Risposta alla pandemia nel Sudestasiatico: una lezione da apprendere

La risposta alla pandemia del COVID-19 in tutto il Sudestasiatico ed anche nel mondo è varia. Si vedono grandi disparità nelle cifre di casi confermati persino quando analizziamo i casi procapita.

Ci sono enormi differenze nei tassi di letalità dal 1% di Singapore e Brunei al 9% dell’Indonesia.

E’ chiaro che la capacità di fare analisi nella regione non è adeguata e la scala della crisi è molto più vasta dei 30 mila casi confermati al 21 aprile.

Qualche governo è stato fortemente positivo, ha messo in moto dei regimi di analisi robusti, ha fatto il tracciamento dei contatti ed imposto quarantene dure a spese a breve per la loro economia.

Altri governi hanno negato del tutto minimizzando la crisi per paura di ripercussioni economiche negative.

La risposta alla pandemia ottimale non ha nulla a che vedere col tipo di regime. Alcune democrazie, come Taiwan, Corea del Sud e Nuova Zelanda, hanno dato risposte fantastiche, mentre altri come Filippine ed Indonesia, annaspano.

In modo analogo, alcune autocrazie hanno fatto un buon lavoro mentre altre sono state attive nel negare il virus. Il risultato positivo di un governo nell’appiattire la curva è solo il risultato di comando politico e amministrazione governativa competente.

Non si può biasimare un governo per una pandemia, ma lo si deve tenere sotto tiro per la risposta che dà. Ci sono quattro criteri collegati per comprendere le ragioni per cui uno stato ha successo ed un altro invece vive un periodo molto pericoloso, con effetti devastanti sulla economia, fino a che non si produca un vaccino a livello di massa.

La direzione

Sebbene nel breve fosse economicamente disastroso, i governi decisi che hanno applicato controllo sanitario pubblico e misure di tracciamento e che sono stati veloci a chiudere i viaggi nazionali ed internazionali e a chiudere attività non essenziali hanno fatto bene. Lo si vede molto bene in Vietnam e Singapore nella sua prima ondata della pandemia.

Chi ha preso decisioni basandosi su prove mediche e scientifiche, seguendo i loro responsabili sanitari e medici, sono usciti vittoriosi. Chi invece ha preso decisioni legati a calcoli economici e politici di breve termine non è riuscito ad anticipare la situazione, perdendo tempo importante in una pandemia a crescita esponenziale, quando ogni giorno ha la sua importanza.

I governi che hanno usato la pandemia per accrescere il potere, attaccare i media e silenziare la critica hanno avuto cattivi risultati. L’uso dei poteri di emergenza in tali modi serve solo ad accrescere la sfiducia. Se i capi autoritari come Hun Sen o Duterte guardano alla pandemia come un’opportunità politica invece di una crisi sanitaria, le loro priorità saranno severamente mal poste con la conseguente morte di tanti.

Il parlamento cambogiano ha approvato una legge che dà a Hun Sen, già un autocrate, nuovi poteri vasti come la possibilità di intercettazioni elettroniche e la limitazione delle libertà di pensiero o di assemblea.

Per Duterte il nodo dei nuovi poteri coinvolge la possibilità di subentrare nelle imprese di servizi pubblici e privati.

Non è la sola direzione decisa ad essere importante quanto l’orchestrazione efficace dei poteri dello stato sia a livello nazionale con il processo interministeriale o il coordinamento tra governi e province.

Una risposta alla pandemia efficiente richiede un approccio complessivo di governo. I governi che hanno avuto una strategia olistica di trattare con la catena alimentare e la sanità pubblica, che creano un pacchetto di stimolo complessivo e vasto e mitigano il rallentamento economico hanno potuto vincere la fiducia e l’aderenza pubblica. Questo richiede un coordinamento efficace tra i ministeri.

Trasparenza del governo

I governi che comunicano con la propria gente in modo trasparente tendono ad acquisire subito la fiducia del loro popolo. Chi ha ammesso il problema, comunicando i rischi, descrivendo gli sforzi di mitigazione e parlando con una voce sola sono andati molto meglio di governi che hanno molti capi o voci che hanno minimizzato la minaccia, che hanno cambiato pubblicamente le loro strategie, diffuso storie senza senso, cercato capri espiatori e ripetuto teoria cospirative.

Una fiducia maggiore ha condotto a maggiore aderenza sociale quando si è trattato di indossare mascherine, distanza sociale e rinchiudersi nei propri luoghi.

Il premier di Singapore Lee Hsien Loong e il vice premier Vietnamita Vu Duc Dam sono stati dei modelli efficaci di trasparenza e comunicazione.

Il Vietnam è uno stato autoritario totale mentre Singapore è quasi autoritario, regimi che di per sé non sono avvezzi alla trasparenza. Ma entrambi sanno che nelle questioni sanitarie pubbliche sono essenziali trasparenza e comunicazione.

Il Vietnam merita in particolare gli applausi non solo per le loro danze da TikTok e la canzone orecchiabile del lavarsi le mani. Hanno fatto dei grandi passi. Quando nel 2003 arrivò la SARS, il governo vietnamita agì in modo analogo alla Cina negando dapprima il problema, poi insabbiandolo e negando accesso alla sanità internazionale senza comunicare apertamente ed onestamente con la gente. In questa crisi il Vietnam è partito col piede giusto.

L’Indonesia con la sua stampa abbastanza libera è una democrazia, ma il presidente ha minimizzato la minaccia, poi ammise pubblicamente di averla minimizzata mentre parlava di rimedi naturali. Il suo ministro della sanità all’inizio attribuì i primi casi alla mancanza di preghiere. Ci sono svariati messaggi che provengono dal governo e politiche che sono state ripetutamente cambiate.

Il ministero della sanità thailandese ha guardato ai capi espiatori stranieri facendo affermazioni oltraggiose, mentre il premier ogni volta si contraddice chiaramente. Nelle Filippine la gente vuole fatti e non le smargiassate stancanti di Duterte che minaccia di sparare a chi violi la quarantena.

Legittimazione

La fiducia della gente è legata anche alla questione della sua legittimità. Quei governi che avevano bassi livelli di legittimazione che porta a corrispondenti bassi livelli di fiducia pubblica se l’è passata male. La legittimità porta ad una maggiore fiducia pubblica e quindi ad una maggiore aderenza sociale quando si tratta di perdite economiche, distanze sociali e restare in casa.

No dico che una democrazia sia necessaria per confermare la legittimazione. I governi vietnamiti e singaporeano acquistano la loro legittimazione con i risultati non le elezioni.

Il governo malese è giunto al potere a febbraio dopo un golpe politico che ha stabilito un governo pan-malay capovolgendo il risultato elettorale del 2018. Il governo era visto come illegittimo, il governo giunto dalla finestra. La prima azione del primo ministro è stato di bloccare il parlamento di due mesi per impedire un voto di sfiducia. Tuttavia il governo ha permesso alla sua burocrazia competente e ai servizio sanitario di fare il proprio lavoro. Ha seguito i loro consigli ed imposto un ordine di stare a casa molto forte. E’ il primo governo ad appiattire la curva.

La Thailandia tenne le elezioni a marzo 2019, ma il governo lo si può difficilmente definire legittimo, giunto dopo un golpe, una costituzione che indebolisce i grandi partiti, un senato di prescelti, le circoscrizioni manipolate e incriminazione di capi dell’opposizione.

La risposta alla pandemia largamente inconsistente del governo ha fatto poco per migliorare la propria legittimazione.

Il vice premier e ministro della sanità Anutin Charnvirakulhas ha scosso il governo con le sue esternazioni ed attacchi ai professionisti della sanità. E tuttavia poiché controlla un importante partito di governo in una maggioranza parlamentare flebile, non può essere cacciato.

I governi filippino ed indonesiano sono giunti al potere con le elezioni ma la gestione incopetente della pandemia ha indebolito la loro legittimità.

L’Indonesia è stato un fallimento notevole nonostante che il suo presidente abbia vinto le elezioni del 2019 con oltre il 55% del voto popolare. Nella sua seconda presidenza Joko Widodo non ha dovuto apprendere le leve del governo a cui è meglio preparato.

Il presidente ha ammesso di aver nascosto la prima diffusione del virus per paura dell’impatto negativo sull’economia. Incoraggiò in quei giorni il turismo mentre gli altri paesi attivavano le serrate. Non ha applicato le misure di distanziamento sociale se non quando il virus non si è diffuso. Il suo ministro della sanità ha parlato di cure con erbe e altri articoli simili. Ha permesso il viaggio del postRamandan che diffonde ancora di più l’epidemia nell’arcipelago. Le autorità indonesiane usano la legge della diffamazione penale per reprimere la critica pubblica al governo.

Le Filippine ora hanno il terzo numero più alto di casi di infezioni del Sudestasiatico ed il secondo tasso di morti. La risposta alla pandemia di Duterte è stata inconsistente e maldestra. Dopo non aver fatto nulla per settimane, Duterte ha fatto ciò che normalmente fa attaccando critici ed aspettando che i capi cinesi accorressero in suo soccorso. Ha provato ad essere deciso chiudendo Manila solo per abbandonare quella decisione. Come il governo thai, Duterte ha provato ad usare la crisi per zittire i critici e accumulare potere. Stiamo vedendo i limiti della sua testarda ignoranza, delle bordate populiste e delle spacconate.

I tassi alti di povertà nelle Filippine accresceranno la diffusione della pandemia. Con una fascia così grande di popolazione ai limiti della povertà, sono minime le possibilità per vaste fasce della popolazione di stare a casa e di non lavorare.

Nelle Filippine, Cambogia e Thailandia, i governi hanno adottato poteri di emergenza mentre Widodo ci gioca con questa idea in Indonesia.

Il governo vietnamita ha molto meno denaro per permettersi pacchetti economici vasti o persino dare soldi contanti ai cittadini o attività colpiti. Ma la gente l’ha accettato ed è disposta ad accettare i dolori di breve termine perché il governo è definito legittimo e competente.

Questo non si vede molto in Indonesia, Filippine e Thailandia.

Pianificazione e preparazione

La pandemia da COVID-19 non era un evento di bassa probabilità ma di alto impatto. Era un evento tremendamente ovvio ma qualcosa da cui i capi politici hanno voluto distogliere l’attenzione ed ignorare.

Sin dal 2003 nel giro di qualche anno, epidemiologi e virologi mettono in guardia contro una possibile grande epidemia abbastanza letale ed ad alta trasmissibilità che può fare un salto dal mondo animale all’uomo. Qualcosa che si conosce e risaputo.

I governi che erano preparati che avevano un piano di risposta alla pandemia con le lezioni apprese dalle altre pandemie (SARS, H1N1, febbre suina, MERS…) sono andati avanti meglio.

Chi ha accumulato equipaggiamenti di protezione e mantenuto infrastrutture fisiche per fare test di massa veloci e tracciamenti, come anche aver fatto investimenti sufficienti nelle professioni mediche, in ospedali e cliniche a livello locale ha fatto meglio.

Quei governi che hanno tolto risorse al sistema sanitario pubblico hanno avuto cattivi risultati. Sarebbe bene avere uno sguardo all’Indice di sicurezza sanitaria globale come un punto di riferimento di base.

Si deve fare una chiara distinzione tra salute pubblica e settore medico.

Il settore medico vietnamita è davvero abbastanza rudimentale. Eppure hanno una sanità pubblica estremamente buona perché efficace nei costi. La prevenzione costa molto meno della cura. Testare, tracciare i contatti e termometri sono davvero economici se li paragoniamo alla Terapia Intensiva con i ventilatori.

Il Vietnam ha fatto ben oltre 200 mila test, 2,1 ogni mille persone. Fino al 19 aprile l’Indonesia avea condotto solo 50 mila test, 0,15 ogni mille.

Gli investimenti in ospedali sono fondamentali per salvare vite: Malesia e Thailandia hanno tassi di fatalità ben sotto il 2%. Nelle Filippine è oltre il 6% ed in Indonesia è oltre il 9%.

Singapore ha 2,41 medici per 1000 persone, Brunei 1,77 e la Malesia 1,51. Nella regione la media è 1,04. L’Indonesia ha 0,38 medici per 1000 persone. Ed oltre 32 lavoratori della sanità sono già morti in Indonesia.

La Thailandia è andata meglio finora, nonostante i suoi capi politici, perché ha un buon sistema sanitario, ospedali di livello mondiale ed una rete nazionale di ospedali provinciali e di distretti.

L’Indice di sicurezza sanitaria globale chiarisce che la Thailandia ha la migliore infrastruttura per affrontare la crisi nella regione.

Le Filippine hanno affamato il proprio sistema sanitario pubblico. Nonostante abbiano ottime scuole mediche e infermieristiche, moltissimi dei suoi professionisti lavorano all’estero.

L’iniziale risposta alla pandemia da primo mondo di Singapore è stata velocemente minata da una seconda ondata, il risultato di condizioni di vita povere e compatte di 300 mila lavoratori della migrazione che permette a Singapore di avere la sua infrastruttura e stile di vita da primo mondo.

Ci ricorda che i virus non sono vincolati a classe, ricchezza, etnicità o stato sociale. E ricorda ancora di più che la sanità pubblica è determinata dal minimo comune denominatore. Se i più poveri e marginali dentro una società non sono protetti allora non lo è nessuno.

E’ una lezione che tutti i governi devono portare nel cuore.

Zachary Abuza, TheDiplomat

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