht per chilo di riso jasmine biologico rispetto contro il prezzo di 9 baht al chilo per quello normale.
Poiché non pagano i concimi chimici, un contadino biologico può guadagnare 80 mila baht per raccolto su un appezzamento medio di 2,4 ettari. Questa cifra, insieme ad un secondo lavoro in un’area urbana come Bangkok, potrebbe essere sufficiente per sopravvivere.
La cooperativa agricola Rice Fund Organic ha 534 famiglie e produce 4200 tonnellate di riso Jasmine biologico all’anno. La cooperativa esporta il suo riso verso mercati ad alto potere di acquisto in Francia, Hong Kong, Singapore, USA.
“L’agricoltura biologica ha ridotto il livello di indebitamento tra i nostri membri” dice Sompoi Chansay che gestisce la cooperativa. “Fa anche bene alla salute, all’ambiente, a tutto. Ma se non trovi loro il mercato non funziona”.
Surin fu fortunata a trovare Luang Paw Nan che promosse l’agricoltura biologica ed una forte rete sociale che raccolse il suo lavoro. Ma la società civile è meno contenta del coinvolgimento del governo che iniziò nel 2000 quando il governatore di allora iniziò a promuovere il riso jasmine biologico e diede delle idee ai contadini su quali fertilizzanti organici usare.
L’esempio di Surin dimostra molto bene che il governo in generale deve stare fuori dal marketing e degli acquisti e fare quello che può fare bene, investire in infrastrutture e ricerca e cambiare le leggi restrittive del commercio.
Green Net, un grande esportatore di prodotti biologici in Thailandia, si tirò fuori da Surin proprio perché il governo fu coinvolto nel commercio. “Non vogliamo aver nulla che fare con l’acquisizione pubblica perché cooperare con loro significava cooperare con la corruzione” ha detto Vitoon Panyakul.
L’agricoltura biologica comunque non porrà fine probabilmente alla povertà per la maggioranza dei contadini dell’Isan perché resta un mercato di nicchia. Il governo potrebbe incoraggiare i contadini a crescere diverse qualità di riso che potrebbero ricavare altri mercati nicchia di esportazione.
“Il governo deve investire di più in ricerca per miglioramento della qualità” dice Nipon Paopongsakorn, esperto del TDRI. “La cosa deve coinvolgere consultazioni con gli attori del settore privato che attualmente vendono il riso”.
“Quando il governo dà le sementi ai contadini loro non pensano all’aspetto commerciale, solo se è resistente alle malattie” dice Vichai Sriprasert, un veterano del settore esportazione del riso thailandese. “Qualcuno ha bisogno di essere cosciente della catena del valore”.
Il quadro demografico più grande è che la Thailandia ha troppi coltivatori di riso per un mercato chiaramente in contrazione. Il consumo procapite della granaglia scende man mano che i thailandesi sono più ricchi e l’esportazione si trova di fronte ad una forte competizione da paesi come Vietnam e India che offrono costi inferiori.
Per competere, la Thailandia avrà bisogno in fin dei conti di andare verso la coltivazione in larga scala del riso almeno nelle piane centrali che accedono all’irrigazione per quanto limitata. Il governo militare di Prayuth ha incoraggiato questo percorso ma discutibilmente senza visione o applicazione, mentre restano in vigore leggi degli affitti e regolamenti che ancora ostacolano l’acquisto di grandi appezzamenti di terra.
Alla fine il governo avrà bisogno di trovare meccanismi che facciano pagare l’acqua e il migliorato sistema di irrigazione per rendere economicamente fattibili la coltivazione di riso in larga scala. Maggiori imprese a sua volta significherebbero un minor numero di contadini e forse migliori profitti.
“La grande strategia dovrebbe essere cacciare i contadini dall’agricoltura e creare opportunità di lavoro nelle aree rurali. Questo significa uscire dalla povertà”.
Peter Janssen, Atime.com